Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


L'assunzione di prove all'estero nel processo civile (di Margherita Salvadori)


L’autore, nel più ampio contesto delle fonti informative del processo civile, pone la propria attenzione sul complesso quadro normativo disciplinante l’assunzione di prove all’estero. In particolare, oggetto di trattazione sono, innanzitutto, le rogatorie alle autorità estere e le rogatorie consolari, entrambe disciplinate dall’art. 204 c.p.c., seguite poi dalle c.d. rogatorie internazionali civili passive, oggetto di revisione ad opera della legge n. 218/1995. L’e­laborato prosegue con l’analisi della “Convenzione sull’assunzione all’estero delle prove in materia civile o commerciale”, conclusa all’Aja il 18 marzo 1970, e del regolamento (CE) n. 1206/2001, “relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale”, con particolare attenzione alle due procedure volte all’assunzione all’estero della prova: la cd. assistenza giudiziaria “attiva” e la c.d. assistenza giudiziaria “passiva”.

The author, in the broader context of the information sources of the civil trial, focuses on the complex regulatory framework governing the taking of evidence abroad. In particular, the subject of discussion are, first of all, rogatory letters to foreign authorities and consular rogatory letters, both governed by art. 204 code of Civil procedure, followed by the international civil passive rogatory letters, subject to revision by law no. 218/1995. The paper continues with the analysis of the “Convention on the taking of evidence in civil or commercial matters”, concluded in Aja on 18 March 1970, and of Regulation (EC) no. 1206 of 2001, “on cooperation between the courts of the Member States in the taking of evidence in civil or commercial matters”, with particular attention to the two procedures aimed at taking evidence abroad: the “active” judicial assistance and the “passive” judicial assistance.

Keywords: taking of evidence abroad – rogatory – procedures of taking of evidence.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Le previsioni del codice di procedura civile italiano, le rogatorie alle autorità estere e le rogatorie consolari - 3. Le previsioni della legge n. 218/1995, Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, le c.d. rogatorie internazionali civili passive - 4. La convenzione dell'Aja del 1970 sull'assunzione delle prove al­l'estero in materia civile e commerciale - 5. Il regolamento (CE) n. 1206/2001 relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale - 5.1. Le procedure di assunzione previste, l'assunzione giudiziaria attiva e l'assunzione giudiziaria passiva - Bibliografia essenziale


1. Introduzione

Trattando di fonti informative del processo civile, in accordo con il coordinatore Prof. Luciano Quattrocchio, è parso opportuno fare riferimento anche al complessivo quadro normativo che disciplina l’assunzione di prove all’estero. Lo svolgimento del processo civile avanti ad un giudice nazionale subisce diversi condizionamenti qualora elementi di estraneità tocchino la controversia, controversia che in punto assunzione delle prove è inevitabilmente soggetta al limite territoriale della sovranità statale attribuita al giudice nazionale. Ad esempio, laddove debba essere svolta attività all’estero finalizzata al­l’assunzione di una prova rilevante nel processo civile avanti ad un giudice italiano, la collocazione in altro Stato della prova incide direttamente sulle regole processuali relative al compimento dell’atto istruttorio, richiedendo un trattamento differenziato rispetto a quello normalmente applicabile. La diversa disciplina applicabile nel caso di assunzione di prove all’estero risponde infatti a un’esigenza imprescindibile, nascente dalla limitazione territoriale della possibilità di conduzione dell’attività giurisdizionale che, in forza del diritto internazionale generale, è attribuita in via esclusiva all’esercizio materiale della funzione giurisdizionale sul territorio. Ne consegue che il giudice italiano, così come il giudice di qualunque altro Stato, non possa compiere in territorio estero un’attività, quale quella istruttoria, che costituisce esplicazione di una funzione statale, poiché altrimenti violerebbe la sovranità dello Stato straniero che su quel territorio esercita la propria attività di governo. Da questo dato nasce l’esigenza di prevedere procedure volte a rendere compatibile l’esecuzione dell’atto processuale all’estero con la sovranità dello Stato sul cui territorio esso deve essere compiuto. Se il diritto internazionale attribuisce al sovrano territoriale, in via esclusiva, l’esercizio materiale della funzione giurisdizionale sul suo territorio, un atto istruttorio potrà essere compiuto in quello Stato solo sotto il suo controllo o per mezzo dell’attività dei suoi organi. Tale risultato è ottenuto con la messa in opera di meccanismi di assistenza giudiziaria internazionale, attraverso i quali si pone in [continua ..]


2. Le previsioni del codice di procedura civile italiano, le rogatorie alle autorità estere e le rogatorie consolari

Nell’ambito dell’ordinamento italiano, il punto di riferimento normativo è il codice di procedura civile, ove all’art. 204 c.p.c. sono disciplinate sia le rogatorie alle autorità estere sia le rogatorie consolari. Quanto alle rogatorie alle autorità estere, il primo comma dell’art. 204 c.p.c. disciplina la richiesta all’autorità straniera che raccoglie la prova attraverso i propri organi, nel rispetto del principio di sovranità nazionale e di territorialità della legge processuale: «Le rogatorie dei giudici italiani alle autorità estere per l’esecuzione di provvedimenti istruttori sono trasmesse per via diplomatica». Alla rogatoria internazionale – ossia l’atto con cui l’autorità giudiziaria di uno Stato richiede a quella di un altro Stato di compiere determinate attività processuali –, va fatto ricorso quando devono essere assunti mezzi di prova riguardanti cittadini stranieri. In particolare, quanto alla testimonianza, è riconosciuto il diritto dello straniero ad essere sentito davanti al giudice del luogo di residenza. Si ritiene che con la rogatoria possa essere assunto qualunque mezzo istruttorio ad eccezione, per alcuni, del libero interrogatorio delle parti. L’autorità estera raccoglierà la prova attraverso i propri organi, nel rispetto del principio di sovranità nazionale, nonché del principio della territorialità della legge processuale. Di conseguenza l’assunzione della prova seguirà le norme processuali straniere che non siano in contrasto con i principi di ordine pubblico italiano. Quanto alle rogatorie consolari, l’art. 204, comma 2, c.p.c. così dispone «Quando la rogatoria riguarda cittadini italiani residenti all’estero, il giudice istruttore delega il console competente, che provvede a norma della legge consolare». Pertanto la rogatoria consolare consiste nella delega di atti compiuta dal giudice italiano ad un altro organo dello stesso Stato, cioè il console italiano. A questo procedimento si ricorre quando il mezzo di prova riguarda cittadini italiani residenti all’estero. Il console delegato è equiparato al giudice istruttore delegato ai sensi del­l’art. 203 del c.p.c., con la differenza che la delega è in questo caso obbligatoria e non lasciata alla discrezione del [continua ..]


3. Le previsioni della legge n. 218/1995, Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, le c.d. rogatorie internazionali civili passive

La materia dell’assunzione delle prove richieste dalle Autorità giudiziarie straniere al giudice italiano, le c.d. rogatorie internazionali civili passive, ha formato oggetto della legge del 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema di diritto internazionale privato italiano), il cui art. 73 ha abrogato espressamente, con decorrenza dal 31 dicembre 1996, gli artt. 802 e 803 c.p.c., il primo in tema di assunzione dei mezzi di prova disposti da giudici stranieri e il secondo in tema di esecuzione richiesta in via diplomatica. L’art. 69 della citata legge ha riscritto l’art. 802 c.p.c., abrogato, e in sostanza lo ha riprodotto, aggiungendo solo gli ultimi due commi. Il procedimento, perciò, è rimasto invariato rispetto all’abrogata previgente disciplina codicistica. Il giudice italiano competente per l’assunzione delle prove rogate dal giudice straniero è la Corte d’appello del luogo in cui si deve assumere la prova, la quale rende esecutivi, con decreto emesso in camera di consiglio, i provvedimenti dei giudici stranieri riguardanti le prove. Rispetto alla precedente disciplina, l’art. 69 ha eliminato l’obbligo per il giudice procedente di sentire il pubblico ministero. La richiesta di assunzione della prova può provenire sia dalla parte, attraverso un ricorso, al quale deve essere unita copia autentica della sentenza o del provvedimento che ha ordinato gli atti chiesti, sia dal giudice straniero già adito, che trasmette la richiesta in via diplomatica. La prova può essere chiesta sia allorché vi sia un giudizio pendente all’estero sia in via preventiva. L’u­ni­co limite, che la Corte d’appello deve verificare, è costituito dall’assenza di contrasti con i principi dell’ordinamento interno. Concretamente la prova sarà raccolta dal tribunale territorialmente competente (prima della legge n. 51/1998, secondo la prassi consolidata, l’assunzione della prova era affidata al Pretore), cui la Corte rimette gli atti. Peraltro, il regolamento (CE) n. 1206/2001 è successivamente intervenuto per quanto concerne la disciplina dell’assunzione di prove richieste da Stati membri dell’Unione Europea, ad eccezione della Danimarca. Di conseguenza l’ambito di applicazione delle regole contenute nella legge n. 218/1995 deve oggi essere ricondotto alle sole ipotesi di cooperazione con [continua ..]


4. La convenzione dell'Aja del 1970 sull'assunzione delle prove al­l'estero in materia civile e commerciale

Convenzione dell’Aja sull’assunzione all’estero delle prove in materia civile o commerciale è stata ratificata dall’Italia con legge del 24 ottobre 1980, n. 745, in G.U. del 12 novembre 1980 n. 310, S.O., ed in vigore per l’Italia dal 21 agosto 1982. L’ambito materiale di applicazione è definito in relazione alla determinazione delle classi di atti dei quali può essere chiesto il compimento all’estero. L’art. 1.1 afferma che all’autorità straniera può essere chiesto il compimento di «ogni atto di istruzione». La convenzione è caratterizzata invero da meccanismi particolarmente efficaci, i quali consentono al giudice italiano di assumere prove negli altri Stati contraenti con modalità compatibili con la sovranità straniera, e allo stesso tempo idonee a produrre risultati utilizzabili nel processo italiano. In essa, infatti, accanto al tradizionale metodo di assunzione della prova mediante il ricorso all’assistenza dello Stato in cui la prova è situata, disciplinata dal capitolo I della convenzione e precisamente agli artt. da 1 a 14, si è aggiunta la forma di assistenza passiva, cioè la possibilità di assunzione da parte di un agente diplomatico o consolare o ad opera di altro soggetto, allo scopo specificamente incaricato «commissioner», nel capitolo II della convenzione negli artt. da 15 a 22. Particolarmente efficace la possibilità che la prova sia assunta all’estero in applicazione delle forme procedurali italiane, sia la sostanziale riduzione delle circostanze di rifiuto da parte delle autorità straniere della prestazione di assistenza. Per quanto concerne la prima forma di assistenza, l’autorità giudiziaria dello Stato richiedente trasmette la richiesta di rogatoria all’autorità centrale dello Stato richiesto; questi inoltra quindi la richiesta all’autorità competente nel proprio paese per l’esecuzione che dovrà seguire le indicazioni fornite dallo Stato richiedente. A norma dell’articolo 3 l’atto rogatorio deve contenere le seguenti indicazioni: a) l’autorità richiedente e, se possibile, l’autorità richiesta; b) l’identità e l’indirizzo delle parti e, ove occorra, dei loro rappresentanti; c) la natura e l’oggetto dell’istanza e un breve [continua ..]


5. Il regolamento (CE) n. 1206/2001 relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale

L’ambito materiale di applicazione del regolamento (CE) n. 1206/2001 è definito dall’art. 1, il cui par. 1 prevede che il regolamento si applichi in materia civile o commerciale allorché, conformemente alle disposizioni della propria legislazione, l’autorità giudiziaria di uno Stato membro chieda (a) che l’autorità giudiziaria competente di un altro Stato membro proceda all’as­sun­zione delle prove, ovvero (b) di procedere direttamente essa stessa alla assunzione delle prove in un altro Stato membro. Il par. 2 dello stesso articolo precisa che non sono ammesse le richieste intese ad ottenere prove che non siano destinate ad essere utilizzate in procedimenti giudiziari pendenti o previsti. Pertanto, il regolamento si applica solo laddove l’atto il cui compimento è richiesto sia una «prova», restando estraneo all’ambito di applicazione del regolamento l’eventuale assistenza giudiziaria allorché l’atto in questione non abbia natura istruttoria, ma cautelare o esecutiva, come confermato anche dalla Corte di giustizia, con sentenza del 28 aprile 2005, C-104/03, nel caso St. Paul Dairy Industries. Infine, il campo di applicazione soggettivo è definito dal par. 3, ove si precisa che ai sensi del regolamento per «Stato membro» si intendono gli Stati membri dell’Unione Europea ad eccezione della Danimarca. Di conseguenza tra la Danimarca e gli altri Stati membri continua a trovare applicazione la Convenzione dell’Aja del 1970. Alla luce di queste prime indicazioni possiamo enucleare quattro condizioni di applicazione delle normative di origine europea. In primo luogo, si applica in «materia civile o commerciale» facendosi rinvio alle disposizioni della legislazione nazionale delle Autorità che avanzano richiesta di prove. Nella prospettiva dell’ordinamento italiano l’espressione esclude, oltre alla materia penale, la materia tributaria e quella amministrativa, mentre nei sistemi di common law ove la materia amministrativa non avendo alcuna collocazione autonoma viene ad essere ricompresa nella nozione del regolamento. Peraltro, la sola circostanza che nella controversia sia coinvolta una pubblica amministrazione non impedisce l’applicazione del regolamento (CE) n. 1206/2001. Sono esclusi i casi di assunzione delle prove in controversie relative a situazioni in cui [continua ..]


5.1. Le procedure di assunzione previste, l'assunzione giudiziaria attiva e l'assunzione giudiziaria passiva

Il citato art. 1 prevede due distinte procedure volte all’assunzione all’estero della prova. La prima (c.d. assistenza giudiziaria “attiva”) basata sull’in­ter­vento e la cooperazione dell’autorità giudiziaria dello Stato membro in cui la prova deve essere raccolta (definita come “autorità giudiziaria richiesta”); la seconda (c.d. assistenza giudiziaria “passiva”) consistente nella diretta assunzione, previa autorizzazione, della prova da parte dell’autorità giudiziaria dello Stato membro in cui essa è destinata ad essere utilizzata (definita come “autorità giudiziaria richiedente”). Le due procedure, ancorché oggetto di specifica e distinta disciplina (di cui agli artt. 10-16 per la prima e all’art. 17 per la seconda), sono riconducibili ad un comune denominatore: entrambe, infatti, sono avviate da una richiesta formulata dall’autorità giudiziaria dello Stato in cui la prova è destinata ad essere utilizzata e rivolta all’autorità dello Stato in cui la prova deve essere assunta. La necessità di tale richiesta, comune ai due sistemi, induce anche l’applicazione di regole in parte comuni, intese a definirne la forma ed il contenuto, nonché le modalità di trasmissione tra le autorità degli Stati membri, ispirate a principi di semplificazione, rapidità ed efficacia. Anzitutto, le modalità di trasmissione sono regolate dall’art. 2 riguardo alle richieste di assistenza giudiziaria “attiva” (ossia formulate ai sensi dell’art. 1, par. 1, lett. a), per le quali è previsto un meccanismo di corrispondenza diretta fra le autorità giudiziarie degli Stati membri; dall’art. 3 riguardo alle richieste di assistenza giudiziaria “passiva” (ossia formulate ai sensi dell’art. 1, par. 1, lett. b) per le quali è prevista l’istituzione di uno o più organi o autorità in ogni Stato membro competenti ai fini della ricezione e della decisione sulle predette domande. La richiesta di assunzione della prova va, dunque, inoltrata direttamente e senza intermediari dall’autorità giudiziaria presso la quale il procedimento è pendente, o previsto, all’autorità giudiziaria competente di un altro Stato membro. Perché il giudice richiedente [continua ..]


Bibliografia essenziale