home / Archivio / Fascicolo / Affitto e cessione d'azienda nell'ambito del concordato preventivo ...
indietro stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo
Affitto e cessione d'azienda nell'ambito del concordato preventivo ...
M. Maccarrone-A. Pasquale
Articoli Correlati: affitto - concordato preventivo
Sommario:
1. Premessa: Il nuovo art. 163-bis l. fall. e l’impatto della vicenda “San Raffaele” - 2. Rapporto tra art. 163-bis l. fall. e affitto d’azienda - 3. La procedura di vendita di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 163-bis l. fall. - 4. Il piano concordatario apparentemente “chiuso” e altri recenti arresti della giurisprudenza - NOTE
1. Premessa: Il nuovo art. 163-bis l. fall. e l’impatto della vicenda “San Raffaele”
Con l’introduzione – tramite l’art. 2 del d.l. n. 83/2015 – dell’art. 163-bis l. fall., il legislatore pare tener conto dell’esperienza ambrosiana maturata in occasione della nota procedura concordataria riguardante la “Fondazione San Raffaele del Monte Tabor” [1].
In quella sede, l’Autorità Milanese, pur dichiarando aperta la procedura concordataria per cessione di beni, non ha potuto esimersi dal segnalare alcune criticità, tra le quali spicca (almeno per quanto qui interessa) un’impostazione tramite “pacchetto preconfezionato” (si trattava dell’alienazione del “pacchetto azionario” della cessionaria dell’azienda ospedaliera alla cordata IOR-Malacalza).
Segnatamente, il Tribunale aveva individuato (su segnalazione del PM) un potenziale conflitto di interessi tra investitori e Fondazione (i primi risultavano sia membri della Newco nella quale sarebbero stati conferiti gli assets principali, sia membri del CDA della Fondazione) in ragione della struttura del contratto “preliminare di cessione di cosa futura” vincolato nel prezzo e che impediva il ricorso a procedure di evidenza pubblica.
L’impostazione in parola malcelava quindi il rischio di non “massimizzare” gli introiti a beneficio del ceto creditorio.
La disposizione in esame, quindi, prendendo spunto dalle “regole” operative enucleate dal Tribunale di Milano (che ha preteso lo svolgimento di un’ampia pubblicità su scala nazionale) nella menzionata procedura concordataria, ha reso automatico il ricorso alla gara anche quando il concordato preveda già un possibile compratore [2] (tra l’altro, dell’azienda).
Si tratta, dunque, di norma che secondo alcuni sarebbe superflua nei casi in cui il debitore non si sia impegnato in alcun modo a vendere all’offerente, ma si sia limitato a raccogliere offerte provenienti da terzi.
In quest’ipotesi, infatti, non è mai stata posta seriamente in dubbio la possibilità di “aprire” la vendita al mercato, tenuto conto di quanto previsto, in tema di concordati liquidatori, anche prima della riforma, dall’art. 182 l. fall., che prevedeva la necessità, in tale tipologia di procedura, di prestare ossequio alle norme procedimentali previste in sede fallimentare.
Va però avvertito che, secondo altra impostazione, a prescindere dalla vincolatività dell’impegno per il debitore, quest’ultimo, nel formulare la proposta legata a una certa offerta, di fatto impedirebbe l’apertura al mercato.
La problematica era comunque assai sentita nelle ipotesi, come detto, in cui il debitore si era risolto a presentare un piano contenente un’offerta vincolante non solo per il compratore, ma anche per il venditore (debitore concordatario), tramite la stipula, ad esempio, di un contratto preliminare.
Il legislatore, con l’art. 163-bis l. fall. è quindi intervenuto, si ritiene nell’intento di salvaguardare la massimizzazione del risultato a beneficio dei creditori, prevedendo l’apertura al mercato anche quando il debitore abbia stipulato un «contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell’azienda, del ramo d’azienda o di specifici beni».
La scelta consente dunque di concludere che la “gara” s’impone nonostante la ricorrenza di una situazione che, quanto meno in base al regime previgente, avrebbe potuto escluderla (nel paragrafo successivo sarà esaminata l’ipotesi in cui il piano appare comunque essere “chiuso” e le conseguenze di una simile impostazione).
Va sottolineato che la competizione si estende anche ai contratti stumentali o propedeutici alla cessione di beni e, dunque, anche ai contratti preliminari.
Se infatti, prima della recente “miniriforma” dell’estate 2015, l’esistenza di un contratto preliminare avrebbe potuto considerarsi intangibile (salvo a volere considerare l’art. 182 l. fall. alla stregua di norma imperativa); ora il vincolo contrattuale viene temporaneamente meno al fine di consentire la procedura competitiva.
Va da sé che una simile impostazione consente di fronteggiare – laddove non conveniente – i tentativi (invero assai frequenti) dell’imprenditore in stato di crisi di “riottenere” i beni aziendali, tramite varie modalità di interposizione soggettiva.
L’art. 163-bis l. fall. si è fatta carico di un’ulteriore esigenza (evidentemente nell’interesse dei creditori) manifestata sia in dottrina che in giurisprudenza, cioè quella di procedere al trasferimento (in particolare) dell’azienda, prima dell’omologa del concordato preventivo (anche in questo caso, la vicenda relativa al San Raffaele pare aver fatto “scuola”, anche se, in quel caso, il perfezionamento dell’alienazione era avvenuta dopo l’omologazione).
Ciò per scongiurare gli effetti deflagranti dell’interruzione dell’attività aziendale per un eccessivo periodo di tempo (con buona pace della possibilità di conservare l’avviamento) o, comunque, della sua stagnazione (poiché si sarebbe al cospetto di un’ipotesi di c.d. continuità indiretta) nelle more dell’iter concordatario.
Il legislatore, in realtà, altro non ha fatto se non prendere atto di un recente orientamento della giurisprudenza di merito, favorevole alla possibilità di trasferimento dell’azienda in data anteriore all’omologa [3], che si è frapposto ad uno più risalente che manifestava chiaramente ritrosia a un simile operare [4].
La norma in commento prevede poi che la “gara” debba concludersi prima dell’adunanza dei creditori, evidentemente allo scopo di consentire ad essi di avere piena contezza dell’esito prima di esprimere il proprio parere.
Il meccanismo della vendita ante omologa è stato inoltre coordinato con la modifica dell’art. 182 l. fall.; quest’ultima prevede che «alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo» si applichi, tra l’altro, il 4° comma dell’art. 105 l. fall., esonerando ora espressamente l’acquirente dell’azienda dalla responsabilità solidale dei debiti inerenti il compendio ceduto [5].
2. Rapporto tra art. 163-bis l. fall. e affitto d’azienda
Alla luce del “punto focale” del presente lavoro, sembra necessario porre immediatamente l’attenzione sull’ultimo comma dell’art 163-bis l. fall., il quale stabilisce che le regole sulle procedure competitive trovano applicazione, in quanto compatibili, anche in caso di atti di straordinaria amministrazione da autorizzare ai sensi dell’art. 161, comma 7, l. fall., e di affitto di uno o più rami d’azienda.
Evidente, anche in questo caso, è la volontà di contrastare gli “affitti preconfezionati”.
Ciò nondimeno, la norma sembra rappresentare, una volta di più, una presa d’atto della prassi delle cessioni in pendenza del termine per il deposito del piano e della proposta definitivi, tenuto conto del concreto rischio di perdita della continuità aziendale e dell’avviamento.
Non di poco momento appare però la distinzione tra atti straordinaria amministrazione e affitto d’azienda (anch’esso, pacificamente, atto eccedente l’“ordinario”).
In effetti, una prima lettura, potrebbe condurre alla conclusione che, siccome l’art. 161, comma 7, l. fall., riguarda le autorizzazioni concedibili dopo il deposito della domanda di “concordato in bianco” e prima del decreto di ammissione, allora la citazione separata dell’affitto potrebbe essere intesa alla stregua di un’esclusione dalla possibilità di affittare prima che vi sia il decreto di ammissione.
A una simile impostazione, potrebbe però obiettarsi che, seppure – giustamente – non possa essere autorizzato un affitto “al buio”, ciò nondimeno, a fronte di un’adeguata disclosure circa (i) il piano, nonché (ii) con riguardo alle utilità dell’operazione (il tutto supportato da un approfondito business plan, ovvero dalle necessarie garanzie), non si vede per quale ragione non si possa avallare un’operazione vantaggiosa per i creditori.
Vi è da aggiungere però che, trattandosi verosimilmente di procedure di carattere liquidatorio (secondo la tesi prevalente non sono considerabili in continuità i concordati che prevedono, fino alla data dell’omologa, che l’azienda dia condotta da un terzo e non dal debitore) e proprio con riferimento ad essi, pur in assenza del rinvio specifico dell’art. 182 l. fall., potrebbe trovare applicazione quanto sancito in sede fallimentare dall’art. 104-bis.
In tal caso la “gara” potrebbe essere disciplinata con previsione delle diverse clausole principali, ivi compresa la possibilità di concedere un diritto di prelazione (v. art. 104-bis, comma 5, l. fall.).
3. La procedura di vendita di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 163-bis l. fall.
Merita ora spendere qualche parola in ordine alla procedura di vendita descritta dall’art. 163-bis l. fall.
Quest’ultimo prevede ampio ricorso alle forme pubblicitarie (con particolare attenzione per gli strumenti telematici, essendo prevista, in ogni caso, la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche di cui all’art. 490 c.p.c.).
Il Tribunale, nel provvedimento di ammissione del concordato preventivo, nei casi previsti dall’articolo di cui s’è detto dispone l’apertura anche del procedimento competitivo, inserendo clausole relative alle modalità di partecipazione alla gara e alla garanzia di pagamento del prezzo, nonché fissando l’aumento minimo delle offerte competitive.
Qui di seguito uno dei primi esempi di provvedimento del Tribunale di Genova:
«dispone l’apertura di procedimento competitivo per la ricerca di interessati all’acquisto dei beni immobili di proprietà della I. B., siti in […], sulla base dell’offerta di acquisto al prezzo di euro 2.550.000,00, oltre iva di legge se ed in quanto dovuta, formulata da un soggetto terzo già individuato e posta a base del piano di concordato, alle condizioni di seguito esposte.
Le offerte irrevocabili di acquisto dovranno essere presentate in busta chiusa entro le ore 13 del giorno 22/3/2016 presso la Cancelleria della Sezione Fallimentare del Tribunale di Genova: […].
L’offerta dovrà contenere l’indicazione del prezzo offerto ed ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta. […].
L’offerta è inefficace se perviene oltre il termine stabilito e se prevede un aumento del corrispettivo già offerto pari ad euro 2.550.000,00, inferiore ad euro 10.000,00.
L’offerta non può essere condizionata e deve contenere, a pena di inefficacia, la cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo offerto a mezzo di un assegno circolare non trasferibile intestato alla procedura.
[…].
In caso di più offerte migliorative di procederà all’udienza del 23 marzo 2016 ad una gara sulla base dell’offerta più alta con rilanci minimi non inferiori ad euro 10.000,00.
Un avviso contenente gli estremi essenziali di questo decreto dovrà essere inserito almeno trenta giorni prima del termine fissato per la presentazione delle offerte sul sito www.astegiudiziarie.it e dovrà essere pubblicato per almeno una volta sui quotidiani il “SECOLO XIX” e “LA REPUBBLICA”, nonché sul “portale delle vendite pubbliche” ex art. 490, 1° co., c.p.c. se già operativo al momento dell’operazione» (così Trib. Genova, decr. 14 gennaio 2015, inedito).
Al Commissario Giudiziale sono invece affidati i compiti di fornire ogni opportuna informazione agli eventuali interessati e vigilare affinché il debitore provveda all’adempimento delle prescrizioni del Tribunale.
Va da sé che le offerte che dovessero pervenire devono essere confrontabili con quella originaria e, in ogni caso, non devono pregiudicare il buon esito della procedura radicata.
Non si può sottacere, con specifico riferimento alle cessioni d’azienda, che potrebbero essere registrate difficoltà di comparazione.
Un’offerta migliorativa potrebbe contenere, ad esempio, l’impiego di più personale originariamente riconducibile all’impresa in procedura, rispetto a quella “base”. L’intervento della giurisprudenza sarà fondamentale sul punto, non sussistendo una specifica previsione legislativa.
Proprio per questa ragione assumono particolare rilievo i “paletti” posti dal Tribunale.
In questo contesto, laddove, infine, la “gara” abbia condotto a risultati assai migliori rispetto a quelli previsti dal piano, il debitore è tenuto a modificare, di conseguenza, la proposta ai creditori (a pena, si ritiene, della revoca ai sensi dell’art. 173 l. fall.).
Di non poco momento, evidentemente finalizzata a non disincentivare i potenziali “acquirenti iniziali” è la specifica previsione della possibilità per costoro di ottenere il rimborso delle spese sostenute per formulare l’offerta, ma nel limite del 3% del prezzo offerto (per evitare la lievitazione, a carico della procedura, di eventuali spese professionali).
Ultimo, passaggio, in caso di più offerenti, si tiene la gara tra essi al fine di stabilire l’aggiudicatario finale.
4. Il piano concordatario apparentemente “chiuso” e altri recenti arresti della giurisprudenza
Alla luce di quanto esposto nei paragrafi precedenti, appare di particolare interesse l’analisi di due recentissimi provvedimenti dei Tribunali di merito.
4.1. In data 2 luglio 2015 (quindi all’indomani dell’introduzione dell’art. 163-bis l. fall.), la società I. B. aveva depositato ricorso ai sensi dell’art. 161, 6° comma, l. fall., per poi depositare tempestivamente un piano che, tra l’altro, recepiva l’offerta di acquisto (solida e garantita) dell’immobile societario proveniente da un terzo interessato. L’offerta in questione, peraltro, godeva del beneficio della rinuncia da parte della banca ipotecaria di una quota del privilegio (ai sensi dell’art. 177, comma 2, l. fall.), onde consentire di liberare risorse a favore degli altri creditori.
Alla luce della proposta in questione, il Tribunale adito (quello di Genova), aveva richiesto chiarimenti esponendo che «la società ricorrente deve chiarire se l’offerta d’acquisto allegata alla domanda deve intendersi come “bloccata o chiusa” e non suscettibile di essere vagliata nel procedimento ex art. 163-bis LEGGEF. – il che renderebbe la domanda inammissibile perché contraria alle previsioni di legge – e deve chiarire se [la Banca] manterrà ferma la propria proposta di riduzione del credito di natura ipotecaria anche nel caso in cui all’esito del procedimento competitivo e della gara il bene immobile fosse, in ipotesi, aggiudicato a terzi diversi dal soggetto che ha già presentato offerta irrevocabile d’acquisto» (Trib. Genova, decr. 21 dicembre 2015, inedito).
Il provvedimento in esame rivela invero la distanza che spesso avvertono gli operatori del diritto tra le aule di Tribunale ed il difficile rapporto con il ceto bancario.
Difficile sarebbe infatti immaginare una rinuncia alla garanzia ipotecaria da parte di un istituto di credito (nel caso di specie, fondamentale per il buon esito della Procedura) in assenza, a monte, di un’offerta significativa da parte di un soggetto di assoluta affidabilità.
Di là di ciò vi è da aggiungere che, invero, la precisazione richiesta appare superflua, né poteva essere messa in discussione l’ammissibilità del concordato.
Come infatti già evidenziato nel paragrafo (1), l’intento del legislatore è stato quello di sottoporre a gara competitiva qualsiasi tipo di offerta posta a base del concordato.
Anche in ipotesi di concordato apparentemente “chiuso”, il Tribunale dovrà semplicemente premurarsi di evidenziare nel provvedimento di ammissione, ai sensi dell’art. 163-bis l. fall., i criteri per rendere le offerte provenienti da terzi comparabili con quella già formulata.
4.2. Altro provvedimento della giurisprudenza che merita menzione, seppure esprime un principio logico ancor prima che giuridico, ha evidenziato che «il credito relativo alla restituzione della somma corrisposta dal promissario acquirente dell’azienda quale caparra e versata a titolo di spese di procedura ha natura prededucibile, laddove il promissario acquirente non risulti cessionario dell’azienda all’esito dell’espletamento delle procedure competitive ex art. 163-bis l. fall.» [6].
Si tratta invero di pronuncia non innovativa dal momento che constano precedenti che disciplinano, seppure in sede fallimentare, come la caparra debba essere gestita nell’ipotesi in cui l’affittuario dell’azienda fallita non risulti aggiudicatario della stessa.
In ogni caso, si tratta di arresto coerente con la previsione di cui all’art. 163-bis, comma 3, l. fall., in tema di restituzione delle spese sostenute per la formulazione dell’offerta (la “prima”) formulata nella fase iniziale del tentativo di risoluzione della crisi.
NOTE
[1] V. Trib. Milano, 28 ottobre 2011, in ilfallimentarista.it. Nel decreto si legge testualmente che «il quadro conflittuale denunciato dal PM e l’eventualità che suo contesto possa essere anche rimessa in gioco la stessa proposta concordataria presentata dalla Fondazione potrebbe forse acquisire un rango di maggior concretezza se nel corso della procedura emergessero davvero altri soggetti interessati all’acquisto del nuovo San Raffaele, che fossero latori di offerte serie e garantite ed adeguatamente migliorative rispetto a quella degli attuali investitori».
[2] «Quando il piano di concordato di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e), comprende una offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell’omologazione, verso un corrispettivo in denaro o comunque a titolo oneroso dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni, il tribunale dispone la ricerca di interessati all’acquisto disponendo l’apertura di un procedimento competitivo a norma delle disposizioni previste dal secondo comma del presente articolo. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell’azienda, del ramo d’azienda o di specifici beni».
[3] Trib. Padova, 6 marzo 2015, in ilfallimentarista.it; Trib. Padova, 8 gennaio 2015, in ilfallimentarista.it.; Trib. Bergamo, 1° dicembre 2011, in Fallimento, 2012, 3, 335.
[4] Cass. civ., 15 gennaio 1985, n. 64, in Fallimento, 1985, 683.
[5] Cfr. F. MARELLI, Le disposizioni del d.l. 27 giugno 2015, n. 83 per favorire la concorrenza nel concordato preventivo: nuovo art. 163bis e modifiche dell’art. 182 l. fall., in restructuring@ntcm.it, giugno 2015).
[6] Trib. Pisa, 26 novembre 2015, in www.ilcaso.it.