Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


L'usura nei rapporti di conto corrente: un'antinomia nella formula del T.E.G. (di Luciano M. Quattrocchio Bianca M. Omegna Valentina Bellando)


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Verifica dell'usurarietà nei rapporti di conto corrente - 3. Considerazioni sulla diversa incidenza degli interessi e degli oneri - 4. Conclusioni - Note


1. Premessa

Come è noto, la verifica dell’eventuale superamento della soglia usuraria nei rapporti di conto corrente bancario deve essere effettuata facendo ricorso ad una formula di calcolo elaborata dalla Banca d’Italia, sulla base della quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze elabora – tenendo conto dei dati raccolti presso gli intermediari finanziari – il tasso mediamente applicato. La formula si compone di due addendi che “pesano”, rispettivamente, l’in­cidenza degli interessi applicati e degli altri oneri addebitati. Il presente lavoro si propone di esaminare se il concorso delle due componenti conduca a risultati univoci ovvero se una diversa ripartizione fra gli interessi e gli oneri possa sortire effetti diversi in termini di superamento del tasso soglia e, di conseguenza, gli intermediari finanziari possano perseguire strategie di ottimizzazione dei “pesi”, senza incorrere nel reato di usura. 2. Verifica dell’usurarietà nei rapporti di conto corrente


2. Verifica dell'usurarietà nei rapporti di conto corrente

2.1. Premessa Come è noto, la verifica dell’eventuale usurarietà degli interessi applicati nei rapporti di conto corrente bancario viene effettuata avendo riguardo ad ogni singolo trimestre, attraverso la verifica dell’eventuale superamento del limite usurario, mediante raffronto tra il tasso effettivamente applicato e le soglie rilevate trimestralmente. Per la determinazione delle soglie, la Banca d’Italia ha diramato “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura”, che – nel corso del tempo – hanno subito cambiamenti anche con riguardo alla composizione della formula di calcolo del T.E.G. 2.2. Le istruzioni della Banca d’Italia 2.2.1. La versione originaria La Banca d’Italia, nella versione originaria (rectius, nella versione poi modificata) delle “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura” (2006) [1], aveva previsto quanto segue: «La commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del T.E.G. Essa viene rilevata separatamente, espressa in termini percentuali. Tale commissione nella tecnica bancaria viene definita come il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto del conto. Tale compenso – che di norma viene applicato allorché il saldo del cliente risulti a debito per oltre un determinato numero di giorni – viene calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento. Il calcolo della percentuale della commissione di massimo scoperto va effettuato, per ogni singola posizione rientrante nelle Categorie 1, 2 e 5, rapportando l’importo della commissione effettivamente percepita all’ammontare del massimo scoperto sul quale è stata applicata. Tale commissione è strutturalmente connessa alle sole operazioni di finanziamento per le quali l’utilizzo del credito avviene in modo variabile, sul presupposto tecnico che esista uno “scoperto di conto”. Pertanto, analoghe commissioni applicate ad altre categorie di finanziamento andranno incluse nel calcolo del T.E.G. In occasione di passaggi a debito di conti non affidati la commissione non è oggetto di rilevazione purché [continua ..]


3. Considerazioni sulla diversa incidenza degli interessi e degli oneri

3.1. Profili di carattere generale Anzitutto si deve rilevare che il risultato della formula non è un tasso di interesse, ma – più propriamente – un tasso di onerosità, in quanto tiene conto non soltanto degli interessi applicati, ma di tutti gli oneri addebitati. È opportuno, inoltre, porre in evidenza che i due addendi di cui si compone la formula non sono omogenei: il primo ha, come periodo di riferimento, il trimestre; il secondo ha, invece, un periodo di riferimento pari a(gli ultimi) quattro trimestri. Occorre, infine, aggiungere che il primo addendo è caratterizzato da una certa omogeneità fra dividendo e divisore: il dividendo reca, infatti, gli interessi applicati nel trimestre; il divisore riporta l’esposizione media del trimestre (rideterminata in termini di “numeri debitori”), da cui scaturiscono gli interessi applicati. Per contro, nel secondo addendo vi è totale disomogeneità fra numeratore e denominatore: il numeratore riporta, infatti, gli oneri addebitati negli ultimi quattro trimestri; il denominatore reca, invece, l’affidamento che – nella vigenza della commissione di massimo scoperto – non aveva alcuna correlazione né con quest’ultima, che produceva oneri in funzione del massimo scoperto e non dell’affidamento concesso, né con gli altri oneri, che dipendevano in larga parte del numero e dall’entità delle operazioni effettuate. 3.2. Ipotesi applicative 3.2.1. Una evidente antinomia nella formula Nell’applicazione concreta emerge un’antinomia della formula di calcolo del T.E.G., potendosi pervenire – in presenza degli stessi oneri complessivi – al superamento del tasso soglia, a seconda della diversa ripartizione fra interessi applicati ed oneri addebitati. Al fine di apprezzare numericamente tale circostanza, si riportano di seguito i prospetti di calcolo relativi a tre distinte ipotesi: Ipotesi 1: l’affidamento è utilizzato integralmente per l’intero trimestre, senza rimesse e senza prelevamenti; Ipotesi 2: l’affidamento è sotto-utilizzato per l’intero trimestre, con rimesse e prelevamenti; Ipotesi 3: l’affidamento è sistematicamente sovra-utilizzato per l’intero trimestre, con rimesse e prelevamenti. Per ragioni di opportuno confronto, si riporta anche il risultato [continua ..]


4. Conclusioni

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, possono essere tratte le seguenti conclusioni: • la formula di calcolo del T.E.G. è caratterizzata da una serie di antinomie, che ne vanificano la rappresentatività: ◦ i due addendi di cui si compone la formula non sono omogenei: – il primo ha, come periodo di riferimento, il trimestre; – il secondo ha, invece, un periodo di riferimento pari a(gli ultimi) quattro trimestri; ◦ il primo addendo è caratterizzato da una certa omogeneità fra dividendo e divisore: – il dividendo reca, infatti, gli interessi applicati nel trimestre; – il divisore riporta l’esposizione media del trimestre, da cui scaturiscono gli interessi applicati; ◦ nel secondo addendo vi è totale disomogeneità fra numeratore e denominatore: – il denominatore riporta, infatti, gli oneri addebitati negli ultimi quattro trimestri; – il denominatore reca, invece, l’affidamento che – nella vigenza della commissione di massimo scoperto – non aveva alcuna correlazione né con quest’ultima, che produceva oneri in funzione del massimo scoperto e non dell’affidamento concesso, né con gli altri oneri, che dipendevano in larga parte del numero e dall’entità delle operazioni effettuate; • l’applicazione della formula di calcolo del T.E.G. può condurre – in presenza degli stessi oneri complessivi – al superamento del tasso soglia, a seconda della diversa ripartizione fra interessi applicati ed oneri addebitati; • la massimizzazione dell’utilità per la banca coincide con l’applicazione di un tasso di interesse contenuto e l’addebito di oneri elevati; • contenendo il T.E.G. nei limiti del tasso soglia, il T.A.E.G. risulta superiore soltanto nell’ipotesi in cui il correntista non utilizzi tutta la linea di affidamento e si applichi un tasso di interesse contenuto.


Note