Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Trasformazione di s.r.l., diritti particolari e categorie di quote (di Marco Maltoni)


L’approfondimento fornisce il quadro di riferimento in materia di trasformazione di una società a responsabilità limitata, tenuto conto dei soci titolari di diritti particolari, nonché delle categorie di quote. In tale prospettiva di analisi, la trattazione prende avvio dalla disciplina dei quozienti per deliberare la trasformazione di una società, per poi soffermarsi sulla questione dei diritti particolari. Infine, l’approfondimento analizza la trasformazione nel caso in cui siano presenti categorie di quote.

Transformation of limited liability company, special rights and categories of shares

The paper provides the reference framework for the transformation of a limited liability company, within the context of shareholders with special rights, as well as the categories of shares. Against this background, the dissertation starts from the discipline of quorum to deliberate the transformation of a company, and then it focuses on the question of particular rights. At the end, the paper analyzes the transformation in the event that there are categories of units.

SOMMARIO:

1. La questione - 2. Riepilogo della disciplina dei quozienti per deliberare la trasformazione di una società - 3. I quozienti deliberativi per decidere la trasformazione in presenza di diritti particolari - 4. La trasformazione della s.r.l. in presenza di categorie di quote - NOTE


1. La questione

Si ritiene, anche nella migliore prassi notarile, che sia necessario il consenso dei soci titolari di diritti particolari per deliberare la trasformazione di una società a responsabilità limitata che determini il venir meno di detti diritti, salvo che lo statuto della società da trasformare non ne preveda, ai sensi dell’art. 2468, comma 4, c.c. la modificabilità a maggioranza [1]. La regola, desunta intuitivamente dalla norma del comma 3 dell’art. 2468 c.c., non mi convince, per le ragioni che si andranno ad esporre, occasione di riflessione sull’autonomia e sulla prevalenza sistematica della disciplina della trasformazione. Sia detto per inciso: l’applicazione letterale della richiamata disposizione comporta che la trasformazione capace di determinare quegli effetti dovrebbe essere decisa all’unanimità, poiché “i diritti particolari possono essere modificati solo con il consenso di tutti i soci”. Occorre far precedere una precisazione: la questione è affrontata solo con riferimento alla rilevanza della conformazione statutaria del modello di partenza sul quoziente necessario per deliberare la trasformazione, senza considerare il diverso tema della rilevanza, ai medesimi effetti, delle regole che si vogliono introdurre nello statuto del modello di arrivo, rispetto alle quali vale la norma dell’art. 2500, comma 2, c.c., ai sensi del quale “l’atto di trasformazione è soggetto alla disciplina prevista per il tipo adottato”. In altri termini, qualora si intenda trasformare un ente qualsiasi in società a responsabilità limitata con attribuzione, in quest’ultima, di diritti particolari a taluno dei partecipanti, occorre che la decisione sia assunta all’unanimità, poiché questa è la regola valevole per il tipo di arrivo [2].


2. Riepilogo della disciplina dei quozienti per deliberare la trasformazione di una società

Poiché si tratta di un problema di quozienti deliberativi, muoverei dalla succinta ricognizione dei dati normativi che se ne occupano e dei relativi approdi interpretativi, che vengo ad esporre in maniera schematica, e come tale certamente inelegante, ma forse più funzionale alla sintesi. Si rileva così che: – per deliberare la trasformazione è sufficiente il quoziente richiesto per le modifiche statutarie genericamente intese, come chiarito normativamente nell’art. 2500 sexies, comma 1, c.c. qualora lo schema organizzativo di approdo sia una società di persone, e come è pacifico sul piano interpretativo qualora consista nel mero avvicendamento di discipline organizzative nell’ambito della classe delle società di capitali [3]- [4]; – la medesima regola è prevista nell’art. 2500 ter, comma 1, c.c., qualora la decisione abbia ad oggetto la trasformazione di una società di persone in società di capitali, in deroga alla disciplina generale sulle modifiche del contratto sociale contenuta nell’art. 2252 c.c.; – anche per deliberare la trasformazione eterogenea è sufficiente il voto favorevole della maggioranza, seppure qualificata, del capitale sociale (art. 2500 septies, comma 3, c.c. [5]); val forse la pena rammentare che prima della riforma del 2003 si notava che l’eterogeneità della trasformazione avrebbe potuto sollevare, fra l’altro, una questione di tutela dei soci sul piano delle ragioni del­l’investimento, problema che poteva essere risolto solo tramite una manifestazione di consenso individuale di tutti gli interessati alla trasformazione [6], e quindi tramite una decisione unanime; il legislatore della riforma ha inteso privilegiare le ragioni dei più, in termini di investimento quantitativo, rispetto a quelle del singolo, (ulteriore) espressione di favore per l’istituto; – a fronte di un mutamento potenzialmente assai significativo delle regole che governano l’investimento la legge riconosce al socio di minoranza, in quanto non consenziente, il solo diritto di recedere, ovvero di disinvestire, sia nelle società di capitali (art. 2437 c.c. e 2473 c.c.), sia nelle società di persone (art. 2500 ter c.c.); – il disinvestimento, mediante esercizio del diritto di recesso, rappresenta (almeno nelle società di capitali) la sola chance [continua ..]


3. I quozienti deliberativi per decidere la trasformazione in presenza di diritti particolari

Sostenere che la delibera di trasformazione di una s.r.l. debba conseguire il consenso individuale dei soci titolari di diritti particolari significa risolvere il conflitto fra investitori a vantaggio di questi ultimi anche nel momento in cui si discute e decide in ordine alla conservazione o al mutamento delle regole di organizzazione dell’attività comune. Anche in tale frangente, il socio titolare del diritto particolare godrebbe di un potere di veto. A ben vedere, l’applicazione letterale dell’art. 2468, comma 3, c.c. costringerebbe a ottenere il consenso di ogni socio, se in essa deve reperirsi la fonte della regola interpretativa. Tale consapevolezza ha indotto a sostenere che quella stessa regola altro non sia che il corollario del principio secondo il quale il socio non può subire, senza il suo consenso, aggravamenti della propria posizione soggettiva, principio del quale sarebbe espressione anche la regola che prescrive il consenso individuale di coloro che per effetto della trasformazione assumono la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali. Ne deriva che non sarebbe necessario postulare l’applicazione analogica [9] dell’art. 2468, comma 3, c.c., che, seppur rappresenta il fondamento sistematico della soluzione, costringerebbe ad ottenere il consenso di tutti soci, ma sarebbe sufficiente invocare la regola stabilita nell’art. 2500 sexies, comma 1, secondo periodo, c.c. [10]. La precisazione, pur vera, non elimina il fatto che la regola che se ne ricava è nel segno della prevalenza della disciplina dei diritti particolari sulla disciplina della trasformazione, risultato che, come anticipato, non mi sembra convincente alla luce dell’impianto sistematico complessivo che mi pare di desumere dalla seconda. In senso opposto (quello della prevalenza della disciplina della trasformazione su quella dei diritti particolari), infatti, si potrebbe rilevare, in primo luogo, che il socio di s.r.l. è titolare di prerogative legali individuali considerate inderogabili, ovvero il diritto di promuovere l’azione di responsabilità (art. 2476, comma 3, c.c.) [11], il diritto di controllo previsto nell’art. 2476, comma 2, c.c. [12], e anche il diritto di impugnare le decisioni dei soci (art. 2479 ter, comma 1, c.c.), e che tuttavia nessuno si è spinto a sostenere che, seppur inderogabili, le stesse siano capaci di impedire di [continua ..]


4. La trasformazione della s.r.l. in presenza di categorie di quote

La possibilità per le società a responsabilità con le caratteristiche di P.M.I. di organizzare la partecipazione al capitale mediante la creazione di categorie di quote, come già ricordato, costringe a misurarsi con una questione inedita per il tipo, quella della rilevanza o meno della presenza di tali quote agli effetti del procedimento decisionale di un’operazione straordinaria. In termini generali è orientamento condiviso che la soluzione dei problemi che la nuova prerogativa organizzativa solleva possa essere cercata rivolgendosi alla disciplina della s.p.a., tradizionalmente caratterizzata dalla facoltà di diversificare le partecipazioni dei soci mediante la creazione di categorie di azione connotate dall’attribuzione al titolare di prerogative particolari. Viene in gioco la disposizione dell’art. 2376 c.c., ritenuta applicabile per analogia alla s.r.l., ai sensi della quale le deliberazioni che pregiudicano i diritti di una categoria devono essere approvate dall’assemblea speciale degli appartenenti alla categoria interessata [17]. Il richiamo, invero, per quanto necessario, può non risultare dirimente, poiché i confini di applicazione della norma dell’art. 2376 c.c. sono notoriamente incerti, ed oggetto di un mai sopito dibattito volto a distinguere fra delibere che producono un pregiudizio diretto alla categoria, e come tale oggetto anche di una delibera dell’assemblea speciale, e delibere capaci di arrecare solo un pregiudizio indiretto o di fatto, e quindi di competenza esclusiva dell’as­semblea generale [18]. Si è sostenuto che “una sostanziale ed equivalente riduzione della posizione privilegiata dell’azionista di categoria può conseguire sia ad una delibera di riduzione “diretta” del privilegio, sia ad una delibera di tipo diverso, ma che “indirettamente” ottenga lo stesso risultato (...), e non ha senso limitare la tutela prevista dall’art. 2376 c.c. solo alla prima ipotesi” [19]. Il problema, quindi, sarebbe quello “di verificare con attenzione se la singola operazione, globalmente considerata, e nei suoi effetti finali, comporti “indirettamente” per gli azionisti di categoria un pregiudizio in qualche modo equivalente ad un pregiudizio “diretto (pregiudizio di diritto, e non di fatto, e che non sia comune, ed in maniera paritaria, a [continua ..]


NOTE