Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La valutazione dell'eventuale usurarietà delle operazioni finanziarie complesse: T.I.R. e T.I.R.M. a confronto (di Luciano M. Quattrocchio Valentina Bellando Roberta Monchiero)


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SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Una passeggiata tra tassi, coefficienti e indici - 3. Segue. La nozione di sinallagma finanziario. Definizione di 'operazione finanziaria' - 4. Conclusioni - Note


1. Premessa

L’art. 644 c.p., come sostituito dall’art. 1 della legge 7 marzo 1996, n. 108, stabilisce che «Chiunque … si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000». Il successivo comma 2 prevede che: «alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario». Il comma 3 del citato art. 644 c.p. dispone che: «la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria». L’art. 2 della legge n. 108/1996 attribuisce al Ministero del Tesoro (ora Ministero dell’Economia e delle Finanze) il compito di rilevare trimestralmente, sentiti la Banca d’Italia e l’ormai soppresso Ufficio Italiano Cambi, il tasso effettivo globale medio degli interessi applicati dalle banche e dagli intermediari, stabilendo che i valori medi così rilevati siano pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. I tassi medi così rilevati e pubblicati, opportunamente maggiorati, costituiscono, ai sensi dell’ultimo comma del citato art. 2, il limite oltre il quale i tassi applicati si considerano sempre usurari, ai sensi del comma 3 dell’art. 644 c.p. Nelle operazioni finanziarie (rapporti di conto corrente, mutui, leasing, finanziamenti contro cessioni del quinto, ecc.) occorre, quindi, verificare l’e­ventuale superamento del limite usurario mediante il raffronto tra il tasso effettivamente applicato e le soglie stabilite con periodicità trimestrale dal Ministero del Tesoro. Affinché non si configuri l’ipotesi di usura, il costo del denaro deve essere contenuto entro il limite del [continua ..]


2. Una passeggiata tra tassi, coefficienti e indici

2.1. La nozione di interesse e di tasso di interesse L’interesse è un valore assoluto e costituisce il “costo finanziario” del capitale; esso è calcolato in funzione del capitale, del tasso di interesse e del periodo di maturazione. Il tasso di interesse è una misura relativa e corrisponde all’incidenza del­l’interesse – “costo finanziario” del capitale – sul capitale medesimo, esso viene normalmente espresso in misura percentuale. La matematica finanziaria fornisce varie nozioni di tasso di interesse – quali, tra le altre, il “Tasso Annuo”, il “Tasso Periodico”, il “Tasso Effettivo”, il “Tasso Nominale”, il “Tasso Reale”, ecc. – con significati profondamente diversi. Il “Tasso Annuo” è il tasso di interesse rapportato all’anno; esso può essere capitalizzato n volte l’anno, con n che può assumere valori da zero a +∞ (tendente ad infinito) [2]. La capitalizzazione degli interessi n volte all’anno determina la “trasformazione” in capitale degli interessi maturati alla fine di ciascun periodo (ad esempio, il trimestre); con la conseguenza che, nel periodo successivo, gli interessi maturati nel periodo precedente – e oggetto di capitalizzazione – perdono la loro natura di interessi e assumono quella di capitale. Nei rapporti di conto corrente bancario, la capitalizzazione degli interessi avviene trimestralmente (n = 4) [3]. Il “Tasso Periodale” è il tasso di interesse rapportato a un periodo infrannuale; esso è pari al “Tasso Annuale” diviso per il numero di periodi. Nei rapporti di conto corrente bancario, il “Tasso Periodale” è un “Tasso Trimestrale”; pertanto, esso è pari a: Tasso Annuale / 4. E così, se – ad esempio – il “Tasso Annuale” è pari al 10%, il “Tasso Periodale” è pari al 2,5% = 10% / 4. Il “Tasso Effettivo” è il tasso di interesse annuo, equivalente al “Tasso Periodale” di periodo n, capitalizzato n volte all’anno. Il Tasso Effettivo è normalmente maggiore del Tasso Annuo, giacché risente dell’effetto di capitalizzazione degli interessi; il Tasso Effettivo coincide [continua ..]


3. Segue. La nozione di sinallagma finanziario. Definizione di 'operazione finanziaria'

3.1. Premessa Un’operazione finanziaria consiste nello scambio di somme scadenti in epoche diverse, certe nella loro manifestazione e fisse o variabili (in funzione di parametri di natura finanziaria) nel loro importo. Nelle operazioni finanziarie deve essere verificato il rispetto della condizione di “equivalenza finanziaria”; cioè, di indifferenza (finanziaria) fra le somme – come si è detto certe nella loro manifestazione – scadenti in epoca diversa. Come illustrato nei punti precedenti, l’indifferenza è valutata sulla base di un procedimento finanziario indicato con l’espressione “capitalizzazione” – attraverso il quale si trasferisce una somma in avanti nel tempo – ovvero “attualizzazione” – mediante il quale si trasferisce una somma in indietro nel tempo –; a tale fine si utilizza un tasso di interesse detto, a seconda della “direzione”, “tasso di capitalizzazione” o “tasso di attualizzazione”. L’operazione finanziaria più semplice è costituita dallo scambio di una somma scadente in una certa epoca, con un’altra somma scadente in epoca diversa.   In tale caso, il rispetto della condizione di equivalenza finanziaria presuppone l’esistenza di un tasso di interesse sottostante, di capitalizzazione o di attualizzazione – detto tasso interno di rendimento – che rende indifferente le due somme scadenti in epoche diverse. Ovviamente, in tale caso, il tasso di in­teresse – pur costituendo il “costo finanziario” dell’operazione – viene calcolato attraverso un procedimento complesso. Un’operazione finanziaria più articolata – che, per semplicità, indichiamo con l’espressione “operazione finanziaria complessa” – è quella costituita dallo scambio di una somma scadente in una certa epoca con una serie di somme scadenti in epoche diverse, che si realizza – ad esempio – nel caso di finanziamento con rimborso rateale, ovvero nell’ipotesi di costituzione di un capitale. Il finanziamento con rimborso rateale può essere come di seguito rappresentato: La costituzione immediata di un capitale, a fronte di una rendita periodica limitata nel tempo, può avere la seguente rappresentazione: Il concetto di equivalenza finanziaria, nelle [continua ..]


4. Conclusioni

Le considerazioni sopra svolte conducono a ritenere che, nelle operazioni finanziarie complesse, il limite intrinseco nel T.I.R. sia superabile attraverso l’utilizzo del T.I.R.M., il quale consente – come si ha avuto modo di constatare – la determinazione dell’effettiva misura dell’onerosità del finanziamento per l’utilizzatore e della rimuneratività dell’investimento per il finanziatore. Infatti, il T.I.R.M. tiene conto dell’investimento dei canoni (o delle rate) ai tassi effettivi, e cioè ai tassi forward che si ricavano implicitamente dai tassi spot. Si deve, quindi, ritenere che la misura congiunta del “corrispettivo” e delle altre “utilità” fornita soltanto dal T.I.R.M. costituisca una corretta espressione dell’onerosità – o della rimuneratività – del finanziamento, ma soltanto ai fini della valutazione della convenienza dell’operazione del finanziamento (o del­l’investimento) per l’utilizzatore (o per il finanziatore); per contro, la misura corretta da assumere a riferimento per la valutazione dell’eventuale usurarietà dell’operazione finanziaria complessa non può che essere il T.I.R., che – come si è detto – costituisce una “media funzionale” (sul piano cronologico) degli interessi e delle altre componenti di costo. E la conferma che la misura corretta da prendere in considerazione per la verifica dell’usurarietà è il T.I.R. – e non, invece, le singole “dazioni” dell’o­perazione finanziaria complessa – è stata data dalla Suprema Corte [6], la quale ha affermato che la verifica dell’usurarietà del saggio di interessi richiede un’indagine complessa: occorre, anzitutto, accertare il valore totale delle som­me riscosse dal mutuante; poi, sottraendo da tale importo la sorte capitale (ossia il denaro dato in prestito), si ricava il profitto; quest’ultimo deve essere, infine, rapportato all’intera durata del prestito, in modo da accertare in via deduttiva l’incidenza percentuale del profitto stesso nel corso del tempo, cioè il saggio di interessi in concreto riscosso.


Note