Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Gli strumenti di allerta previsti dal Codice della crisi: un cantiere ancora aperto (di Giulia Garesio, Dottoranda di Ricerca in Diritto Commerciale presso l’Università di Torino)


Gli strumenti di allerta costituiscono una delle più rilevanti innovazioni introdotte dal Codice della crisi e dell’insolvenza, la cui disciplina è – allo stato – ancora un cantiere aperto, vuoi per le modifiche che potrebbero essere apportate dal decreto correttivo, vuoi per le variazioni che potrebbero conseguire al recepimento, nel nostro ordinamento, della direttiva insolvency, cui si aggiungono gli effetti derivanti dalla pandemia da Covid-19, primo tra tutti il rinvio della loro applicazione.

Crisis code early warning tools: still a work in progress

Early warning tools are one of the most significant innovations introduced by Crisis code. Nonetheless, their discipline is still a work in progress, due to corrective decree possible changes and to insolvency directive transposition, but also to the effects of Covid-19 pandemic, which has already postponed their application.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Gli strumenti di allerta previsti dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 - 2.1. Segue. Gli indicatori della crisi previsti dall’attuale art. 13, d.lgs. n. 14/2019 - 3. Le modifiche proposte nello schema di decreto correttivo ed il suo iter - 4. Le sollecitazioni comunitarie: la direttiva insolvency - 5. Gli effetti della pandemia sull’entrata in vigore degli strumenti di allerta - 6. Osservazioni conclusive: gli strumenti di allerta, un cantiere (ri)aperto dall’emergenza pandemica? - NOTE


1. Premessa

Come è stato osservato, «i sistemi e le procedure di allerta rappresentano la principale sfida, innanzi tutto culturale, del Codice della crisi» [1], la cui entrata in vigore è stata differita al 1° settembre 2021, ad opera dell’art. 5 del d.l. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40 [2]. Prescindendo dal differimento temporale, le norme dedicate agli strumenti di allerta nel d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, sono tutt’altro che definitivamente cristallizzate nella formulazione attualmente contenuta negli artt. 12 e ss. del Codice della crisi, vuoi per la possibilità di essere integrate o corrette, prevista dalla legge delega dell’8 marzo 2019, n. 20, vuoi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/1023 del 20 giugno 2019 (c.d. direttiva insolvency). Ragion per cui, nei paragrafi che seguono, premessi brevi cenni sui tratti salienti degli early warning tools individuati dal legislatore nel d.lgs. n. 14/2019 (par. 2), si darà conto delle modifiche che potrebbero essere introdotte ad opera del decreto correttivo, verificando, al par. 3, se esse siano destinate ad incidere (più o meno) significativamente sull’attuale tenore letterale del Codice della crisi, per poi soffermarsi, al par. 4, sulle indicazioni della recente direttiva comunitaria e sul possibile impatto scaturente dal suo recepimento nel nostro ordinamento. Trattasi, in entrambi i casi, di elementi che rendono la disciplina degli stru­menti di allerta un cantiere ancora aperto nelle mani del legislatore, sul quale occorre domandarsi, infine, se ed in che misura possano dispiegarsi eventuali effetti derivanti dall’emergenza pandemica da Covid-19 (oggetto del par. 5), tentando poi, in chiusura, di tirare le fila sulle incertezze che potrebbero trovare una qualche composizione “sfruttando”, da un lato, lo slittamento del­l’en­trata in vigore delle previsioni del Codice della crisi, e, dall’altro lato, le possibilità offerte dai summenzionati interventi normativi di prossima adozione (par. 6).


2. Gli strumenti di allerta previsti dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14

L’art. 12 del d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, apre il Capo I (dedicato agli «Strumenti di allerta») del Titolo II (il quale disciplina le «Procedure di allerta e di composizione assistita della crisi») della Parte Prima del decreto (recante il «Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza»), stabilendone «Nozione, effetti e ambito di applicazione» [3]. Come dispone il comma 1, gli strumenti di allerta sono costituiti dagli obblighi di segnalazione previsti dai successivi artt. 14 e 15 [4], volti a rilevare tempestivamente gli «indizi di crisi dell’impresa» e, di conseguenza, ad adottare con sollecitudine le «misure più idonee alla sua composizione» [5]. Prendendo le mosse dagli obblighi di segnalazione di cui all’art. 14, si rileva che essi gravano su «gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione» [6], tenuti, «ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni» [7], a svolgere due specifiche attività, l’una di verifica e l’altra di segnalazione, il cui oggetto è parzialmente divergente. La prima – che si configura alla stregua di un controllo “di secondo livello” [8] ‒ verte sull’accertamento della valutazione costante, da parte dell’organo amministrativo, i) dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo [9], ii) della sussistenza dell’equilibrio economico-finanziario, nonché, iii) del prevedibile andamento della gestione, ricalcando così in qualche misura il dettato dell’art. 2428 c.c. sul contenuto della relazione sulla gestione. Sicché non è del tutto immediato attribuire all’obbligo di verifica una funzione esclusivamente prodromica all’adempimento dell’obbligo di segnalazione, essendo i profili monitorati di portata alquanto ampia, non confinabili alla sola rilevazione dello stato di crisi (ancorché latente). Obbligo di segnalazione che costituisce propriamente lo strumento di allerta di cui all’art. 12, comma 1, ed è incentrato sulla «esistenza di fondati indizi della crisi», con una formulazione che riecheggia (parzialmente) il dettato del­l’art. 12, comma 1: se da un lato non specifica ulteriormente quali possano essere gli «indizi» in questione, [continua ..]


2.1. Segue. Gli indicatori della crisi previsti dall’attuale art. 13, d.lgs. n. 14/2019

Gli «indicatori della crisi» [27] di cui all’art. 13, d.lgs. n. 14/2019 sono definiti, in prima approssimazione, come gli «squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario», da rapportare alle «specifiche caratteristiche dell’im­presa e dell’attività imprenditoriale», nonché alla sua “anzianità”, dovendosi tenere conto parimenti «della data di costituzione e di inizio dell’attività» (così il comma 1). I suddetti, generici, indicatori, sono poi «rilevabili attraverso appositi indici», i quali devono fornire evidenza della sostenibilità dei debiti perlomeno nei successivi sei mesi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso (o per i sei mesi successivi, qualora la sua durata residua sia inferiore) [28]. Addentrandosi in cerchi concentrici progressivamente più selettivi e particolareggiati, il legislatore ha individuato due indici «significativi», ovverosia, da un lato, «la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare» e, dall’altro, «l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi». Agli indicatori di crisi così delineati nella prima parte del comma 1 dell’art. 13, si aggiungono espressamente, ai sensi dell’ultimo periodo della suddetta norma, i «ritardi nei pagamenti reiterati e significativi, anche sulla base di quanto previsto nell’articolo 24», chiamato a regolare la tempestività dell’ini­ziativa del debitore al fine del riconoscimento delle misure premiali [29]. Come è stato osservato in dottrina [30], «the extent of the changes introduced has made it essential to identify parameters that allow to understand as objectively as possible if the company is entering the crisis and what is the severity already reached by it in order to classify the situation», in modo tale «not to delay (although it is important to underline that they must not be anticipated), the interventions envisaged by the new regulatory framework by the various stakeholders involved». Ben si comprende, di riflesso, il dettato del comma 2 dell’art. 13 del d.lgs. n. 14/2019, ove si stabilisce che il Consiglio nazionale dei dottori [continua ..]


3. Le modifiche proposte nello schema di decreto correttivo ed il suo iter

L’art. 1, legge 8 marzo 2019, n. 20 [40], recante la «delega al Governo per l’adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza, di cui alla legge 19 ottobre 2017, n. 155», stabilisce che il Governo, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega di cui alla legge n. 155/2017 e nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi in essa fissati, possa adottare «disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi» [41]. Nel mese di dicembre 2019, è stata diffusa una prima bozza di schema di decreto legislativo [42], il cui testo ‒ parzialmente modificato ‒ è stato dipoi approvato in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri in data 13 febbraio 2020. Ottenuto il parere del Consiglio di Stato – Sezione Consultiva per gli Atti normativi, in data 24 aprile 2020 [43], lo schema di decreto legislativo è stato trasmesso alle Camere il 27 maggio 2020 e sottoposto al parere delle rispettive Commissioni, addivenendo ad un esito favorevole (in alcuni casi con osservazioni), nella prima decade di luglio [44]. Volendo verificare se ed in che misura l’emanando decreto correttivo inciderà sulle previsioni del d.lgs. n. 14/2019 esaminate nei precedenti paragrafi, occorre focalizzare l’attenzione sulle modifiche proposte sin dallo schema di decreto diffuso nel mese di dicembre 2019. Modifiche che interessano la definizione di crisi fornita dall’art. 2, lett. a) del d.lgs. n. 14/2019, la quale non sarebbe propriamente uno stato di «difficoltà economica-finanziaria» quanto piuttosto di «squilibrio economico-finan­zia­rio» [45]: una formulazione, questa, «più corretta secondo i parametri della scienza aziendalistica, cui la legge n. 115 del 2017 fa espresso rinvio», come specificato nella correlata Relazione illustrativa. Analoghi interventi di cesello connotano le previsioni dedicate agli strumenti di allerta, sui quali interviene l’art. 3 [46] dello schema di decreto, non modificando tanto la loro individuazione – immutato, infatti, il dettato dell’art. 12, comma 1 [47] ‒ quanto piuttosto la loro concreta [continua ..]


4. Le sollecitazioni comunitarie: la direttiva insolvency

Un’ulteriore fonte di possibili modifiche alle attuali previsioni sugli strumenti di allerta contenute nel d.lgs. n. 14/2019 è ravvisabile nel recepimento, nel nostro ordinamento, delle disposizioni della direttiva (UE) 2019/1023 – nota altresì come direttiva insolvency [59] ‒ che, nondimeno, stando alla Relazione illustrativa allo schema di decreto correttivo diffuso nel mese di dicembre 2019, sarebbero già state prese in considerazione nella stesura del testo normativo in questione, scartando «soluzioni con essa incompatibili». La direttiva del 2019 costituisce il punto di arrivo di un iter legislativo avviato tempo addietro, le cui radici affondano nel rapporto conclusivo reso dal gruppo di esperti nell’ambito del «Best Project on Restructuring, Bankruptcy and a Fresh Start», risalente al mese di settembre 2003 [60]. In tempi più recenti, è stata la raccomandazione della Commissione del 12 marzo 2014 [61] a dare nuovo impulso all’adozione di «un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza», cercando di garantire alle imprese sane in difficoltà finanziaria l’accesso ad «quadro nazionale in materia di insolvenza» che consenta la ristrutturazione tempestiva, evitando l’insolvenza e massimizzando il valore per tutti i vari stakeholders coinvolti, e, di riflesso, per l’economia in generale [62]. Uno scopo, questo, confermato altresì nella proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea il 22 novembre 2016 [63], i cui principi sono poi confluiti nella direttiva insolvency del 2019. Come specificato al considerando n. 22 della direttiva, quanto prima un debitore è in grado di identificare le proprie difficoltà finanziarie e di intraprendere le iniziative più opportune, tanto maggiori saranno le probabilità di evitare lo stato di insolvenza o, perlomeno, di assicurare una ordinata ed efficace liquidazione [64]; inoltre, il ricorso a strumenti di allerta precoce dovrebbe costituire una delle misure che i dirigenti di un’impresa che versi in difficoltà finanziarie dovrebbero adottare per minimizzare le perdite ed allontanare lo spettro dell’insolvenza (considerando n. 70). Il medesimo considerando n. 22 della direttiva menziona, poi, la necessità di adattare gli strumenti di allerta precoce in [continua ..]


5. Gli effetti della pandemia sull’entrata in vigore degli strumenti di allerta

Oltre ad essere oggetto di alcune delle modifiche previste nello schema di decreto legislativo correttivo e integrativo, nonché di possibile affinamento in sede di recepimento della direttiva insolvency, le previsioni dettate nel Codice della crisi sugli strumenti di allerta sono state altresì interessate dalle recenti misure emergenziali adottate per fronteggiare gli effetti della pandemia da Covid-19 [77]. Tra i primi interventi introdotti dal d.l. 2 marzo 2020, n. 9 [78], figurava, all’art. 11, la «Proroga degli obblighi di segnalazione di cui agli articoli 14 e 15 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14», posticipati al 15 febbraio 2021. Sebbene il decreto legge n. 9/2020 sia stato abrogato ad opera del comma 2 dell’art. 1, legge 24 aprile 2020, n. 27 [79], medio tempore è stata differita al 1° settembre 2021 l’entrata in vigore del Codice della crisi, in forza dell’art. 5 del d.l. 8 aprile 2020, n. 23 [80], ivi comprese, pertanto, anche le previsioni relative agli strumenti di allerta. Nella Relazione illustrativa al c.d. decreto «Liquidità», sono state esposte le ragioni che hanno condotto al suddetto differimento, costituite, in primo luogo, proprio dalle misure di allerta, predisposte «nell’ottica di un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, all’interno del quale, quindi, la preponderanza delle imprese non sia colpita dalla crisi, e nel quale sia possibile conseguentemente concentrare gli strumenti predisposti dal codice sulle imprese che presentino criticità», mentre «in una situazione in cui l’intero tessuto economico mondiale risulta colpito da una gravissima forma di crisi, invece, gli indicatori non potrebbero svolgere alcun concreto ruolo selettivo, finendo di fatto per mancare quello che è il proprio obiettivo ed anzi generando effetti potenzialmente sfavorevoli» [81]. Considerazioni, queste, condivise dal Consiglio di Stato – Sezione Consultiva per gli Atti normativi, che, esprimendo il proprio parere sullo schema di decreto correttivo, ha preso atto favorevolmente del rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi, essendo opportuno evitare che ciò accada in prossimità dell’emergenza sanitaria e delle sue «pesanti ripercussioni» sull’eco­no­mia, dovendosi prediligere, in [continua ..]


6. Osservazioni conclusive: gli strumenti di allerta, un cantiere (ri)aperto dall’emergenza pandemica?

Come si è avuto modo di constatare nei paragrafi che precedono, la disciplina degli strumenti di allerta contenuta negli artt. 12 e ss. del d.lgs. n. 14/2019 potrebbe essere oggetto, a breve, di un duplice intervento normativo: l’adozione del decreto integrativo e correttivo, giunto ormai alle ultime battute dell’iter legislativo, ed il recepimento della direttiva insolvency, fissato al 17 luglio 2021 [91]. Sennonché, come riscontrato al par. 3, lo schema di decreto integrativo e correttivo non parrebbe apportare incisive e rilevanti modifiche alla disciplina in questione, introducendo alcune puntualizzazioni lessicali (all’art. 2 ed all’art. 13), nonché alcune specificazioni sullo scambio informativo tra gli organi di controllo e sulla deroga all’obbligo di riservatezza anche per i revisori (all’art. 14), rimodulando, infine, l’obbligo di segnalazione in capo all’Agen­zia delle entrate (art. 15). Ragion per cui sorge spontaneo domandarsi se il legislatore intenda sfruttare l’opportunità offerta dal recepimento della direttiva insolvency per rimeditare i profili maggiormente critici che connotano gli strumenti di allerta approntati nel d.lgs. n. 14/2019 ‒ vedi, ex multis, la problematica declinazione del­l’art. 14 alle s.r.l. che nominino esclusivamente il revisore o la concreta capacità anticipatoria dell’allerta esterna così come oggi delineata all’art. 15 ‒ oppure propenda per mantenere immutati gli early warning tools offerti dal Codice della crisi, complici gli ampi margini concessi dalla direttiva 2019/1023, “limitandosi” ai soli interventi di recepimento indefettibili [92]. In uno scenario già di per sé connotato da significativi margini di incertezza [93] ha fatto irruzione l’emergenza pandemica da Covid-19, che, come è stato opportunamente osservato [94], non solo ha ridotto repentinamente e drasticamente, nell’immediato, il fatturato e la liquidità delle imprese, ma che, verosimilmente, è destinata ad incidere in misura significativa sulle dinamiche di mercato nel medio-lungo periodo, tramutando una momentanea difficoltà finanziaria in una più profonda e pervasiva depressione del sistema economico. Molteplici sono le proposte che, in questi mesi, sono state avanzate per arginare, per quanto possibile, il dilagare dello [continua ..]


NOTE