Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

10/12/2020 - Le condotte funzionali a consentire la consumazione del reto ex art. 2 d.lgs. 74/2020 non possono integrare il reato di riciclaggio di denaro, né di reimpiego o di favoreggiamento reale

argomento: News del mese - Diritto Penale

Articoli Correlati: dichiarazione fraudolenta - profitto del reato - riciclaggio

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 30 ottobre 2020, n. 30206, atteso che non è revocabile in dubbio che il profitto del reato di dichiarazione infedele consista nel risparmio di imposta, ha aderito all’orientamento giurisprudenziale secondo cui le somme fatte pervenire fittiziamente a una società per dare parvenza di effettività all’emissione da parte di questa di fatture relative a operazioni inesistenti non costituiscono, appunto, il profitto del reato in parola, che si ricava attraverso l’annotazione in contabilità e successiva indicazione delle stesse fatture nelle prescritte dichiarazioni fiscali. Dunque, secondo la Suprema Corte, non trattandosi di somme di provenienza delittuosa, in tali casi viene a mancare il presupposto dei reati di riciclaggio, reimpiego di denaro ovvero di favoreggiamento reale che non possono dunque dirsi configurabili. Ove tali condotte non si risolvano né nella protezione del profitto, né nella manipolazione dello stesso ai fini di dissimulazione o di reimpiego, ma piuttosto siano finalizzate a consentire la consumazione del reato ex art. 2 d.lgs. 74/2000, è solo quest’ultimo che può ritenersi sussistente.