Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Il sistema di rating advisory e di pianificazione finanziaria (di Luciano M. Quattrocchio, Federica Bellando Professore di Diritto dell’Economia presso l’Università di Torino – Dottore Commercialista.  )


L’intervento mira a fornire un’analisi approfondita del sistema di rating advisory e pianificazione finanziaria alla luce dell’evoluzione del quadro regolamentare di riferimento, esplorando – altresì – il rapporto banca-impresa ed il ruolo del commercialista. Dopo un inquadramento del sistema di rating introdotto dagli Accordi di Basilea, gli autori affrontano la materia proponendo un’analisi dei rischi su tre aree: analisi andamentale, analisi quantitativa ed analisi qualitativa. La trattazione si focalizza, infine, sulla pianificazione finanziaria, di cui vengono descritte le principali fattispecie e casistiche.

The rating advisory and financial planning system

The paper aims to provide an in-depth analysis of the rating advisory and financial planning system in the light of the evolution of the regulatory framework, also exploring the bank-company relationship and the role of the chartered accountant. After an overview of the rating system introduced by the Basel Accords, the authors tackle the matter by proposing a risk analysis on three areas: trend analysis, quantitative analysis and qualitative analysis. At the end, the paper focuses on financial planning, of which the main cases are described and analyzed.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il sistema di rating introdotto dagli Accordi di Basilea - 3. Il rating advisory - 3.2.1. L’Analisi Andamentale - 3.2.2. L’Analisi Quantitativa - 3.2.3. L’Analisi Qualitativa - 3.3. La corporate governance - 4. La Pianificazione finanziaria - 4.2. Il piano industriale - 4.2.1. L’impresa e il suo modello di business - 4.2.2. Analisi del settore e dei segmenti di riferimento - 4.2.3. Analisi del contesto competitivo - 4.2.4. Il trend storico dei risultati economici-finanziari-patrimoniali - 4.2.5. Le linee guida strategiche di sviluppo - 4.2.6. La pianificazione economica-finanziaria e patrimoniale - 5. La posizione dell’EBA - 6. Conclusioni


1. Premessa

Come è noto, il codice della Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (d.lgs. n. 14/2019) ha introdotto nel nostro ordinamento la generale necessità di individuare un “sistema di allerta”, al fine di poter intercettare tempestivamente i segnali di crisi. Lo stesso Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza ha attribuito al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili il compito di codificare un sistema di indicatori e quest’ultimo ha elaborato, oltre al calcolo del Dscr (Debt service coverage ratio), cinque indicatori specifici. Il sistema così costruito, tuttavia, non tiene conto di una serie di altre variabili che possono influenzare in misura decisiva la continuità aziendale ovvero la sopravvivenza della impresa. Si è avvertita, quindi, l’esigenza di implementare un sistema più efficace che consenta di svolgere un esame diagnostico dello stato di salute dell’impresa. Ciò anche sul riflesso che il nuovo Codice della crisi d’impresa e del­l’insolvenza prevede per l’imprenditore, operante in forma societaria o collettiva, l’obbligo di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale. Sempre il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (di concerto con la Fondazione Nazionale dei Commercialisti) ha elaborato – nel mese di luglio del 2019 – un ulteriore documento intitolato “Non Performing Loans-NPL”, in cui viene fornita una dettagliata illustrazione del concetto di rating. Da ultimo, l’EBA (European Banking Authority) ha rassegnato nel mese di maggio 2020 un documento intitolato “Guidelines on loan origination and monitoring”, nell’ambito del quale vengono descritte le linee guida che le ban­che devono osservare nell’erogazione e nel monitoraggio dei prestiti.


2. Il sistema di rating introdotto dagli Accordi di Basilea

Il documento elaborato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (di concerto con la Fondazione Nazionale dei Commercialisti) e intitolato “Non Performing Loans – NPL” ricostruisce accuratamente il processo che ha condotto all’implementazione dei sistemi di rating per effetto degli Accordi di Basilea. Tale processo viene di seguito sintetizzato. In generale, gli Accordi di Basilea si fondano sulla necessità di adeguare il patrimonio della banca ai rischi reali e potenziali, attraverso la costituzione di un “capitale di vigilanza” nel rispetto di criteri stabiliti dalla banca centrale nazionale; di conseguenza, impongono alle banche di effettuare accantonamenti di quote di capitale, sulla base della maggiore o minore rischiosità dei rapporti di credito assunti. In particolare, il Comitato di Basilea, nel 1988, con l’obiettivo di tutelare il patrimonio bancario e di minimizzare il rischio di insolvenza, aveva predisposto un documento volto a definire gli strumenti necessari per valutare l’ade­guatezza patrimoniale delle banche. Tale documento, noto come primo accordo sul capitale (c.d. “Basilea 1”), aveva la principale finalità di limitare le condotte di alcune banche – che in taluni casi si erano rivelate spregiudicate –, introducendo il requisito patrimoniale minimo, pari ad almeno l’8% dei crediti alla clientela. Le banche dovevano, cioè, mantenere determinate dotazioni di capitale di rischio (Equity Common Tier1) a fronte delle perdite inattese. Tale capitale di rischio doveva essere calcolato in percentuale rispetto alle diverse classi d’impieghi ponderati per il rischio. L’obiettivo era quello di mitigare, in ordine di importanza, il rischio di credito (o di controparte), il rischio paese e il rischio di mercato. L’Accordo di Basilea 1 – rimasto in vigore per quasi due decenni – presentava, senza dubbio, tra i propri punti di forza, la semplicità di applicazione; tuttavia, tra i punti di debolezza, evidenziava la difficoltà a fronteggiare i repentini cambiamenti in atto del sistema di mercato e delle esigenze della clientela. Tali punti di debolezza avevano indotto il Comitato di Basilea a pubblicare, nel gennaio 2001, il documento “The New Basel Capital Accord ” (c.d. Accordo di Basilea 2), il quale – dopo un biennio di sperimentazione [continua ..]


3. Il rating advisory

3.1. Premessa. La definizione di rischio Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (di concerto con la Fondazione Nazionale dei Commercialisti), nel documento intitolato “Rating advisory e pianificazione finanziaria alla luce dell’evoluzione del quadro regolamentare: il nuovo rapporto banca-impresa ed il ruolo del commercialista”, procede ad una dettagliata illustrazione del c.d. rating advisory, da realizzarsi attraverso l’analisi andamentale, quantitativa e qualitativa (v. infra). In via preliminare, nel documento si definiscono i caratteri del “rischio” nei seguenti termini: si riferisce ad un potenziale effetto che può derivare da determinati processi in corso o da determinati eventi futuri; ha natura aleatoria e presenta connessioni con le aspettative e le capacità di predizione ed attuazione di attività in situazioni non note od incerte. Da altro punto di vista, una definizione “scientifica” del concetto di rischio lo individua come “l’effetto dell’incertezza sugli obiettivi”, precisando che tale effetto può essere sia positivo che negativo. Viene poi operata una distinzione il “rischio percepito” e il “rischio reale”: il primo è quello derivante dall’analisi dei dati disponibili, che possono anche essere incompleti o fuorvianti; il secondo è quello oggettivamente presente nelle fattispecie in valutazione e che per essere correttamente quantificato necessita di tutte le informazioni necessarie, che vadano oltre un livello base di trasparenza. Operativamente, nel processo di analisi per la determinazione del rischio, sono presi in esame elementi e set informativi acquisibili da fonti interne ed esterne all’impresa, che consentano di determinare il livello di rischio associato alla fattispecie. Inoltre, la conduzione di detta analisi è effettuata con l’ado­zione di adeguati strumenti di acquisizione delle informazioni, quali matrici di valutazione, tecniche e metodologie rispondenti a standard condivisi in materia di risk management. Correttamente viene precisato che l’eventuale assenza di informazioni si configura già di per sé come un elemento che genera aleatorietà, per almeno due motivi: la “non conoscenza” innalza il livello di attenzione, ponendo la valutazione su livelli di percezione di [continua ..]


3.2.1. L’Analisi Andamentale

L’Analisi Andamentale attiene ai rapporti storici dell’impresa con il sistema bancario e rappresenta un elemento informativo importante per le banche nelle fasi di: istruttoria; richiesta di un nuovo affidamento; monitoraggio dei rapporti; revisione dei fidi. Come sottolineato nel documento, si distingue tra: fonti informative interne (Analisi Andamentale Interna) che si riferiscono a: movimentazioni sul c/c e utilizzo fidi; ritardi di pagamento; –     sconfini; –     inadempienze probabili; –     classificazioni a sofferenza; –     assegni insoluti; –     analisi delle garanzie; –     qualità del portafoglio commerciale; –     modalità di pagamento dei debiti e di riscossione dei crediti; fonti informative esterne (Analisi Andamentale di Sistema) che sono rappresentate da: –     Centrale dei Rischi Banca d’Italia (CRBI) (sistema di rilevazione centralizzata dei rischi di natura pubblica); Centrale d’Allarme Interbancaria (CAI); –     Sistemi di Informazioni Creditizie (SIC) (sistemi di rilevazione centralizzata dei rischi di natura privata); –     Agenzie di informazioni commerciali; –     Indagini svolte presso fornitori e clienti del richiedente.


3.2.2. L’Analisi Quantitativa

L’Analisi Quantitativa – meglio nota come analisi economico-finanziaria – ha l’obiettivo di approfondire gli aspetti reddituali, finanziari e patrimoniali della gestione aziendale, inerenti ad almeno gli ultimi quattro esercizi e alla situazione corrente, anche attraverso l’elaborazione ed interpretazione dei mar­gini ed indici fondamentali (Key value driver, Key performance indicator), che rappresentano la base di calcolo dello Score quantitativo o di bilancio. Il documento individua le classi alle quali gli indicatori fanno principalmente riferimento: Redditività e Cash Flow. Con riferimento a tale classe di indicatori, l’ana­lisi di focalizza sulla capacità dell’impresa di produrre risultati economici e flussi di cassa positivi e duraturi, attraverso una gestione efficace ed efficiente delle risorse a disposizione, che crei valore. Struttura finanziaria. Una struttura finanziaria ottimale si fonda in primo luogo sul principio di omogeneità delle fonti rispetto agli impieghi; è, inoltre, il risultato della valutazione del rischio connesso con ciascuna fonte finanziaria e dei vincoli generati. Infine, si tiene in considerazione il costo associato al reperimento delle risorse finanziarie necessarie alla copertura del fabbisogno finanziario corrente e prospettico. Oneri Finanziari. Oggetto di analisi è il livello di incidenza degli oneri finanziari sui margini economici e l’utilizzo della leva finanziaria, al fine di approfondire i profili dell’indebitamento aziendale, della gestione finanziaria complessiva e, quindi, della capacità di accesso al credito a condizioni più o meno eque. Liquidità ed Equilibrio Finanziario. Si analizza la solvibilità dell’impresa, in termini di capacità del capitale circolante di far fronte agli impegni di breve termine e alle passività di medio e lungo termine. Viene correttamente sottolineato che, nell’espletamento delle attività di analisi, risulta fondamentale, in ogni caso, il confronto con il settore di riferimento: in assenza di specifici benchmark di mercato, infatti, perde di significatività la maggior parte degli indicatori a cui si è fatto riferimento. È interessante notare come venga riservata attenzione agli indicatori di bancabilità, al fine di valutare la sostenibilità della struttura finanziaria aziendale nel [continua ..]


3.2.3. L’Analisi Qualitativa

Gli aspetti qualitativi della gestione aziendale – come sottolineato nel documento – rappresentano una variabile anticiclica di un Sistema di Rating e, di conseguenza, l’analisi e la comunicazione delle cosiddette soft information rivestono particolare importanza nella prospettiva della prevenzione della crisi. Per l’approfondimento delle diverse aree di indagine che rientrano nel­l’Analisi Qualitativa vengono adottati i questionari informativi, al fine di rappresentare informazioni e dati storici: sull’impresa: aspetti interni, attinenti al rischio specifico; sul contesto in cui essa opera: aspetti esterni, attinenti al rischio sistematico; prospettici, inerenti alle dinamiche future. In particolare, vengono prese in considerazione le caratteristiche: dell’assetto proprietario e della corporate governance; del management; dell’organizzazione aziendale e delle strategie adottate; dei sistemi gestionali e informativi (controllo di gestione) e del livello di trasparenza informativa dell’impresa; della storia aziendale e dei marchi; delle attività svolte e delle risorse umane; della dimensione aziendale (in termini di fatturato e numero di dipendenti); dei portafogli clienti e fornitori e degli altri principali stakeholder; dell’area geografica di riferimento (analisi geo-dimensionale); del contesto macroeconomico e dell’ambiente competitivo specifico; del posizionamento competitivo; dei principali competitor; dei potenziali eventi rischiosi interni ed esterni; ecc. Inoltre, poiché le banche fanno riferimento al “Gruppo di rischio”, definito quale entità economica nella sfera d’influenza e/o coordinamento (direttamente o indirettamente) di un unico dominus, rientrano nelle attività di analisi anche eventuali società che formalmente non appartengono al gruppo economico ma che di fatto possono influire sulla rischiosità aziendale complessiva, così come i soggetti garanti, siano essi persone fisiche o giuridiche. Particolare enfasi viene data al sistema di governo d’impresa adottato, muovendo dal presupposto che: una governance efficace, allineata alle best practice internazionali, può dare un contributo importante in termini di miglioramento delle performance e del merito creditizio aziendale, comportando quindi un minor rischio di default; un’adeguata corporate governance [continua ..]


3.3. La corporate governance

La corporate governance è definita come l’insieme di strumenti, regole e meccanismi preordinati alla migliore realizzazione del processo decisionale di un’impresa nell’interesse delle diverse categorie di soggetti che sono interessati alla vita societaria; ciò con particolare riferimento al sistema di direzione e controllo, e cioè a quell’insieme di meccanismi e di regole, giuridiche e tecniche, finalizzate alla conduzione del governo dell’impresa, che deve essere non solo efficace ed efficiente, ma anche corretto ai fini della tutela di tutti i soggetti interessati alla vita dell’impresa. A riprova del fatto che il sistema di governo dell’impresa assume fondamentale rilevanza, pare opportuno rammentare che il Comitato per la Corporate Governance di Borsa Italiana S.p.A. ha pubblicato, il 31 gennaio 2020, la nuova edizione del Codice di Autodisciplina delle società quotate, che prende il nome di Codice di Corporate Governance. Il nuovo Codice ha come obiettivo quello di: –   guidare le società nell’adozione di strategie sempre più orientate alla sostenibilità dell’attività d’impresa; –   stimolare le società a rafforzare il dialogo con il mercato, attraverso l’ado­zione di “politiche di engagement” complementari a quelle degli investitori istituzionali; –   favorire l’accesso alla quotazione delle società medio-piccole e di quelle a forte concentrazione proprietaria attraverso raccomandazioni semplificate e proporzionate alle loro caratteristiche. In particolare, il principale cambiamento nel Codice consiste nell’intro­duzione del concetto di “successo sostenibile”, elevato – a livello autoregolamentare – a primario obiettivo dell’organo amministrativo nella guida della società (art. 1). E il “successo sostenibile” si sostanzia «nella creazione di valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società». Nel nuovo Codice di Autodisciplina il “successo sostenibile” gioca poi un ruolo anche nella politica di remunerazione della società e nel sistema di controllo interno e di gestione dei rischi (artt. 5 e 6).


4. La Pianificazione finanziaria

4.1. Premessa Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (di concerto con la Fondazione Nazionale dei Commercialisti), nel documento intitolato “Rating advisory e pianificazione finanziaria alla luce dell’evoluzione del quadro regolamentare: il nuovo rapporto banca-impresa ed il ruolo del commercialista”, conclude l’illustrazione del c.d. rating advisory, prendendo in esame la pianificazione finanziaria. In via preliminare, si osserva che in un ambiente economico caratterizzato da profondi cambiamenti e da una sempre più intensa competitività globale, emerge la necessità – da parte delle imprese – di avviare e sostenere processi di innovazione, internazionalizzazione e/o rivisitazione dei propri modelli di business, al fine di consolidare o accrescere i fattori in grado di garantire continuità, prospettive di sviluppo e di creazione di valore nel tempo. Ne consegue che, l’attività d’impresa nel contesto attuale si traduce in un costante confronto con l’ambiente di riferimento e con le prospettive future, che determina la necessità di tradurre consapevolmente, quali elementi essenziali nel processo di creazione di valore: le linee guida strategiche; gli obiettivi da raggiungere; le azioni da intraprendere; gli investimenti da effettuare; i fabbisogni finanziari necessari per sostenere la crescita; i ritorni attesi in termini di flussi futuri di reddito e di cassa. È quindi necessario che il piano industriale ed il processo di pianificazione economico-finanziaria in esso contenuto rivestano – per gli imprenditori e il management, soprattutto delle PMI – un ruolo fondamentale di guida nelle scelte imprenditoriali, fornendo agli stakeholder, che a vario titolo interagiscono con l’impresa, una rappresentazione strutturata, trasparente ed organica delle attese future. Anche nel rapporto tra i vertici aziendali delle imprese e le banche risulta di fondamentale importanza la condivisione di un set informativo completo storico-prospettico e quali-quantitativo, che identifica e caratterizza l’impresa sotto tutti i punti di vista, consentendo così: di ridurre l’asimmetria informativa che spesso si crea nel rapporto con il sistema bancario e che risulta sostanzialmente legata alla consolidata abitudine del management delle PMI di fornire alle banche unicamente le informazioni di tipo [continua ..]


4.2. Il piano industriale

Il piano industriale – come suggerito dal documento in esame – deve essere strutturato nei seguenti paragrafi: L’impresa e il suo modello di business. Analisi del settore e dei segmenti di riferimento. Analisi del contesto competitivo. Il trend storico dei risultati economici-finanziari-patrimoniali. Le linee guida strategiche di sviluppo. La pianificazione economica-finanziaria e patrimoniale.


4.2.1. L’impresa e il suo modello di business

La c.d. “company – business overview” rappresenta un aspetto di fondamentale importanza, in quanto consente di fornire un’“istantanea” del business aziendale. I principali aspetti da rappresentare, che variano in funzione delle singole realtà aziendali, sono i seguenti: la cronistoria dell’evoluzione societaria e del business, c.d. “storyboard aziendale”, meglio se rappresentata in forma grafica; l’assetto societario e, se l’impresa fa parte di un gruppo, anche del gruppo cui essa appartiene; la corporate governance; la descrizione delle aree di business, del portafoglio prodotti e dei brand posseduti; il footprint produttivo; la catena del valore; i canali distributivi e la rete di vendita; i mercati di riferimento e la tipologia di clientela; l’organizzazione aziendale (organigramma); il breakdown delle principali variabili economiche/patrimoniali e il loro trend storico di almeno 35 anni: –     ripartizione del fatturato per mercato, canale, aree di business, linee di prodotto, ecc.; –     analisi della marginalità per le diverse dimensioni di analisi ritenute strategiche; –     analisi dell’organico (meglio se ripartito per aree funzionali); e il costo andamentale: –     trend degli investimenti; –     rappresentazione di fenomeni di stagionalità che caratterizzano il business; i principali key-ratios ed il loro trend: –     CAGR% fatturato; –     EBITDA%; –     PFN/EBITDA; –     PFN/PN; –     OF/EBITDA; –     CCN/CI; –     ecc.; punti di forza e di debolezza interni dell’impresa.


4.2.2. Analisi del settore e dei segmenti di riferimento

Le imprese interagiscono e si confrontano con i mercati in continuo cambiamento, e ne sono da questi ultimi continuamente influenzate, con conseguente impatto sull’attività svolta, sulle prospettive di crescita e sulle strategie di sviluppo. Appare quindi di fondamentale importanza comprendere e rappresentare: le caratteristiche principali del settore/i di riferimento, in termini di tipologia di clienti, fornitori, potenziali entranti, prodotti sostitutivi, barriere al­l’entrata, ecc.; i fattori critici di successo per mantenere o acquisire vantaggio competitivo operando nello specifico settore; l’andamento evolutivo storico e prospettico del settore/segmento di riferimento, atteso che la comprensione del trend di sviluppo dell’azienda non può prescindere da un esame congiunto del trend di mercato.


4.2.3. Analisi del contesto competitivo

Ogni impresa compete sul mercato, in via diretta e indiretta, con altri operatori. La comprensione del contesto competitivo, delle caratteristiche proprie dei principali player e della loro dimensione, della tipologia di business e del portafoglio prodotti, delle loro tecnologie, dell’andamento delle loro performance, è di fondamentale importanza, in quanto aiuta a identificare il posizionamento competitivo dell’impresa, gli elementi di vantaggio/svantaggio e le sue potenzialità di crescita. L’analisi competitiva si riflette nelle seguenti differenti attività: identificazione dei competitor e, se necessario, aggregazione degli stessi in diversi cluster; descrizione sintetica dei modelli di business che li contraddistinguono e loro dimensioni; esame delle performance economiche, finanziarie e patrimoniali e nella rappresentazione del trend di alcuni indicatori utili ad un confronto andamentale con l’azienda.


4.2.4. Il trend storico dei risultati economici-finanziari-patrimoniali

Affrontare un processo di pianificazione richiede necessariamente la piena comprensione e rappresentazione dell’andamento storico economico-finanzia­rio e patrimoniale dell’impresa, rilevando, se necessario, l’esistenza di elementi di natura straordinaria che possono avere effetto sui risultati aziendali. È opportuno, inoltre, che l’analisi economico-finanziaria e patrimoniale dei risultati storici assuma a riferimento un arco temporale di almeno 3/5 anni e che venga rappresentata utilizzando strutture di riclassificazione gestionale dei dati, omogenee con quelle impiegate nel piano economico-finanziario e patrimoniale.


4.2.5. Le linee guida strategiche di sviluppo

Ultimate le analisi del business, del settore di riferimento, dei competitor e dei trend storici dell’impresa, risulta opportuno focalizzarsi ancora – prima di rappresentare le strategie di sviluppo aziendale e gli eventuali progetti specifici di investimento – sull’analisi dei punti di forza e di debolezza aziendali rispetto al contesto interno ed esterno già esaminati, nonché sulle opportunità e minacce che potranno influenzare il business aziendale e sulle sue prospettive di crescita (c.d. “SWOT Analysis”). A tale fine, è necessario che l’imprenditore e il management delineino in modo chiaro le linee guida strategiche nonché descrivano dettagliatamente gli eventuali specifici nuovi progetti di sviluppo, evidenziando gli obiettivi, modalità, azioni da intraprendere per il raggiungimento degli stessi e le relative tempistiche occorrenti; il tutto deve poi essere esplicitato in dettagliati e specifici assunti, che saranno poi alla base del processo di pianificazione economico-finanziario e patrimoniale.


4.2.6. La pianificazione economica-finanziaria e patrimoniale

Come si è già avuto modo di evidenziare, il piano economico-finanziario-patrimoniale ricomprende un arco temporale di 3/5 anni (3 anni di previsione analitica e due anni flat): l’orizzonte temporale è quindi piuttosto limitato, in quanto periodi più ampi rischiano di far venire meno l’attendibilità del piano stesso; infatti, lo scenario prospettico più esteso nel tempo è maggiormente soggetto al rischio di aleatorietà. Aspetto senza dubbio utile e, anzi, auspicabile, è che vi sia un continuo monitoraggio del piano nel corso del tempo, supportato da un’analisi sistematica degli scostamenti in corso d’anno rispetto al budget annuale riflesso a piano e un aggiornamento annuale di quest’ultimo. Nel contempo, un periodico e costante scambio di informazioni con il sistema bancario (tipicamente semestrale) permette di costruire un dialogo trasparente nel processo di accesso al credito, minimizzando il rischio di incertezza nella formulazione di un giudizio di rating da parte delle banche. I risultati attesi e riflessi nel processo di pianificazione devono essere rappresentati nella loro dimensione economica, finanziaria e patrimoniale. Infatti, l’obiettivo informativo principale da soddisfare nel rapporto tra la banca e l’impresa è quello di fornire una ragionevole stima dei flussi di reddito e di cassa potenzialmente generabili dalla gestione aziendale, così da permettere di verificare ed valutare la capacità dell’impresa di operare, nell’arco temporale di riferimento, in condizioni di equilibrio economico e finanziario, facendo fronte ai propri impegni di rimborso e con una struttura del debito coerente con il capitale investito, manifestando indicatori idonei atti a consentire l’ac­ceso al credito.


5. La posizione dell’EBA

L’attività di Rating Advisory è destinata ad assumere sempre maggiore importanza, anche alla luce del documento appena rilasciato dall’EBA (European Banking Authority), intitolato “Guidelines on loan origination and monitoring”, nell’ambito del quale si sottolinea – con riguardo all’attività di “Lending to medium-sized and large enterprises” – quanto segue: Institutions should assess the borrower’s current and future ability to meet the obligations under the loan agreement. Institutions should also analyse the loan application of the borrower in order to ensure that the application is in line with the institution’s credit risk appetite, policies, credit-granting criteria, limits and relevant metrics, as well as any relevant macroprudential measures, where applied by the designated macroprudential authority. Institutions should consider that cash flow from the ordinary business activities of the borrower and, when applicable within the purpose of the loan agreement, any proceeds on the sale of the assets are the primary sources of repayment. When assessing the creditworthiness of the borrower, institutions should put emphasis on the borrower’s realistic and sustainable future income and future cash flow, and not on available collateral. Collateral by itself should not be a predominant criterion for approving a loan and cannot by itself justify the approval of any loan agreement. Collateral should be considered the institution’s second way out in case of default or material deterioration of the risk profile, and not the primary source of repayment, with the exception of when the loan agreement envisages that the repayment of the loan is based on the sale of the property pledged as collateral or liquid collateral provided. When carrying out the creditworthiness assessment, institutions should: analyse the financial position and credit risk of the borrower, as set out below; –     analyse the organisational structure, business model and strategy of the borrower, as set out below; –     determine and assess the borrower’s credit scoring or internal rating, where applicable, in accordance with the credit risk policies and procedures; –     consider all the borrower’s financial commitments, such as all drawn and undrawn committed facilities with institutions, [continua ..]


6. Conclusioni