Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Gli strumenti di tutela del patrimonio e la loro rilevanza penale nell'ambito delle procedure concorsuali (di Paola Rava)


Occorre affrontare alcuni profili assai delicati, attinenti al possibile rilievo penale di atti negoziali di disposizione che un singolo ponga in essere su beni di sua proprietà o di cui abbia la disponibilità in base ad un qualche titolo giuridico. Sul tema è necessario trovare un soddisfacente equilibrio fra una pluralità di interessi contrapposti. In particolare, da un lato, è indiscutibile che il singolo possa disporre dei beni di sua proprietà come meglio crede ed anzi tale sua facoltà gode di una significativa tutela da parte dell’ordinamento italiano: la proprietà privata, oltre ad essere protetta da molteplici disposizioni del codice penale (si pensi, senza alcuna pretesa di completezza, al libro XIII del Libro secondo del codice penale), è prima ancora riconosciuta e garantita dalla nostra Carta fondamentale, all’art. 42; ciò nonostante, è d’altro canto parimenti evidente come l’ordinamento si premuri di sottolineare come il godimento del diritto di proprietà possa essere limitato e regolamentato sotto molteplici aspetti, non solo in considerazione della riconosciuta funzione sociale di tale istituto – art. 42, comma 2, Cost. –, ma vincolando altresì l’esercizio delle facoltà del proprietario anche in ragione del perseguimento di interessi di terzi – si pensi, ad esempio, alla posizione dei creditori e dell’erario –, giungendo fino a sanzionare penalmente l’inosservanza di tali disposizioni ed il conseguente irresponsabile esercizio del diritto in parola. Emblematica in questo senso è la disciplina in tema di reati di bancarotta. L’esame delle singole disposizioni presenti nell’ordinamento penale – disciplina in tema di bancarotta, di reati tributari (art. 11 del d.lgs. n. 74/2000) ed anche la previsione di cui all’art. 388 c.p. – che sanzionano irresponsabili condotte di utilizzo dei beni mobili o immobili da parte del rispettivo proprietario dimostra infatti come lo strumento sanzionatorio penale sia sempre destinato ad intervenire solo quando si verifichino determinati presupposti, che limitano il potere che il proprietario vanta sul bene e richiedono la prova da parte dello stesso di comportamenti di gestione dei suoi beni funzionali al raggiungimento di interessi ulteriori e spesso radicalmente divergenti dal godimento e sfruttamento dei beni stessi. Tale ricostruzione dei rapporti fra riconoscimento e tutela (anche costituzionale) del diritto di proprietà e sanzione penale di determinate forme di utilizzo dei beni da parte del titolare è evidentemente aderente in primo luogo al reato di bancarotta fraudolenta, ma anche alla fattispecie incriminatrice del­l’art. 11 del d.lgs. n. 274; in tali ipotesi, infatti, fermo restando il diritto del singolo a gestire i propri beni come meglio ritiene, il legislatore [continua..]

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