Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Il rating delle imprese (di Pierluigi Gaffuri, Dirigente Gruppo Intesa Sanpaolo)


L’intervento fornisce una introduzione al quadro di riferimento in materia di rating delle imprese. In particolare, l’autore analizza alcuni aspetti operativi del rating, focalizzandosi sui modelli comunemente impiegati nella prassi bancaria per i clienti corporate. La trattazione prende avvio dalla definizione della fattispecie, nonché da una breve analisi del quadro regolamentare. Nell’analisi proposta, l’autore si sofferma sul contenuto dei modelli di rating bancario, per poi concludere con interessanti riflessioni di sintesi sulla questione.

The corporate rating

The paperprovides an introduction to the reference framework for companies rating. In particular, the author analyzes some operational aspects of the rating, focusing on the models commonly used in banking practice for corporate customers. The dissertation starts with the definition of the topic, as well as a brief analysis of the regulatory framework. Within this context, the author focuses on the content of the bank rating models, and then he concludes with interesting summary reflections on the issue.

Nell’ambito di una riflessione di carattere interdisciplinare sul tema del Rating intendiamo portare la visuale e la sensibilità dell’operatore bancario, cioè di chi – a valle delle elaborazioni di dottrina e della specifica normativa– si trova ad utilizzare il rating negli ordinari processi creditizi. In effetti, il rating non è materia di esclusiva competenza bancaria, ma è oggettivamente diventato pratica diffusa nella comunità finanziaria solo quando il mondo bancario ha dovuto ricorrervi sistematicamente per valutare il merito creditizio della clientela. Il presente intervento sarà dedicato ad alcuni aspetti operativi del rating in ambito bancario e si focalizzerà sui modelli in uso per le controparti “Corporate” e per le controparti impegnate in operazioni di “Sviluppo Immobiliare”; preliminarmente, tuttavia, riteniamo opportuno tratteggiare a grandi linee il quadro regolamentare che sta alla base del tema Rating.

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SOMMARIO:

1. Il quadro regolamentare (cenni) - 2. Il contenuto dei modelli di rating bancari - 3. Considerazioni conclusive


1. Il quadro regolamentare (cenni)

Metaforicamente, l’architettura normativa in questione (comunemente chia­mata regole di Basilea) viene spesso rappresentata come un tempio greco classico, sostenuto da Pilastri: –   il primo pilastro definisce i requisiti patrimoniali minimi che devono avere le banche e i criteri di misurazione del rischio; –   il secondo pilastro delinea il controllo prudenziale e i principi guida della supervisione effettuata dall’Autorità di Vigilanza; –   il terzo pilastro tratta della disciplina di mercato e degli obblighi di trasparenza. Ai fini del presente intervento il Pilastro rilevante è il primo, che definisce i requisiti patrimoniali richiesti alle banche dal Regulator e li correla ad una precisa definizione dei rischi che la banca si trova ad affrontare nella sua ordinaria attività: –   il rischio di mercato (associato alle oscillazioni dei mercati finanziari); –   il rischio operativo (associato a possibili malfunzionamenti, errori, infedeltà, ecc.); –   il RISCHIO di CREDITO, cioè l’eventualità che la controparte non possa adempiere con puntualità e completezza ai propri obblighi di debitore. La correlazione tra requisiti patrimoniali delle banche e criteri di misurazione del rischio creditizio è l’elemento che accelera l’introduzione del rating nel panorama nazionale: in pratica il rating diventa un driver che orienta l’operatività bancaria solo a partire dai c.d. Accordi di Basilea. Tali Accordi sono nati per garantire maggiore solidità ed efficienza al sistema bancario soprattutto facendo leva sui requisiti patrimoniali che le banche devono avere per poter far credito. In estrema sintesi: il primo accordo (1988) prevedeva requisiti patrimoniali uguali per qualunque prestito al segmento “Imprese”, mentre le successive evoluzioni (2008) hanno introdotto la possibilità per le banche di valutare il rischio di credito di ciascun prestito e quindi di differenziare gli accantonamenti patrimoniali in funzione della specifica rischiosità del proprio portafoglio impieghi. Per poter cogliere questa opportunità di correlare il patrimonio alla rischiosità del portafoglio creditizio le banche possono avvalersi di due metodiche: il Metodo STANDARD e il Metodo dei RATING INTERNI (a sua volta differenziato in [continua ..]


2. Il contenuto dei modelli di rating bancari

Le banche utilizzano svariati modelli per meglio cogliere le caratteristiche delle diverse controparti. Il presupposto della gamma dei modelli è la segmentazione della clientela secondo criteri definiti dal Regulator (segmento Corporate, SME, Retail, Non Banking Financial Institutions, ecc.); ad ogni segmento viene dedicato uno specifico Modello di Rating. Inoltre i Modelli possono essere differenziati in funzione di determinate caratteristiche dell’impresa o del­l’operazione richiesta; si possono ad esempio avere modelli specificatamente dedicati al Real Estate, al Project Finance, all’Asset Finance, ecc. Per ragioni di spazio focalizzeremo l’attenzione su un paio di Modelli generalmente utilizzati nel mondo bancario: il Modello “Corporate”, dedicato alle imprese industriali/commerciali/di servizi e il Modello “Sviluppo Immobiliare” utilizzato per valutare le imprese che edificano e vendono immobili di varia tipologia; entrambe le denominazioni sono qui utilizzate convenzionalmente e con finalità esplicativa. In un MODELLO CORPORATE gli elementi costituitivi sono solitamente rappresentati da una “sezione Quantitativa”, che processa con metodologie statistiche i dati numerici disponibili, e da una “sezione Qualitativa” che recepisce gli aspetti esperienziali non numerici della relazione tra banca e controparte. Fondamentale nell’assetto di un modello di rating è la ponderazione di queste due componenti, aspetto che in ogni caso è oggetto di attenzione da parte del regulator in sede di validazione del modello stesso. Generalmente la componente quantitativa è preponderante, anche in ragione del fatto che –essendo basata su elementi oggettivi– lascia minor spazio alla discrezionalità di giudizio delle singole banche e quindi garantisce a livello di Sistema una maggior omogeneità di approccio alla valutazione del rischio. Le aree di analisi più frequentemente indagate nella sezione quantitativa sono: –   Bilancio (ultimo; ufficiale); –   Centrali Rischi degli ultimi mesi; –   Altri fattori quali il peso del fatturato estero, la numerosità dei marchi/brevetti, ecc. Particolarmente rilevante è il peso della componente Bilancio, che viene indagata tramite ratios di bilancio differenti a seconda dell’attività svolta [continua ..]


3. Considerazioni conclusive