Nelle relazioni precedenti sono stati individuati ed esaminati i principali strumenti di tutela del patrimonio familiare.
Alcuni di tali strumenti fanno riferimento ad istituti di diritto positivo, quali il fondo patrimoniale o gli atti di destinazione del patrimonio per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela (ex art. 2645-ter c.c.); altri, invece, fanno riferimento ad istituti non espressamente disciplinati dal nostro Legislatore, ma comunque “tollerati” dall’ordinamento, ancorché appartenenti a traduzioni giuridiche diverse dalla nostra. Mi riferisco, in particolare, al trust, che sappiamo essere “riconosciuto” in forza della legge n. 364/1989, con la quale l’Italia ha ratificato la Convenzione dell’Aja del 1° agosto 1985.
Il trust ancora oggi è una specie di oggetto misterioso, che certamente presenta notevoli potenzialità applicative, ma che – sul punto occorre essere onesti – in Italia non sempre gode di buona fama, anche a causa dell’impiego distorto che sovente ne è stato fatto da parte di una ampia platea di soggetti, che hanno creduto di poter individuare nel trust una sorta di mantello magico dell’invisibilità, sotto il quale far sparire al fisco e ai creditori le proprie ricchezze.
Gli atti di tutela del patrimonio, al quale è dedicato il presente incontro si studio, sono certamente ammessi, purché, nei presupposti, nelle modalità di applicazione e negli effetti, rispettino i limiti fissati dall’ordinamento. Abbiamo visto, nelle relazione precedenti, quali possono essere le conseguenze, sotto il profilo civilistico e di diritto fallimentare, del mancato rispetto di tali limiti. Si tratta di conseguenze che colpiscono il patrimonio del soggetto disponente, e che mirano pertanto ad offrire un rimedio ai soggetti che dall’atto di segregazione hanno subito un nocumento. Ma l’ordinamento non si limita ad offrire rimedi di natura civilistica, perché gli atti di segregazione del patrimonio possono anche assumere rilevanza penale, qualora siano posti in essere con determinate modalità. Così, per esempio, un fondo patrimoniale o un trust possono integrare la condotta materiale del delitto di bancarotta, o assumere rilevanza penale sotto il profilo della violazione della normativa fiscale-tributaria, o ancora, integrare gli estremi della truffa, dell’inadempimento doloso a un ordine del giudice, e così via.Taluni di questi aspetti verranno affrontati negli interventi che seguiranno.
Con la presente relazione, in particolare, si cercherà di comprendere, in sintesi, se e quando gli strumenti di protezione patrimoniale possano assumere rilevanza penale nel caso in cui chi li ha adottati fallisca e quindi, in buona sostanza, se e quando possano configurare il delitto di bancarotta.
Nel [continua..]