Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
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Analisi della prima applicazione del d.l. n. 83/2015, convertito con la legge n. 132/2015 (di Luciano M. Quattrocchio-Bianca Maria Omegna)


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SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Le novità della mini-riforma del 2015 - 3. Il limite del cd. “Pacchetto preconfezionato” - 4. La qualificazione del concordato - 5. La posizione della giurisprudenza in tema di concordato con continuità aziendale - 6. Gli effetti applicativi


1. Premessa

La disciplina del concordato preventivo anteriore alla recente “Miniriforma” (d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con la legge 6 agosto 2015, n. 132) favoriva il c.d. “rischio morale” o “azzardo morale” (in inglese “moral ha­zard”), che – secondo la dottrina microeconomica – è una forma di opportunismo post-contrattuale, che può portare una parte a perseguire i propri interessi a spese della controparte, confidando nell’impossibilità – per quest’ul­tima – di verificare la presenza di dolo o negligenza. L’espressione è stata coniata nel settore delle assicurazioni, dove gli assicurati tendono a modificare il loro comportamento riducendo la prudenza necessaria per evitare o minimizzare le perdite, con la conseguenza di rendere – di fatto – più elevati i risarcimenti. Il moral hazard si presenta nella vita di tutti i giorni: se il guidatore di un’auto noleggiata è responsabile per tutti i danni, è probabile che guidi più prudentemente che non quando i danni siano coperti da assicurazione. Evidentemente, il rischio morale influisce sull’efficienza, perché gli extra-benefici ottenuti dagli assicurati sono spesso inferiori ai costi che ne conseguono, questi ultimi sostenuti dalla controparte. L’azzardo morale è presente anche in macroeconomia, laddove gli operatori economici si sentono incentivati a intraprendere comportamenti eccessivamente rischiosi se possono contare su una significativa probabilità che i costi associati a un eventuale esito negativo delle loro azioni ricadano sulla collettività oppure su altri operatori. Ad esempio, una politica legislativa volta a salvare le imprese dal rischio di fallimento potrebbe indurre gli operatori a perseguire progetti eccessivamente rischiosi, nell’ottica di realizzare i benefici in caso di successo e di affidarsi alla benevolenza – spesso inconsapevole – dei creditori, in caso contrario. Il cit. d.l. n. 83/2015 ha – tra l’altro – introdotto una serie di misure in materia concorsuale volte a contenere gli effetti patologici del rischio morale e ad evitarne – in futuro – una recrudescenza. Anzitutto, sono state introdotte alcune norme volte a favorire l’efficienza e la [continua ..]


2. Le novità della mini-riforma del 2015

2.1. Le modifiche alla disciplina del fallimento 2.1.1. I requisiti per la nomina a curatore Anzitutto è stato modificato il comma 3 dell’art. 28 della l. fall., prevedendo l’incompatibilità alla nomina in qualità di curatore di chi ha concorso al dissesto dell’impresa e di chi si trovi in conflitto di interessi. Sono stati, poi, aggiunti due ulteriori commi allo stesso art. 28 l. fall., secondo i quali: • il curatore viene nominato tenuto conto dei rapporti riepilogativi di cui all’art. 33, comma 5, l. fall.; • viene istituito presso il Ministero della Giustizia un registro nazionale, accessibile al pubblico e gestito con modalità informatiche, dove confluiscono – oltre ai provvedimenti di nomina dei curatori fallimentari – anche quelli dei commissari e liquidatori giudiziali. Sul registro devono essere annotate anche le chiusure dei fallimenti, le omologhe dei concordati, nonché l’ammontare dell’attivo e del passivo delle procedure concorsuali chiuse. 2.1.2. Il programma di liquidazione È stato modificato l’art. 104-ter l. fall. – relativo al programma di liquidazione dell’attivo – prevedendo termini procedurali più stringenti. In particolare: • è stata integrata la formulazione del comma 1, prevedendosi che – in ogni caso – il programma di liquidazione deve essere predisposto entro 180 gg. dalla sentenza dichiarativa di fallimento e che il mancato rispetto di quest’ultimo termine, senza giustificato motivo, è giusta causa di revoca del curatore; • è stato stabilito, dal nuovo comma 3, che il programma di liquidazione deve precisare il termine entro il quale sarà ultimata la liquidazione dell’attivo del fallimento e che tale termine non può eccedere i due anni, salvo che il curatore ritenga necessario, motivandone le ragioni, un termine maggiore per liquidare specifici cespiti; • si è previsto che il curatore, oltre che da altri professionisti, può essere autorizzato dal giudice delegato ad essere coadiuvato nella vendita dei beni anche da società specializzate, fatto salvo quanto previsto dall’art. 107, comma 4, l. fall. La salvezza delle previsioni dell’art. 107 l. fall. sembra riferirsi: – al fatto che le vendite e gli altri atti di liquidazione posti [continua ..]


3. Il limite del cd. “Pacchetto preconfezionato”

Come già riferito, la “Miniriforma” ha introdotto il nuovo art. 163-bis l. fall., che disciplina le offerte concorrenti. Per comprendere la portata della norma è opportuno premettere che, normalmente, le proposte di concordato contengono: • un piano concordatario per così dire open e, cioè, senza proposte di acquisto; • un piano concordatario con una proposta irrevocabile di acquisto; • un piano concordatario con un contratto preliminare. Nel primo caso, non si pone la questione del cd. “Pacchetto preconfezionato”, se non – eventualmente – nella “composizione” del “Pacchetto”. Non pare possa esservi dubbio che in tale ipotesi trovi applicazione l’art. 182, comma 5, l. fall., a tenore del quale la vendita deve avvenire secondo le modalità previste dagli artt. 104 ss. l. fall. Infatti, come si è già accennato la norma prevede che «… alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo, si applicano gli articoli da 105 a 108-ter in quanto compatibili. La cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo, sono effettuati su ordine del giudice, salvo diversa disposizione contenuta nel decreto di omologazione per gli atti a questa successivi». Nel secondo caso, cioè nell’ipotesi in cui il piano concordatario contenga una o più proposte irrevocabili, trova invece applicazione l’art. 163-bis l. fall., a tenore del quale «… il tribunale dispone la ricerca di interessati all’acquisto disponendo l’apertura di un procedimento competitivo a norma delle disposizioni previste dal secondo comma del presente articolo. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato del­l’azienda, del ramo d’azienda o di specifici beni». Le modalità della vendita sono disciplinate dal comma 2, in base al quale «Il decreto che dispone l’a­pertura del procedimento competitivo stabilisce le modalità di presentazione di offerte irrevocabili, prevedendo che ne sia [continua ..]


4. La qualificazione del concordato

Come si è detto, la recente “Miniriforma” ha introdotto una barriera all’in­gresso al concordato preventivo cd. “liquidatorio”, prevedendo una percentuale minima di soddisfacimento dei creditori chirografari, in misura pari al 20%. L’immediata conseguenza è stata di “qualificare” qualsiasi concordato in termini di “Concordato con continuità aziendale”, soprattutto attraverso contratti di affitto d’azienda stipulati prima della presentazione della proposta concordataria, e preordinati alla cessione dell’azienda medesima nella fase esecutiva del concordato. Occorre, allora, chiedersi quali siano i confini fra concordato liquidatorio universalistico e concordato con continuità aziendale indiretta. 4.1. Le forme di concordato: concordato liquidatorio, con continuità aziendale e misto Possono individuarsi tre forme di concordato: • il concordato liquidatorio; • il concordato con continuità aziendale; • il concordato misto. 4.2. Le ipotesi di continuità aziendale La continuità aziendale può essere totale o parziale; nel secondo caso si prevede la liquidazione dei beni non funzionali all’esercizio dell’impresa, dando vita ad un’ipotesi di concordato misto. Le ipotesi di continuità aziendale sono due: • la continuità diretta; • la continuità indiretta, la quale – a sua volta – può considerarsi: ? tipica, quando è volta alla tutela dei creditori concorsuali della old legal entity in crisi (o bad company), nonché dei soci e dei creditori della new legal entity in bonis (o good company); ? atipica, quando è volta alla tutela esclusiva dei soci e dei creditori della new legal entity in bonis (o good company). 4.3. Le fattispecie di continuità indiretta Possono individuarsi due fattispecie di continuità indiretta: • l’ipotesi in cui vi sia l’esercizio diretto dell’azienda (rectius: dell’im­presa) da parte della old legal entity in crisi (o bad company), cui faccia seguito la cessione o il conferimento; • il caso in cui vi sia l’esercizio indiretto (temporaneo) dell’azienda (rectius: dell’impresa) – tramite un contratto [continua ..]


5. La posizione della giurisprudenza in tema di concordato con continuità aziendale

La giurisprudenza ha avuto occasione di pronunciarsi più volte sulla distinzione fra concordato liquidatorio e concordato con continuità aziendale, affermando quanto segue: • Trib. Alessandria, 18 gennaio 2016 (in www.ilcaso.it): «Il segno distintivo del concordato con continuità aziendale va individuato nella oggettiva, e non soggettiva, continuazione del complesso produttivo, sia direttamente da parte dell’imprenditore, che indirettamente da parte di un terzo (affittuario, cessionario, conferitario), come del resto evidenziato dalla stessa formulazione della norma di cui all’art. 186-bis, comma 1, l. fall., la quale distingue tra prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore e la cessione dell’a­zienda in esercizio ovvero il conferimento della stessa in esercizio in una o più società, così che la previsione dell’affitto come elemento del piano concordatario, ove sia finalizzato al successivo trasferimento dell’azienda, deve essere ricondotta nell’ambito dell’art. 186-bis l. fall. con conseguente applicazione della relativa specifica disciplina (cfr. Trib. Roma, 24 marzo 2015 e 29 gennaio 2014; Trib. Reggio Emilia, 21 ottobre 14; Trib. Rovereto, 13 ottobre 2014); in altri termini, il presupposto per la continuità è costituito da una “continuità aziendale” di tipo oggettivo più che soggettivo, in quanto ciò che in definitiva rileva è che l’azienda sia in esercizio, non importa se ad opera dello stesso imprenditore o di un terzo, tanto al momento dell’ammissione che all’atto del successivo trasferimento poiché non appare concretamente contestabile che il rischio di impresa continui comunque a gravare, seppure indirettamente, sul debitore in concordato e che l’andamento dell’attività incida quindi sulla fattibilità del piano». • Trib. Alessandria, 18 gennaio 2016 (in www.ilcaso.it): «Al concordato cd. “misto” deve essere applicata un’unica disciplina, corrispondente alla componente “prevalente” in termini economici e funzionali, soluzione, questa, preferibile anche alla luce delle recenti modifiche apportate dal d.l. 83/2015 all’art. 160 l. fall. in tema di percentuale di pagamento dei creditori chirografari da assicurare in caso di [continua ..]


6. Gli effetti applicativi
Fascicolo 2 - 2016