Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La prescrizione in ambito civile e penale, nella ripetizione dell'indebito e nell'usura (di Luciano M. Quattrocchio Bianca M. Omegna Valentina Bellando)


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La prescrizione nelle cause di ripetizione dell'indebito in ambito bancario - 3. La prescrizione nei procedimenti penali per usura - 4. La 'sovrapposizione' fra prescrizione civile e prescrizione penale - Note


1. Premessa

Il presente saggio si propone di verificare come si atteggi la prescrizione nelle cause civili di ripetizione dell’indebito e nei procedimenti penali per usura, al fine di appurare se vi siano aree di intersezione (o, come si vedrà, di sovrapposizione), attraverso un approccio – per così dire – quantistico. Per comprendere la natura dell’approccio seguito, pare opportuno prendere le mosse dal noto “Paradosso del gatto di Schrödinger”, esperimento mentale ideato nel 1935 da Erwin Schrödinger, che si basa sul principio di sovrapposizione, uno dei cardini della meccanica quantistica. In relazione al tema, così ebbe a scrivere Erwin Schrödinger: «Si rinchiuda un gatto in una scatola d’acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche – in modo parimenti probabile – nessuno; se l’evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione Ψ dell’intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con uguale peso». L’apparente paradosso nasce dal fatto che in meccanica quantistica non è possibile descrivere classicamente gli oggetti e si ricorre ad una rappresentazione probabilistica: per mostrare il fatto che una particella può collocarsi in diverse posizioni, ad esempio, la si descrive come se essa fosse contemporaneamente in tutte le posizioni che può assumere. Ad ogni posizione possibile corrisponde la probabilità che osservando la particella essa si trovi proprio in quella posizione. L’operazione di osservazione, tuttavia, modifica irrimediabilmente il sistema poiché una volta osservata in una posizione la particella assume definitivamente quella posizione (cioè ha [continua ..]


2. La prescrizione nelle cause di ripetizione dell'indebito in ambito bancario

2.1. Il dato normativo Come è noto, l’art. 2934, comma 1, c.c. (“Estinzione dei diritti”) stabilisce che «Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge». E, a norma del successivo art. 2935 c.c. (“Decorrenza della prescrizione”), «La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere». Inoltre, l’art. 2943 c.c. (“Interruzione da parte del titolare”), prevede che: «La prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo. È pure interrotta dalla domanda proposta nel corso di un giudizio. (…) La prescrizione è inoltre interrotta da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore e dall’atto notificato con il quale una parte, in presenza di compromesso o clausola compromissoria, dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri». Nelle azioni di ripetizione di indebito, si applica l’art. 2946 c.c. (“Prescrizione ordinaria”), secondo cui «Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni». 2.2. I rapporti di conto corrente bancario 2.2.1. La posizione della giurisprudenza L’operatività della prescrizione nei rapporti di conto corrente bancario è stata chiarita dalla nota sentenza della Suprema Corte [1], la quale ha precisato che qualora «durante lo svolgimento del rapporto il correntista abbia effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Questo accadrà qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo (o, come in simili situazioni si preferisce dire “scoperto”) cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento. Non è [continua ..]


3. La prescrizione nei procedimenti penali per usura

3.1. Il dato normativo In ambito penale, l’art. 157, commi 1 e 2, c.p. (“Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere”), stabilisce che: «La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria. Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante». Il successivo art. 158 c.p. (“Decorrenza del termine della prescrizione”), prevede che: «Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole; per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la permanenza. Quando la legge fa dipendere la punibilità del reato dal verificarsi di una condizione, il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata. Nondimeno nei reati punibili a querela, istanza o richiesta, il termine della prescrizione decorre dal giorno del commesso reato». Ed ancora, l’art. 159, commi 1 e 3, c.p. (“Sospensione del corso della prescrizione”) stabilisce che: «Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge, oltre che nei casi di: 1) autorizzazione a procedere; 2) deferimento della questione ad altro giudizio; 3) sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore. In caso di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, l’udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento, [continua ..]


4. La 'sovrapposizione' fra prescrizione civile e prescrizione penale

L’art. 2947 c.c. (“Prescrizione del diritto al risarcimento del danno”) prevede quanto segue: «Il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato. Per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie il diritto si prescrive in due anni. In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile. Tuttavia, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati dai primi due commi, con decorrenza dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile». Al proposito, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite [12] ha affermato che «Nel caso in cui l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche se per mancata presentazione della querela, l’eventuale, più lunga prescrizione prevista per il reato, si applica anche all’azione di risarcimento, a condizione che il giudice civile accerti, incidenter tantum, e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto-reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, e la prescrizione stessa decorre dalla data del fatto, atteso che la chiara lettera dell’art. 2947, c. 3, c.c., a tenore della quale “se il fatto è considerato dalla legge come reato”, non consente la differente interpretazione, secondo cui tale maggiore termine sia da porre in relazione con la procedibilità del reato» [13]. A prima vista, sembrerebbe – quindi – esservi un’“espansione” del termine di prescrizione civile (per effetto della menzionata sovrapposizione di sistema), che patisce tuttavia di due limiti fondamentali: deve ricorrere l’ipotesi – anche non ancora accertata giudizialmente – di usura; l’espansione vale soltanto ai fini del risarcimento del danno. In primo luogo, quindi, rimangono fuori tutte le ipotesi di illecito civile, che possono legittimare [continua ..]


Note