Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Le imposte anticipate e differite: una overview sulla disciplina nazionale e internazionale (di Luciano M. Quattrocchio Francesca Grillo)


SOMMARIO:

1. Premessa. L'iter storico - 2. I criteri generali di redazione del bilancio d'esercizio (postulati) e la rilevazione della fiscalità differita attiva - 3. L'iscrizione della fiscalità differita attiva sulle differenze temporanee deducibili - 4. L'iscrizione della fiscalità differita attiva sulle perdite fiscali - 5. Il requisito della 'ragionevole certezza' e l'importanza della formale approvazione di Piani industriali attendibili - 6. La rilevazione e la rappresentazione della fiscalità differita attiva nel bilancio IAS-based: cenni - 7. Il Documento del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. 'Linee guida alla redazione del Business Plan' (Maggio 2011) [9]: la best practice - Note


1. Premessa. L'iter storico

La fiscalità differita – attiva e passiva – è divenuta oggetto di studio in Italia a partire dall’attuazione della IV [1] e della VII [2]direttiva CEE. Infatti, nonostante il d.lgs. 9 aprile 1991, n. 127 – recante l’“Attuazione delle direttive n. 78/660/CEE e n. 83/349/CEE in materia societaria, relative ai conti annuali e consolidati, ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 26 marzo 1990, n. 69” – non ne facesse esplicita menzione, la statuizione legislativa di principi preposti alla redazione del bilancio d’esercizio, come quello della competenza e della continuità aziendale, ha destato l’attenzione sulle problematiche connesse al tema della fiscalità differita. Più in particolare, la normativa in vigore sino al 31 dicembre 2003 non considerava espressamente il fenomeno delle differenze temporanee (temporary differences in ambito internazionale), che – per contro – venivano prese espressamente in considerazione dal Principio Contabile n. 25, emanato, nel marzo del 1999, dalla Commissione per la Statuizione dei Principi Contabili dei Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri e recante “Il trattamento contabile delle Imposte sul reddito”. È solo con l’entrata in vigore del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 recante la “Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge delega 3 ottobre 2001, 366” – che la fiscalità differita viene esplicitamente menzionata nella normativa civilistica. L’inten­zione di colmare una lacuna della disciplina sino ad allora in vigore, che non prevedeva esplicitamente la rappresentazione contabile delle imposte differite, è – d’altronde – rinvenibile nella relazione accompagnatoria a tale legge, ove si metteva in evidenza il problema dell’adattamento e dell’integrazione dei previgenti schemi di bilancio. Da qui l’introduzione – operata dal decreto legislativo in parola – nell’atti­vo dello schema di stato patrimoniale, nella voce CII, di due apposite voci, ossia “crediti tributari” (voce 4-bis) e “imposte anticipate” (voce 4-ter) [3]. Inoltre, nel passivo dello schema di stato patrimoniale, fra i fondi rischi ed oneri, veniva integrata la dizione della [continua ..]


2. I criteri generali di redazione del bilancio d'esercizio (postulati) e la rilevazione della fiscalità differita attiva

La redazione del bilancio d’esercizio, per le società che non sono tenute all’applicazione dei Principi Contabili Internazionali, è disciplinata dagli artt. 2423 ss. c.c., opportunamente interpretati ed integrati dai Principi Contabili nazionali. In tale contesto, l’obbligo dell’iscrizione in bilancio delle imposte differite (attive e passive) costituisce la naturale applicazione dei principi generali di redazione del bilancio d’esercizio, la chiarezza e la veritiera e corretta rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato d’e­sercizio (art. 2423, comma 2, c.c.), nonché dei principi di redazione, la prudenza e la competenza (art. 2423-bis, commi 1 e 3, c.c.). A tali principi generali, si affiancano poi i criteri di valutazione, e in particolare quello relativo agli accantonamenti ai fondi per rischi ed oneri (art. 2424-bis, comma 3, c.c.), nonché quello riguardante la distribuzione di utili (art. 2433, comma 2, c.c.). In particolare, le imposte anticipate riguardano l’ipotesi di fiscalità differita attiva e derivano dalle differenze temporanee deducibili negli esercizi successivi, ovvero dal disallineamento tra la valutazione civilistica e quella fiscale di un’attività o di una passività, nonché dal riporto a nuovo delle perdite fiscali ai sensi dell’art. 84 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). In particolare, il differimento della fiscalità si realizza qualora, a partire dal risultato reddituale ante imposte civilisticamente determinato, apportando a quest’ultimo – in applicazione della relativa disciplina fiscale – le variazioni in aumento e/o in diminuzione, si pervenga a un valore fiscalmente riconosciuto dei componenti positivi e negativi di reddito differente rispetto a quello civilistico, sicché le imposte anticipate rappresentano le imposte monetizzate nell’esercizio in cui si contabilizza l’operazione ad esse correlata, pur essendo considerate di competenza degli esercizi futuri. E invero, il Principio Contabile OIC n. 25 (par. 14) specifica che «Le differenze temporanee deducibili generano imposte anticipate, ossia imposte dovute nell’esercizio in corso superiori alle imposte di competenza rilevate in bilancio. La società iscrive, pertanto, un’attività per imposte anticipate [continua ..]


3. L'iscrizione della fiscalità differita attiva sulle differenze temporanee deducibili

3.1. Le definizioni Le imposte differite – attive e passive – sono originate da componenti di costo e/o di ricavo che, rilevate per competenza civilistica nell’esercizio in chiusura, esplicano fiscalmente i loro effetti negli esercizi successivi, in forza del disallineamento – con riferimento alla medesima voce di bilancio – tra valore contabile e valore fiscalmente riconosciuto. Il Principio Contabile OIC n. 25 (par. 6) afferma, infatti, che «Le imposte correnti rappresentano le imposte sul reddito dovute riferibili al reddito imponibile di un esercizio. L’ammon­tare delle imposte correnti (o dovute) non coincide generalmente con l’am­montare delle imposte di competenza dell’esercizio, in quanto, per effetto delle diversità tra le norme civilistiche e fiscali, i valori attribuiti ad un’attività o passività secondo criteri civilistici possono differire dai valori riconosciuti a tali elementi ai fini fiscali». Lo stesso Principio Contabile OIC n. 25 definisce “differenza temporanea” la differenza – ad una certa data – tra il valore civilistico di un’attività o di una passività ed il corrispondente valore riconosciuto ai fini fiscali, se la stessa è destinata ad annullarsi negli esercizi successivi, oggetto di iscrizione in bilancio. Qualora, invece, la differenza non fosse destinata ad annullarsi negli esercizi futuri, essa configura l’ipotesi di “differenza permanente” e, per sua natura, non richiede la rilevazione in bilancio della fiscalità differita. Le differenze temporanee si distinguono in: differenze temporanee imponibili negli esercizi successivi, ossia differenze che, nella determinazione del reddito imponibile (perdita fiscale) di esercizi successivi, si tradurranno in importi imponibili quando il valore contabile dell’attività o della passività sarà estinto o realizzato, in tutto o in parte; esse generano imposte differite, ossia imposte che, pur essendo di competenza del­l’esercizio, sono dovute in esercizi futuri e per le quali la società iscrive, di conseguenza, una passività per imposte differite; differenze temporanee deducibili negli esercizi successivi, ossia differenze che, nella determinazione del reddito imponibile (perdita fiscale) di esercizi successivi, si tradurranno in importi deducibili [continua ..]


4. L'iscrizione della fiscalità differita attiva sulle perdite fiscali

L’attività di valutazione richiesta all’organo amministrativo, circa la presenza o meno delle condizioni necessarie per l’iscrizione in bilancio della fiscalità differita attiva (imposte anticipate), risulta essere particolarmente delicata nei casi in cui le attività per imposte anticipate derivino, oltre che dalle differenze temporanee deducibili (v. supra), dal riporto a nuovo delle perdite fiscali, così come consentito dalla normativa fiscale di riferimento. Come è noto, l’art. 84, comma 1, TUIR (rubricato “Riporto delle perdite”) prevede che «La perdita di un periodo d’imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi in misura non superiore all’ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare [...]». Tale previsione non trova applicazione per le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta: queste ultime, ai sensi del comma 2 dell’articolo in parola, possono infatti essere integralmente recuperate solo a condizione che le stesse si riferiscano ad una nuova attività produttiva. Il meccanismo di riporto delle perdite ex art. 84 TUIR, in presenza di determinati requisiti, in seguito esplicitati, conduce all’iscrizione in bilancio delle imposte anticipate, classificandosi lo stesso come una delle ipotesi di determinazione della fiscalità differita attiva. Infatti, la possibilità di riportare le perdite – in diminuzione di futuri imponibili fiscali – genera, per il principio della competenza economica, una differenza temporanea di imposta deducibile, poiché il correlato beneficio futuro, consistente in una riduzione del carico fiscale degli esercizi futuri, è di competenza dell’esercizio in cui le perdite fiscali si sono manifestate. Di conseguenza, si rende necessario, per il redattore del bilancio d’eser­cizio, operare un’attenta valutazione della possibilità di iscrizione delle imposte anticipate sulle perdite conseguite. Sul piano operativo ed in via generale, affinché ciò sia possibile, è necessario che negli esercizi futuri la società produca redditi fiscali positivi e tali da generare imposte in grado di [continua ..]


5. Il requisito della 'ragionevole certezza' e l'importanza della formale approvazione di Piani industriali attendibili

Il Principio Contabile OIC n. 25, ritiene comprovata la sussistenza dalla “ragionevole certezza” qualora sia verificata almeno una delle circostanze sotto esposte. In particolare, con riferimento alla rilevazione delle attività per imposte anticipate sulle differenze temporanee deducibili (par. 41), la sussistenza della “ragionevole certezza” è comprovata quando, alternativamente: • esiste una proiezione dei risultati fiscali della società (pianificazione fiscale) per un periodo di tempo ragionevole, da cui si evince l’esistenza, negli esercizi in cui si annulleranno le differenze temporanee deducibili, di redditi imponibili non inferiori all’ammontare delle differenze che si annulleranno; • negli esercizi in cui si prevede l’annullamento della differenza temporanea deducibile, vi sono sufficienti differenze temporanee imponibili di cui si prevede l’annullamento. Relativamente alla rilevazione delle attività per imposte anticipate sulle perdite fiscali (patr. 50), il requisito della “ragionevole certezza” sussiste quando, alternativamente: • esiste una proiezione dei risultati fiscali della società (pianificazione fiscale) per un ragionevole periodo di tempo, in base alla quale si prevede di avere redditi imponibili sufficienti per utilizzare le perdite fiscali; • vi sono imposte differite relative a differenze temporanee imponibili, sufficienti per coprire le perdite fiscali, di cui si prevede l’annullamento in esercizi successivi. A tal proposito, il Documento precisa che il confronto deve essere fatto tra perdita fiscale e differenze imponibili in futuro. Il nuovo Principio Contabile OIC n. 25, applicabile ai bilanci con esercizi avente inizio a partire dal 1° gennaio 2016 o da data successiva, individua, quale indicatore significativo della circostanza che in futuro la società non sia in grado di conseguire un reddito imponibile, l’esistenza – soprattutto in presenza di una storia di perdite recenti – di perdite fiscali non utilizzate. Vale la pena prendere in considerazione esclusivamente la prima delle due situazioni sopra esposte, tralasciando la seconda, la quale semplicemente prevede – ai fini dell’iscrizione in bilancio delle imposte anticipate – la presenza, nel passivo dello stato patrimoniale, di imposte differite relative a differenze temporanee [continua ..]


6. La rilevazione e la rappresentazione della fiscalità differita attiva nel bilancio IAS-based: cenni

Lo IAS n. 12 – rubricato “Income taxes” – definisce il trattamento contabile delle imposte sul reddito (imposte correnti e imposte differite). Come in precedenza detto, la prassi italiana in tema di rilevazione della fiscalità differita attiva, rispetto allo IAS n. 12, risulta essere improntata ad un maggior rigore: mentre, infatti, il Principio Contabile OIC n. 25 richiede l’esistenza della “ragionevole certezza” di ottenere in futuro imponibili fiscali sufficienti ad assorbire le imposte anticipate emergenti, lo IAS n. 12 ne richiede solo la “probabilità”. Come meglio si esporrà, lo IAS n. 12, prevedendo l’iscrizione in bilancio delle imposte anticipate (“attività fiscali differite” nel gergo internazionale) nei termini di cui sopra, consente comunque di tenere conto anche dei possibili effetti derivanti da eventuali strategie di tax planning. Il Documento in parola definisce le “attività fiscali differite” come gli importi delle imposte sul reddito recuperabili negli esercizi futuri riferibili a: • differenze temporanee (temporary differences) deducibili; • riporto a nuovo di perdite fiscali non utilizzate (tax loss carry forward); • riporto a nuovo di crediti d’imposta non utilizzati. Le differenze temporanee deducibili sorgono dalla differenza tra il valore contabile di un’attività o di una passività nello stato patrimoniale e il suo valore riconosciuto ai fini fiscali (tax base). In particolare, esse rappresentano le differenze temporanee che, nella determinazione del reddito imponibile (perdita fiscale) di esercizi futuri, si tradurranno in importi deducibili quando il valore contabile dell’attività o della passività sarà realizzato o estinto. Relativamente ai requisiti per l’iscrizione della fiscalità differita attiva derivante da differenze temporanee deducibili, lo IAS n. 12 (parr. 27-31) afferma che, traducendosi l’annullamento delle differenze temporanee deducibili in deduzioni dai redditi imponibili degli esercizi futuri, tale beneficio economico affluirà alla legal entity solo se essa realizzerà in futuro redditi imponibili sufficienti affinché le deduzioni siano compensate. Di conseguenza, un’attività fiscale differita potrà essere rilevata solo quando sia [continua ..]


7. Il Documento del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. 'Linee guida alla redazione del Business Plan' (Maggio 2011) [9]: la best practice

7.1. Premessa Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha pubblicato – in data 5 maggio 2011 – un Documento di best practice, finalizzato alla definizione di linee guida alla elaborazione del Business Plan. Nello specifico, il citato Documento, oltre a fornire una definizione di Business Plan, richiama e aggiorna i “Principi generali di redazione del Business Plan”– approvati dal CNDCEC in data 9 dicembre 2003 – e definisce il contenuto minimo che lo stesso deve avere. 7.2. I principi generali di redazione del Business Plan Il Business Plan si configura come un moderno strumento di simulazione della dinamica aziendale a medio-lungo termine, costituito da una serie di documenti nei quali è rappresentata, in termini qualitativi e quantitativi l’i­dea imprenditoriale. Esso rappresenta un valido supporto sia nelle “fasi stra­ordinarie” della vita dell’impresa (la nascita, la crescita, l’aggre­gazione), sia nella “fase ordinaria” della gestione corrente, nonché nelle situazioni di crisi. Naturalmente, in virtù del fine a cui è preposto, il Business Plan non costituisce uno strumento statico di previsione, ma rappresenta un elaborato di­namico che deve evolversi unitamente al progetto sottostante, con l’obiettivo di fornire ai singoli utilizzatori le direttive strategiche, economiche, finanziarie e patrimoniali. I principi generali di redazione a cui ci si dovrebbe ispirare in sede di impostazione e realizzazione del Business Plan sono i seguenti: ñ chiarezza; ñ completezza; ñ affidabilità; ñ attendibilità; ñ neutralità; ñ trasparenza; ñ prudenza. Il principio della “chiarezza” deve essere inteso come semplicità di lettura e comprensibilità. Il suo rispetto consente al destinatario del Business Plan di comprendere immediatamente l’idea imprenditoriale, gli obiettivi conseguenti, gli strumenti e soluzioni con i quali si intende realizzarla e le risorse con le quali si intende sostenerla. Il principio in parola comporta, quale condizione necessaria – ma non sufficiente – la presenza del requisito dell’univocità terminologica, al fine di evitare equivoci [continua ..]


Note