In apertura della mia relazione, vorrei sottolineare che essendomi, negli ultimi anni, dovuta occupare ripetutamente, a livello professionale, di questioni significative e contenziosi rilevanti attinenti all’istituto del fondo patrimoniale mi sono resa conto, in primis, della mole sterminata di pubblicazioni, sentenze e di provvedimenti giudiziari che hanno rivolto la loro attenzione, anche recentemente, alla materia, ma, al contempo, ho dovuto anche prendere atto dell’assoluta incertezza che continua a regnare su tale argomento. In effetti, non si può non rilevare il difetto di chiarezza ed univocità inerente l’effettiva – e potrei dire rinnovata – utilità del fondo patrimoniale, istituto che – come noto – è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico nell’anno 1975, con la riforma del diritto di famiglia, la legge 19 maggio 1975, n. 151 in luogo del patrimonio familiare al fine di consentire alla famiglia di poter contare su un substrato patrimoniale in grado di garantire i bisogni del nucleo familiare.
Il difetto di chiarezza lamentato non è stato supplito neppure dalla giurisprudenza, nozione da intendersi in senso ampio ricomprendente sia le pronunce rese nel merito che in sede di legittimità, senza dimenticare i numerosissimi provvedimenti statuiti dalle commissioni tributarie (provinciali e regionali) che, successivamente, impegnano – in sede di legittimità – la Suprema Corte (nella sua composizione tributaria) che denotano orientamenti ondivaghi in quanto sovente, nel merito, si presentano di diverso contenuto a seconda del differente ambito territoriale di appartenenza del Giudicante, oltre che al diverso momento storico in cui sono state pronunciate.
Come detto, dall’attenta disamina delle pronunce che si sono susseguite ripetutamente sul tema, non è dato acquisire un orientamento od indirizzo interpretativo chiaro, che ci fornisca le linee guida da seguire in sede applicativa pratica, tanto da far seriamente dubitare della persistente utilità concreta del fondo patrimoniale. Ogni professionista attento all’argomento non può non domandarsi se l’istituto presenti tuttora utilità in sede pratica, tale da renderlo ancora consigliabile ai clienti al fine di proteggere il patrimonio familiare, oppure debba ormai essere considerato un contenitore privo di sostanza, carente di contenuto e, pertanto, destinato ad essere sostituito (o, forse, eliso del tutto) dallo stesso testo del nostro codice civile.
Nel prosieguo del mio intervento tenterò di fornire una risposta a tale quesito, concentrandomi, in particolar modo, su un orientamento giurisprudenziale recentissimo emerso da una serie di pronunce statuite dalla Corte di Cassazione nell’arco temporale ricompreso tra l’ottobre 2016 sino al maggio 2017, dal quale sono scaturiti alcuni punti fermi che, [continua..]