Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Le società nel settore agricolo: società agricola et alias (di Luciano M. Quattrocchio)


L’autore fornisce un’approfondita analisi della società agricola. Egli muove dell’evoluzio­ne delle diverse figure imprenditoriali in ambito agricolo, quali quella del coltivatore diretto di cui all’art. 2083 c.c. e dell’imprenditore agricolo di cui all’art. 2135 c.c., ai quali si affianca la moderna figura dell’“Imprenditore agricolo professionale”, introdotta dal d.lgs. n. 99/2004. La trattazione si incentra – poi – sulla società semplice agricola, con un iniziale focus civilistico sulla società semplice, nel quale l’autore tratta il dibattuto tema dell’uso abusivo di tale forma societaria qualora relegata a strumento di “mero godimento”. Infine, l’autore mette in evidenza l’iter di costituzione della società semplice agricola, con particolare attenzione ai requisiti – soggettivi e oggettivi – affinché un’attività possa ritenersi connessa a quella agricola, alla natura dell’iscrizione al registro delle imprese e, infine, ai requisiti per ottenere la qualifica “IAP”. L’approfondimento termina con l’elencazione delle ulteriori forme societarie utilizzabili, previo possesso di determinati requisiti, per lo svolgimento dell’attività agricola, nonché con un’interessante analisi, attraverso la citazione di giurisprudenze di merito e di legittimità, dell’insolvenza delle società agricole.

The author gives an in-depth analysis of the agricultural company. He moves of the development of the various entrepreneurial figures in the agricultural field, such as that of the self-employed farmer, referred to in art. 2083 civil code, and of the agricultural entrepreneur, referred to in art. 2135 civil code, which are accompanied by the modern figure of the “professional agricultural entrepreneur”, introduced by legislative decree no. 99/2004. Then, the treatise concentrates on the società semplice agricola, with an initial civil focus on the società semplice, in which the author deals with the controversial topic of the abusive use of this corporate form if relegated to an instrument of “mere enjoyment”. Lastly, the author points out the process of the constitution of the società semplice agricola, with particular attention to the requirements – subjective and objective – so that an activity can be considered connected to the agricultural one, to the nature of the registration in the Business register and, finally, to the requirements to obtain the professional agricultural entrepreneur qualification. The in-depth analysis ends with the listing of the other company forms, usable for the carrying out of the agricultural activity, as well as with an interesting analysis, through the quotation of merit and legitimacy jurisprudence, of the insolvency of the agricultural companies.

Keywords: professional agricultural enterpreneur – agricultural company – insolvency.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il coltivatore diretto - 3. L'imprenditore agricolo - 4. L'imprenditore agricolo professionale - 5. La società semplice - 5.1. Uso e abuso della società semplice - 5.2. La società semplice agricola - 6. Le altre forme societarie disponibili - 7. L'insolvenza delle società agricole


1. Premessa

Le diverse figure imprenditoriali in ambito agricolo hanno assistito, nel corso del tempo, ad una consistente evoluzione normativa. L’evoluzione normativa – di impronta civilistica – era iniziata con la legge 5 marzo 2001, n. 57, con la quale il Legislatore aveva ridisegnato i confini dell’agricoltura rimodulando il concetto di imprenditore agricolo, che non deve più svolgere obbligatoriamente un’attività direttamente connessa con il terreno, elemento quest’ultimo che diviene solamente potenziale e non più imprescindibile. Prima di allora, l’art. 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153 (“Attuazione delle direttive del Consiglio delle Comunità europee per la riforma dell’a­gricoltura”) aveva introdotto la figura dell’“Imprenditore agricolo a titolo principale” (IATP), estendendola a chi dedicasse all’attività agricola almeno due terzi del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavasse dal­l’attività medesima almeno due terzi del proprio reddito globale da lavoro risultante dalla propria posizione fiscale. Successivamente, la legge 2 agosto 1990, n. 233 (“Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi”) aveva esteso la tutela previdenziale anche agli imprenditori agricoli che, per le notevoli estensioni dei terreni posseduti e per il fabbisogno di giornate lavorative, non potevano essere inquadrati come “Coltivatori diretti”. Per effetto di tale provvedimento legislativo, la figura dell’“Imprenditore agricolo a titolo principale” (IATP) veniva riconosciuta a colui che si dedicasse con professionalità all’organizzazione, programmazione e coordinamento dei fattori produttivi. In particolare, l’art. 13 della legge n. 233/1990, nell’individuarne le caratteristiche, prevedeva il requisito soggettivo consistente nella destinazione all’attività agricola di non meno di due terzi del proprio tempo con un ricavo dalla medesima di una percentuale non inferiore al 75% del proprio reddito globale da lavoro (il 50% per i territori montani e le zone agricole svantaggiate). Su tale figura è poi intervenuto il d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 (“Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura”) che ha modificato la precedente qualifica di [continua ..]


2. Il coltivatore diretto

A norma dell’art. 2083 c.c. «Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’at­ti­vità professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia». Il coltivatore diretto è, dunque, un piccolo imprenditore che si dedica direttamente ed abitualmente alla manuale coltivazione dei fondi (in qualità di proprietario, affittuario, usufruttuario, enfiteuta) e/o all’allevamento ed attività connesse.


3. L'imprenditore agricolo

Con riguardo all’imprenditore agricolo, l’art. 2135 c.c., così come modificato dall’art. 1 del d.lgs. n. 228/2001, stabilisce che: «è imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura ed allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco, le acque dolci, salmastre o marine». La peculiarità dell’imprenditore agricolo, quindi, è data dal particolare contenuto del tipo di attività economica organizzata e mirata alla produzione di beni.


4. L'imprenditore agricolo professionale

Come si è detto, il d.lgs. n. 99/2004 – modificando la precedente normativa – ha istituito la nuova qualifica di “Imprenditore agricolo professionale” (IAP), estendendone il novero anche ai soci di società agricole. Pertanto, viene considerato “IAP” colui che – in possesso di conoscenze e competenze professionali – dedichi all’attività agricola di impresa, direttamente o in qualità di socio, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi dalle attività medesime, almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro (25% per le aziende ubicate in zone svantaggiate di cui all’art. 17 del reg. CE n.1257/99). Lo IAP rappresenta quindi, una figura moderna di imprenditore del settore agricolo, un soggetto che riveste un ruolo organizzativo e dirigenziale e non meramente esecutivo e manuale.


5. La società semplice

5.1. Uso e abuso della società semplice

A norma dell’art. 2249, comma 1, c.c., «Le società che hanno per oggetto l’esercizio di un’attività commerciale devono costituirsi secondo uno dei tipi regolati nei capi III e seguenti di questo titolo». Il comma 2 aggiunge: «Le società che hanno per oggetto l’esercizio di un’attività diversa sono regolate dalle disposizioni sulla società semplice, a meno che i soci abbiano voluto costituire la società secondo uno degli altri tipi regolati nei capi III e seguenti di questo titolo». La società semplice è quindi, sul piano civilistico, deputata allo svolgimento di attività diverse da quelle commerciali e cioè, escludendo – per semplicità – un tertium genus, di attività agricole. È, peraltro, noto a tutti che lo strumento della società semplice è stato – nel corso del tempo, usato anche per finalità diverse, sulle quali – seppure solo incidentalmente – vale la pena spendere qualche parola. Come è noto, l’art. 2248 c.c. esclude la possibilità di utilizzo dello strumento societario funzionale al “solo” godimento collettivo, e cioè la sua costituzione o il suo mantenimento «al solo scopo del godimento di una o più cose»; laddove, per “solo scopo di godimento” si deve intendere l’esercizio finale – e non strumentale alla ricerca di ulteriori utilità – delle facoltà d’uso e di disposizione di un diritto cointestato, di natura reale o personale. Nel contesto codicistico, lo strumento societario – in senso lato – può, dunque, essere utilizzato soltanto per l’esercizio collettivo di un’attività economica speculativa, commerciale o non; con la conseguenza che un contratto di società semplice finalizzata al solo godimento collettivo non è soggetta al diritto della società semplice, bensì a quella della comunione. Ma tale conclusione non può considerarsi certa se si considera che nella Relazione al Re, predisposta in occasione della promulgazione del Codice Civile, il compito assegnato alla società semplice non era indicato in positivo come quello di sviluppare (esclusivamente) un’attività agricola, ma veniva e­spressa l’idea che, esclusa [continua ..]


5.2. La società semplice agricola

La società semplice è la forma di società più elementare nel nostro ordinamento e più diffusa in agricoltura, non richiedendo un iter complesso per la sua costituzione e – nel contempo – garantendo anche diversi vantaggi di natura fiscale per i soci. A norma dell’art. 2 del d.lgs. n. 99/2004, per la costituzione di una società semplice agricola che intenda usufruire delle agevolazioni fiscali occorre che sia rispettata una serie di requisiti: • la ragione sociale deve contenere l’indicazione di società agricola; • deve avere come oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole, al fine di beneficiare della tassazione catastale; • l’attività deve consistere nella manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione della terra o del bosco o dall’allevamento di animali intese anche come attività connesse. Le attività connesse a quella agricola, per essere tali, devono assolvere a requisiti soggettivi e oggettivi quali: • requisito soggettivo: l’imprenditore che svolge attività connesse deve essere lo stesso imprenditore agricolo che esercita la coltivazione della terra o del bosco o l’allevamento; • requisito oggettivo: i prodotti ottenuti con le attività connesse devono provenire prevalentemente dall’attività di coltivazione della terra, del bosco o di allevamento esercitata dall’imprenditore agricolo; la fornitura di beni o servizi deve essere effettuata utilizzando prevalentemente le attrezzature o le risorse dell’azienda o agriturismo. La costituzione della società semplice prevede un iter semplice e veloce, dal momento che la costituzione può aver luogo anche verbalmente, fatta eccezione per i casi in cui è previsto il conferimento di immobili. La società semplice deve essere iscritta nel registro delle imprese, in un’ap­posita sezione speciale. L’iscrizione è priva di effetti giuridici, avendo solo funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia. La società, oltre a possedere i requisiti sopra elencati, deve avere un altro requisito fondamentale per ottenere la qualifica IAP: almeno uno dei soci deve possedere la qualifica di IAP [continua ..]


6. Le altre forme societarie disponibili

L’attività agricola, che nella maggior parte dei casi si svolge attraverso la forma della ditta individuale, dell’azienda familiare, o – come si è detto – della società semplice, si è evoluta e adeguata alle strutture societarie più evolute, presenti nel nostro ordinamento. In particolare, le società agricole possono essere costituite anche nella forma di società di capitali quali: s.r.l, s.r.l.s e s.p.a. Le stesse tuttavia, per essere qualificate “Società agricole”, devono possedere i seguenti tre requisiti: •    esercizio esclusivo di attività agricole e connesse, così come individuate dall’art. 2135 c.c.: –      la coltivazione del fondo; –   la silvicoltura; –      l’allevamento di animali e tutte le relative attività connesse; ove, per coltivazione del fondo, per silvicoltura e per allevamento di animali si intendono tutte le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria al ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. •    le attività connesse sono individuate in: –   attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, com­mercializzazione e valorizzazione dei prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali; –   attività dirette alla fornitura di beni o servizi utilizzando prevalentemente le attrezzature o risorse dell’azienda agricola; –   attività dirette alla diffusione degli agriturismi. Al riguardo, l’art. 36, comma 8, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha modificato l’art. 2 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, precisando che non costituiscono distrazione dall’esercizio esclusivo delle attività agricole le attività commerciali, industriali, ipotecarie e immobiliari, a patto che siano finalizzate a migliorare l’attività agricola. In particolare, secondo la circolare 50/E 2010 dell’Agenzia Entrate, la società che effettui [continua ..]


7. L'insolvenza delle società agricole