Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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I crediti e gli strumenti di intervento di politica monetaria (di Leonardo Baggiani)


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SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. La visione mainstream - 3. Rischio, tassi, e valutazione del credito - 4. Basilea e politica creditizia - 5. Conclusioni - Bibliografia


1. Introduzione

Esiste un rapporto tra politica monetaria e crediti. In questo contesto, intendo evidenziare l’importanza del tasso di interesse come elemento fondamentale del credito (intendendo anzitutto il credito bancario come primo anello della catena di rapporti di credito che si instaurano nell’economia), e come politiche monetarie di stimolo – come quelle che stiamo vedendo negli ultimi anni – possano in qualche modo arrivare a svilire il valore economico del tasso di interesse con effetti perversi sul raggiungimento degli obiettivi della politica monetaria e quindi sul rapporto tra politica monetaria e credito.


2. La visione mainstream

La visione teorica dell’economia attualmente prevalente sostiene che le Banche Centrali, nei momenti di difficoltà dell’economia come fasi di crisi o recessione, siano chiamate a stimolare l’economia stessa attraverso la loro politica monetaria, incrementando la liquidità del sistema ed abbassando i tassi di interesse. La Banca Centrale ha potere di determinazione di alcuni tassi fondamentali, come il tasso di rifinanziamento al sistema bancario commerciale (tasso Refi, in luogo del vecchio Tasso Ufficiale di Sconto), lasciando che il sistema privato si adatti al nuovo livello correggendo il resto della struttura dei tassi vigente nella direzione imposta dalla politica monetaria. Contemporaneamente, la Banca Centrale opera indirettamente attraverso l’offerta di moneta, ad esempio mettendo a disposizione maggiore liquidità per l’economia e lasciando che sia la pressione di questa liquidità a guidare i tassi di interesse nella direzione voluta (l’incremento della liquidità implica la discesa dei tassi di interesse proprio in quanto implica maggior possibilità di offerta di credito, e come è noto l’incremento dell’offerta fa scendere il prezzo del bene offerto). La catena causale che lega la politica monetaria al credito è abbastanza intuitiva: abbassare i tassi di interesse significa ridurre il costo del credito, ed il credito è una risorsa importante per l’attività di impresa; riducendo il costo del credito, avremo in generale un aumento della redditività netta delle imprese esistenti, nonché il passaggio di altri progetti imprenditoriali da una condizione di anti-economicità ad una aspettativa di redditività positiva; questo implica la possibilità di ampliamento delle esistenti attività e di impianto di nuove; la stessa maggior redditività netta dell’attività economica giustificherà le banche nel soddisfare la maggior domanda di credito. Questa visione dell’economia ha storicamente avuto grande incidenza. Restando ai casi più recenti, nella fase di crisi economica che si estende dal 2008 ad oggi abbiamo assistito a varie forme di stimolo da parte delle Banche Centrali: progressive riduzioni dei tassi di interesse fino a “politiche di tassi zero” (Zero Interest Rate Policy, ZIRP) ed addirittura a tassi [continua ..]


3. Rischio, tassi, e valutazione del credito

Il dubbio che voglio porre è che la relazione tra la politica monetaria e credito non sia così lineare come potrebbe sembrare, che non basti abbassare i tassi di interesse per stimolare la creazione di credito, esistendo alcune condizioni che ad un certo punto “ribaltano” il segno di questa relazione. Questo a­cade perché il mondo non è semplice come disegnato nella teoria più comunemente diffusa. Non è sufficiente che le banche dispongano di banche dati (es. Cerved) e che si lascino guidare dalla politica monetaria delle Banche Cen­trali per determinare la concessione del credito. È necessaria una più ampia serie di valutazioni del credito, informazioni qualitative sulla bontà del progetto che si va a finanziare (tipo di produzione, di investimento, in quali mercati, tipo di impegno dell’imprenditore), così da definire il livello di rischio del credito. Il rischio è un elemento in più della realtà. Il tasso di interesse permette, tra le altre cose, che il prestatore possa accantonare utili a copertura dei default che naturalmente coinvolgono parte dei prestiti concessi. Il rischio di default è connaturato all’esistenza del credito. Le informazioni necessarie per tale valutazione sono essenzialmente informazioni “private” del richiedente il credito, e non è scontato che questi sia disposto a rivelare certi dettagli importanti in modo completo. La letteratura (es. Stiglitz e Weiss, 1981) ha stilizzato questo aspetto della realtà definendo l’esistenza sul mercato di due tipi di richiedenti di credito, che possiamo definire “imprenditori tranquilli” e “imprenditori esuberanti”. I tranquilli richiedono un prestito per progetti su ambiti conosciuti, prodotti non nuovi, riferiti a mercati ben sperimentati e sostanzialmente maturi, da cui ci si deve aspettare quindi un rendimento “normale” o – schematizzando – abbastan­za “basso”. Gli imprenditori esuberanti invece si vogliono lanciare in progetti ben più rischiosi, con prodotti o processi di produzione nuovi, su mercati non conosciuti, appunto con associato un elevato rischio (da intendersi come variabilità dei ritorni che comprenda anche il default o performance deludenti); i progetti degli imprenditori esuberanti hanno però un rendimento atteso [continua ..]


4. Basilea e politica creditizia

La situazione odierna di difficoltà delle banche, fondata sui dubbi relativi alla qualità del credito, è stata in qualche modo fronteggiata dalla normativa sul capitale di vigilanza delle banche stesse. È un modo di “costruire” una repu­tazione di solidità per il sistema determinando alcuni parametri definiti “certi” come misura di protezione contro gli eventi avversi. Molto brevemente, la normativa di Basilea prevede metodi di determinazione del capitale che gli istituti devono detenere in relazione alla qualità del proprio attivo: l’attivo di bilancio viene sezionato, definendo per ogni sezione dei coefficienti che ne esprimano la “rischiosità”; la somma di queste sezioni ponderate è detta “Risk Wei­ghted Asset” (attivo ponderato per il rischio), e su tale valore viene commisurata la capitalizzazione (capitale sociale e altri strumenti di capitale) della banca. Con riferimento a questi coefficienti sottolineo che: i titoli di stato con rating AAA hanno un coefficiente zero (non hanno rischio); i titoli di stato con rating BBB come l’Italia hanno un coefficiente del 50%, ma è previsto in nor­mativa che i titoli dei Paesi membri dell’Unione Europea abbiano comunque peso zero; le piccole-medie imprese hanno un coefficiente di vantaggio del 75%; le imprese con rating BBB o senza rating hanno un coefficiente del 100%; i mutui residenziali hanno un coefficiente del 35%. Quindi, i coefficienti di rischio sono minori per i mutui su immobili residenziali e per l’acquisto dei ti­toli di Stato. Soprattutto in una situazione in cui il concedente credito si trovi in difficoltà nella determinazione dei profili di rischio della clientela, questi coefficienti di rischio – che poi determinano la maggiore o minore necessità di capitalizzazione dell’istituto e quindi l’entità delle risorse impegnate da parte della proprietà – possono diventare determinanti come guida nella concessione del credito. Riprendendo quanto ricavato dalla rilettura del modello di Stiglitz e Weiss, una politica monetaria espansiva può rischiare di impoverire le capacità di pricing del credito, ed in concorso con la normativa di Vigilanza trasformarsi in una sostanziale politica creditizia guidata da criteri amministrativi definiti [continua ..]


5. Conclusioni

Quindi una politica monetaria di stimolo, quando arriva a negare il tasso di interesse attraverso il suo tendenziale azzeramento, nega che questo abbia un valore economico quale elemento fondamentale del credito. Questo può portare a fenomeni di razionamento del credito come conseguenza della maggior difficoltà di valutazione e pricing del credito, rafforzando alcuni aspetti della regolamentazione del settore del credito come guida di politica creditizia. Nei fatti, gli stimoli vertono sui settori con rischiosità più bassa o ritenuta tale, appunto come l’immobiliare residenziale come ed i titoli di Stato o comunque il finanziamento alla Pubblica Amministrazione. Questa evoluzione non è positiva per l’economia soprattutto nel lungo periodo: si sostanzia in una canalizzazione del credito verso settori più “tranquilli” tralasciando settori più “esuberanti”, quanto questi ultimi – benché più rischiosi – sono quelli che consentono l’in­troduzione nel sistema economico di attività nuove, processi e produttivi nuovi, nuove tecnologie, cioè gli elementi che permettono lo sviluppo dell’econo­mia sul più lungo periodo. Concludendo: la linearità del rapporto tra politica monetaria e credito non è scontata e, rileggendo nel corrente contesto economico parte della teoria assieme alle tendenze del mercato, è lecito porsi il dubbio che detto rapporto abbia già cambiato “segno” a causa dello svilito valore economico del tasso di interesse, elemento essenziale del credito stesso.


Bibliografia
Fascicolo 2 - 2016