Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Il trasferimento di azienda nell'impresa in crisi: questioni giuslavoristiche (di Savino Figurati)


Nel mio intervento parlerò del trasferimento dell’azienda in crisi ed in particolare dei commi 4-bis e 5 dell’art. 47 della legge n. 428 del 1990. Il testo previgente del comma 5 dell’art. 47 diceva che: «Qualora il trasferimento riguardi aziende o unità produttive delle quali il CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale o imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acqui­rente non trova applicazione l’articolo 2112 del codice civile, salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo può altresì prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest’ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell’alienante.». Questa disciplina è stata oggetto di una sentenza della Corte di Giustizia che l’ha ritenuta in contrasto con la direttiva 2001/23, che è la direttiva base sui diritti dei lavoratori nei trasferimenti di azienda, e lo ha fatto per quanto riguarda la previsione della deroga in caso di trasferimenti riguardanti aziende o attività produttive in crisi ai sensi dell’accertamento del CIPI, a prescindere dai riferimenti normativi ed al rinvio a procedure che nel frattempo sono cambiate. Secondo la Corte, infatti, la direttiva consente che si possa derogare alle garanzie previste per i lavoratori, solo quando si è aperta una procedura di insolvenza che si trovi sotto il controllo dell’autorità pubblica competente, possibilmente la magistratura. I requisiti non sussistono nell’ipotesi di crisi aziendale, che non risponde a tale requisito, visto che il CPI è un organo politico. Il 25 settembre 2009 il legislatore italiano ha recepito la sentenza, disponendo in primo luogo la soppressione del quinto comma con riferimento alle aziende e unità produttive in crisi secondo il CIPI, ovvero quelle sottoposte alla cassa integrazione straordinaria. In realtà, con l’occasione, il testo viene profondamente modificato con la previsione di due distinte ipotesi, una nel comma 4-bis e una nel comma 5, diverse per presupposti e discipline. Il comma 4-bis recita: «Nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione, l’articolo 2112 del codice [continua..]

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