Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Criteri di riferimento, problematiche tecniche e best practice degli incarichi di C.T.U. (di Luciano M. Quattrocchio-Bianca Maria Omegna)


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SOMMARIO:

1. Premessa - 2. L’attività del consulente tecnico d’ufficio - 3. Rassegna di quesiti


1. Premessa

Il senso di responsabilità e di rigore metodologico che devono informare l’operato del consulente tecnico d’ufficio, oltre ad essere presidiati da norme sia civili sia penali, discende dall’importanza che la giurisprudenza ormai consolidata attribuisce al risultato della sua attività. Sotto tale profilo, recentemente il Tribunale di Napoli (sent. 25 giugno 2015, n. 9312) ha affermato che il giudice di merito che si rimetta alla conclusioni del consulente tecnico può limitarsi ad una motivazione semplificata: non deve, cioè, fornire la spiegazione del motivo per cui ha aderito alle tesi del professionista incaricato, a meno che le contestazioni siano successive al deposito della consulenza. Ma la Corte di Cassazione già da tempo (sent. n. 1642/1976) aveva stabilito che il giudice del merito «mentre deve indagare le ragioni per le quali ritenga di non poter condividere le conclusioni del consulente tecnico di ufficio, non è, invece, tenuto ad una specifica e particolareggiata motivazione nel caso in cui a quelle conclusioni aderisca, riconoscendole giustificate dalle indagini svolte dal consulente e dalle spiegazioni contenute nella relativa relazione». In questi casi, infatti, «è sufficiente che egli dimostri, senza la necessità di un’analitica motivazione, di aver proceduto alla valutazione della consulenza tecnica e di averla riscontrata convincente, oltre che immune da difetti o lacune». Più di recente, la stessa Corte di Cassazione (sent. 11 marzo 2002, n. 3492) ha affermato il principio secondo cui «il giudice di merito che riconosce convincenti le conclusioni del consulente tecnico non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni che lo inducono a fare propri gli argomenti dell’ausiliare se dalla indicazione della consulenza tecnica possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti siano state rigettate, dato che in tal caso l’obbligo della motivazione è assolto con l’indicazione della fonte dell’apprezzamento e­spresso»; con la conseguenza che «soltanto nel caso in cui i rilievi all’operato del consulente tecnico avanzati dopo il deposito della relazione (e che, quindi, non hanno ricevuto risposta nella stessa) si presentino specifici, puntuali e suffragati da elementi di prova, il giudice, che ritiene di uniformarsi al parere del consulente tecnico, non [continua ..]


2. L’attività del consulente tecnico d’ufficio

2.1. Considerazioni preliminari Le modalità di svolgimento dell’incarico da parte del consulente tecnico d’ufficio sono disciplinate dagli artt. 61, 62, 194, 195 e 197 c.p.c. (modificati dalla legge 18 giugno 2009, n. 69). Dalla lettura di tali norme, si evince chiaramente che il legislatore ha inteso assicurare il pieno rispetto del principio del contraddittorio, mediante: • la possibilità data alle parti di partecipare alle operazioni e di nominare propri consulenti tecnici; • l’obbligo del consulente tecnico d’ufficio di dare avviso dell’inizio delle operazioni peritali; • la facoltà riconosciuta alle parti e ai loro consulenti tecnici di presenziare alle operazioni, fare richieste, domande e osservazioni al consulente tecnico d’ufficio, di cui questi dovrà tenere conto; • la possibilità, per i consulenti tecnici di parte, di redigere consulenze di parte ed allegarle agli atti quali scritti difensivi; • la necessità che il giudicante, nell’assumere e motivare la decisione, prenda in considerazione le contestazioni e le osservazioni mosse dai consulenti tecnici di parte al consulente tecnico d’ufficio; • la possibilità che i consulenti tecnici di parte siano presenti qualora il giudice – anche collegiale – ritenga di sentire a chiarimenti il consulente tecnico d’ufficio in camera di consiglio. 2.2. L’inizio delle operazioni di consulenza tecnica L’art. 194, comma 2, c.p.c., attribuisce il diritto delle parti di presenziare – anche di persona, oltre che a mezzo dei difensori e consulenti tecnici di fiducia – alle operazioni del consulente tecnico, con la conseguenza che le parti medesime devono essere necessariamente avvisate dell’inizio delle operazioni peritali, così come stabilito dalle disposizioni di cui agli artt. 90, comma 1 e 91, comma 2, disp. att. c.p.c. Invero, nella prassi, l’inizio delle operazioni peritali viene normalmente fissato nel corso dell’udienza di comparizione del consulente tecnico d’ufficio (e quindi nel contraddittorio delle parti). Tuttavia, se il consulente tecnico d’ufficio decide di rinviare le operazioni a data da destinare e successivamente le riprenda, ha l’obbligo di avvertire nuovamente le parti. L’inosservanza di tale obbligo può dar luogo a [continua ..]


3. Rassegna di quesiti
Fascicolo 2 - 2016