Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La responsabilità civile degli organi societari nelle società a partecipazione pubblica (di Guido Bonfante)


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Sino a non molto tempo fa nessuno dubitava che gli amministratori delle società a partecipazione pubblica fossero soggetti alle ordinarie azioni di responsabilità previste dal codice civile e non all’azione di responsabilità erariale. Secondo un “criteri soggettivo o “formalistico” si riteneva, infatti, che quando la pubblica amministrazione acquisiva partecipazioni in società private, fosse assoggettata alle regole proprie della forma giuridica espressa, con conseguente responsabilità degli organi sociali nei confronti della società, dei soci, dei creditori sociali e dei terzi in genere, negli stessi termini in cui tale responsabilità era configurabile nell’ambio di ogni altro società privata, ai sensi degli artt. 2932 ss. c.c. In questi casi, infatti, il danno doveva ritenersi inferto al patrimonio della società e non era configurabile come danno erariale in quanto non direttamente lesivo dell’ente pubblico che partecipava al capitale della società. Questo quadro, tutto sommato rassicurante per i principi di diritto societario, è stato messo in dubbio da due pronunce della Corte di Cassazione intervenute negli anni 2003 e 2004, che, per la prima volta, hanno aperto la strada alla soluzione opposta, affermando che esiste la giurisdizione della Corte dei Conti in ordine agli illeciti commessi da amministratori e dipendenti di società a partecipazione pubblica che abbiano cagionato danno agli enti pubblici economici da cui dipendono. La società privata che gestisce fondi pubblici verrebbe infatti inserita “nell’iter procedimentale dell’ente pubblico come compartecipe dell’attività a fini pubblici di quest’ultimo”. Secondo questa impostazione il radicamento della giurisdizione contabile di responsabilità amministrativa non dipenderebbe quindi dalla verifica degli strumenti giuridici (di diritto privato o pubblico) prescelti per una certa attività, né dalla natura (privata o pubblica) del soggetto agente, bensì dall’appli­cazione di “criteri oggettivi” o “sostanzialistici” quali l’oggettivo perseguimento di pubblici interessi e la qualificazione pubblica delle risorse gestite: la giurisdizione della Corte dei Conti sussisterebbe cioè ogni volta che si tratti di verificare se le risorse pubbliche sono state correttamente utilizzate e sono effettivamente servite per realizzare le finalità di pubblico interesse a cui erano destinate. Questa interpretazione “sostanzialistica” è stata oggetto di numerose critiche, le principali delle quali sono così sintetizzabili: a) esigenze di certezza del diritto, nonché la perdurante vigenza del principio secondo cui “nessun ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge” (art. 4, legge n. [continua..]

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