Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Diritto societario europeo. Evoluzione e criticità (di Aldo Frignani)


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SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. I tre strumenti principali: a) le direttive - 3.b). I regolamenti - 4. La legislazione di settore (credito e banche, assicurazione, finanza e mercato mobiliare) - 5. Dove andiamo? E con quali strumenti? - NOTE


1. Introduzione

Concludendo 24 anni fa la voce “Società-Diritto della Comunità Europea” per l’Enciclopedia giuridica Treccani (scritta assieme alla Prof. Grosso) mi chiedevo se il diritto societario della Comunità avesse realizzato gli obiettivi del Trattato e auspicavo che nel futuro si potesse parlare di una sorta di sistema “federalista” nel diritto societario [1].Credo che il quesito come l’auspicio siano ancora attuali con l’aggravante di iniziative frammentarie e non coordinate verso un progetto unico [2]. Se guardiamo alle fonti, è vero che la materia del diritto delle società rimane appannaggio degli Stati membri e non è devoluta alla Comunità. Tuttavia troviamo nel Trattato di Roma, consci del fatto che le società sono forse il principale veicolo della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali le seguenti norme [di poco cambiate nei successivi Trattati, eccetto il marasma della numerazione]:  [3] Art. 52,2°: garantisce la libertà di stabilimento alle persone fisiche quando vogliano costituire oppure divenire soci di, oppure gestire, una società. Art. 54. lett. g): inquadrato nelle norme volte alla “soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento” con l’equiparazione, operata dall’art. 58, tra società e persone fisiche il quale, dispone che la Commissione e Consiglio realizzeranno tale obiettivo coordinando “nella necessaria misura e al fine di renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società ... per proteggere gli interessi tanto dei soci come dei terzi” [4]. Art. 67: che garantisce la libera circolazione dei capitali, tocca le azioni o quote di società in quanto oggetto di investimento e perciò rende illegittima qualsiasi norma che restringa la libertà di acquistare o vendere liberamente tali beni nell’Unione Europea [5]. Art. 220: ove si prevedeva che gli Stati membri diano il via a negoziati volti a garantire il reciproco riconoscimento della società, il mantenimento della personalità giuridica in caso di trasferimento da un Paese ad un altro e la possibilità di fusione tra società soggette a legislazioni nazionali diverse [6]. Con l’art. 221 si imponeva agli Stati la parità di trattamento dei [continua ..]


2. I tre strumenti principali: a) le direttive

2.1. Scopi Il primo strumento è dato dalla scelta delle “direttive” per questi motivi: innanzitutto esse si raccomandano per la loro flessibilità permettendo di raggiungere i fini prescelti senza alterare il quadro dei rispettivi ordinamenti nazionali; in secondo luogo conducono ad una armonizzazione e non ad un diritto uniforme, accontentandosi spesso il legislatore comunitario di una “soglia minimale” e lasciando agli Stati membri la libertà di emanare norme creanti diritti ed obblighi ulteriori. Nella direttive si è partiti dall’affrontare i problemi meno spinosi: dalla libera circolazione dei capitali alla tutela dei soci (di minoranza) ed alla tutela di alcuni stakeholders della società fino a quelli più discussi come la governance della stessa ed il riconoscimento delle società in caso di trasferimento transfrontaliero della sede. Fino al 2015, ne erano state emanate tredici. 2.2. Elenco La prima direttiva n. 68/151 era del 9 marzo 1968. Più volte modificata (da ultimo sostituita dalla direttiva n. 2009/101 CE, quale modificata dalla direttiva n. 2012/12 UE), essa era ed è intesa a facilitare e accelerare l’acces­so del pubblico alle informazioni sulle società e concerne, tra gli altri aspetti, la validità degli obblighi assunti da una società e la nullità della stessa. Si applica a tutte le società per azioni e le società a responsabilità limitata. La seconda direttiva n. 77/91 del 10 dicembre 1976 (sostituita dalla direttiva n. 2012/30/UE) riguarda solamente le società per azioni: in virtù delle sue disposizioni, la costituzione di tali società richiede un capitale sociale minimo (attualmente 25.000 euro) concepito come garanzia per i creditori e contropartita della responsabilità limitata dei soci. Sono inoltre previste norme sul mantenimento e il cambiamento del capitale di tali imprese, nonché un contenuto minimo per qualsiasi atto costitutivo di una società per azioni. La terza direttiva n. 78/855 del 9 ottobre 1978 era dedicata alle fusioni delle società per azioni. Abrogata dalla direttiva n. 2011/35 del 5 aprile 2011 Quanto agli scopi essa si proponeva la tutela degli azionisti, dei creditori e dei lavoratori nel caso di fusioni. Oggi se ne sta discutendo ancora nell’am­bito delle fusioni [continua ..]


3.b). I regolamenti

La tecnica della direttiva, pur essendo utile per iniziare un percorso di armonizzazione, lasciava però agli Stati ampio margine di una disciplina diversa, per cui la seconda fase dell’intervento della Commissione in materia societaria è stata quella dei regolamenti, con i quali meglio si affrontavano i problemi di market failure. Si voleva istituire una disciplina unica (titolo europeo), come con successo è avvenuto più volte e sta avvenendo nel campo della proprietà industriale. 3.b.1). Società europea (SE) Dopo un lungo periodo di impasse (trent’anni di negoziati), il Consiglio ha adottato i due strumenti legislativi necessari alla creazione della società europea, ossia il regolamento (CE) n. 2157/2001 relativo allo statuto della società europea e la direttiva n. 2001/86/CE che completa lo statuto per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori nella società europea. Il regolamento consente a una società di costituirsi sul territorio dell’UE sotto forma di società per azioni, “societas europaea” (SE). Sono previste varie possibilità per le imprese di almeno due Stati membri diversi che intendono costituire una SE: la fusione, la creazione di una holding, la creazione di una filiale o la trasformazione in SE. Il regime della SE deve essere quello di una società di capitali per azioni. Affinché tali società abbiano dimensioni ragionevoli, il capitale deve essere pari ad almeno 120.000 euro. La direttiva n. 2001/86/CE è intesa a garantire che la costituzione di una SE non comporti la scomparsa o l’indebolimento del regime di partecipazione dei lavoratori esistente nelle società partecipanti alla costituzione di una SE. I diritti di partecipazione, qualora esistano in una o più società che costituiscono una SE, sono mantenuti trasferendoli alla SE una volta costituita, a meno che le parti non decidano diversamente nel quadro del “gruppo speciale di negoziazione”, che riunisce i rappresentanti dei lavoratori di tutte le società interessate. Va sottolineato che questa tutela dei lavoratori è stata raggiunta per quanto concerne la società europea, ma ha fallito come parametro di armonizzazione per le società nazionali. 3.b.2.) Società cooperativa europea (SCE) Il regolamento (CE) n. 1435/2003 relativo [continua ..]


4. La legislazione di settore (credito e banche, assicurazione, finanza e mercato mobiliare)

Ci si è resi conto ben presto che c’erano dei settori dell’economia in cui le società avevano bisogno di regole particolari. Intendiamo riferirci: al credito, all’assicurazione ed al mercato mobiliare. Credito e banche: Si comincia con la direttiva n. 77/780 del 12 dicembre 1977 sull’accesso all’attività degli enti creditizi ed il suo esercizio. Per proseguire con la direttiva n. 83/349 del 13giugno 1983 sui bilanci annuali e consolidati che adatta al particolare settore creditizio e finanziario le regole dettate per le società di diritto comune. Al diritto di stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi delle banche e degli altri istituti finanziari è dedicata la direttiva n. 73/183 del 28 giugno 1973 volta ad eliminare le restrizioni che impediscono ai soggetti (persone e società)”non residenti” di stabilirsi nel territorio di altro Stato e quivi esercitare l’attività creditizia alle stesse condizioni e con i medesimi diritti dei residenti. Il controllo globale da parte delle Autorità di Vigilanza dei Paesi comunitari sull’attività degli enti creditizi, anche se operanti in uno Stato diverso da quello di appartenenza, è garantito dalla direttiva n. 86/635 dell’8 febbraio 1986 e successive modifiche ... Questi due diritti sono ormai realizzati senza grosse restrizioni, ma va notato che il settore ha cambiato completamente pelle per l’irrompere sul mercato della Banca Centrale Europea (artt. 282 ss. TFUE) [16]. Assicurazioni: numerose sono poi le direttive nel settore assicurativo, dettate anche dalle necessarie specifiche discipline rispetto ai vari rischi, alla filiera di tutto il settore e così via [17]. Se solo ci limitiamo a considerare l’assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore ed i natanti ci imbattiamo nelle direttive fondamentali, la prima n. 72/166 del 24 aprile 1972; la seconda n.1984/5 del 30 dicembre 1983, la terza n. 90/232 del 14 maggio 1990; la quarta n. 2000/26 del 16 maggio 2000; la quinta n. 2005/14 del’11 maggio 2005 che sono state poi tutte fuse e coordinate in una sorte di testo unico nella direttiva n. 2009/103 del 16 settembre 2009 alle quali se ne sono aggiunte numerose altre [18]. Con l’istituzione dell’Autorità Europea delle Assicurazioni (EIOPA) i poteri legislativi, di carattere secondario sono passati a tale [continua ..]


5. Dove andiamo? E con quali strumenti?

Da una superficiale scorsa della situazione fino ad oggi possiamo dedurre qualche conclusione e qualche auspicio per il futuro. 5.1. Siamo passati dalla libera circolazione dei capitali alla tutela dei soci (di minoranza) fino alla contendibilità dei mercati (fusioni transfrontaliere, dalla mobilità dei soggetti (diritto di stabilimento) all’economia finanziaria. Tuttavia, la disciplina dettata finora si è dimostrata inadeguata ai bisogni della società e comunque ad impedire market failures o spostamenti di sede fittizi. 5.2. Un problema, talvolta assai semplice da risolvere, si sparpaglia e si annacqua nei diversi organi aventi poteri legislativi (Parlamento, Consiglio, Commissione) oltre a quelli di cui bisogna acquisire il parere (Comitato economico e sociale, Consiglio delle Regioni, ecc.); il che rende il processo legislativo oltremodo complicato, con il risultato di norme “compromesso”. 5.3. Si passa dalle default rules ad un modello dirigistico che talvolta impedisce alle imprese quella flessibilità che i diritti societari nazionali le avevano garantito e di cui esse hanno bisogno. È il caso di alcune direttive generali e di alcune altre nel settore assicurativo. 5.4. Non ci si è resi sufficientemente conto che l’obiettivo di un diritto societario europeo [20] sarà irraggiungibile, non tanto a causa dei nazionalismi sulle regole ed istituti (che pure sono importanti: vedi il ruolo oggi spiegato dalle multiple voting shares e dalle loyalty shares) [21], ma finché non si raggiungerà una “fiscalità” europea che eviti la corsa allo shopping solo per il motivo di godere di una tassazione più conveniente [22] (oltre a quello, ma di minore importanza, dei costi di gestione o a quello di collegamenti commerciali o finanziari più favorevoli con altri Paesi) [23], come pure una politica finanziaria uniforme (soprattutto per le grandi imprese) non si potrà parlare di uno spazio ove il diritto è completamente uniformato (level playing field). 5.5. È un cantiere aperto con continui andamenti in avanti (modifiche di vecchie direttive) e all’indietro (abrogazione di direttive, ritiro di proposte, talvolta dopo anni di discussioni risultate poi infruttuose). È il caso della quinta direttiva. Di quest’opera non finita si [continua ..]


NOTE