Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La mancata predisposizione di assetti adeguati e i rimedi giurisdizionali in ambito civilistico (di Enrico Astuni, Giudice presso il Tribunale di Torino – Sezione Tribunale delle imprese.)


L’autore offre un’ampia disamina, dal punto di vista civilistico, del tema degli adeguati assetti organizzativi, ai quali il Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza ha attribuito la funzione di strumento per la rilevazione tempestiva dello stato di crisi e della perdita della continuità aziendale. In particolare, l’intervento, prendendo le mosse dalla definizione di “assetto organizzativo adeguato”, approfondisce il requisito per l’adeguatezza degli assetti, quale la formalizzazione di un organigramma delle funzioni, dei compiti e delle responsabilità, nonché di procedure, da modulare sulla base delle dimensioni e del grado di complessità dell’orga­niz­za­zione. L’attenzione viene successivamente posta sui meccanismi di autovalutazione e di controllo degli assetti organizzativi, sulla natura – obbligatoria o meno – di quest’ultimi e, infine, sul rapporto tra scelta degli assetti organizzativi e business judgment rule.

The author offers a wide-ranging examination, from a civil point of view, of the theme of the appropriate organizational structures, to which the Corporate Crisis and Insolvency Code has attributed the function of a tool for the timely interception of the state of crisis and the loss of going-concern. In particular, the speech, starting from the definition of “adequate organizational structure”, explores the requirement for the adequacy of the structures, such as the formalization of an organization chart of the functions, tasks and responsibilities, as well as procedures, to be modulated based on the size and degree of complexity of the organization. Attention is then placed on the self-assessment and control mechanisms of the organizational structures, on the nature – mandatory or not – of the latter and, finally, on the relationship between the choice of organizational structures and the business judgment rule.

Keywords: adequate organizational structures – formalization – business judgment rule.

SOMMARIO:

- 1. Predisposizione delle regole - 2. Autovalutazione degli assetti e affinamento di funzioni esistenti - 3. Obbligatorietà della decisione - 4. La scelta sugli assetti e la business judgment rule - 5. La violazione degli assetti - Bibliografia essenziale


Sentendo gli interventi che mi hanno preceduto, mi sono convinto ancora di più della necessità di un dialogo tra professionalità diverse, aziendalisti e giuristi, poiché gli assetti organizzativi adeguati si presentano come materia di clausole generali che ricavano i contenuti della fattispecie – la nozione di “assetto”, i modelli, i canoni di giudizio dell’adeguatezza ecc. – dalla scienza aziendalistica e dalle best practice accettate dalle imprese che operano sul mercato e su questa fattispecie innestano una disciplina, in termini di ripartizione di competenze a deliberare sugli assetti, conseguenze delle violazioni nella predisposizione e applicazione degli assetti, eventuali rimedi.  Come è stato già evidenziato in altri interventi, il codice della crisi ha portato nuova attenzione al tema degli assetti organizzativi adeguati, che già erano previsti dal codice civile (cfr. artt. 2381 e 2403 c.c.), valorizzandone la fun­zione come strumenti di rilevazione tempestiva dello stato di crisi e della perdita di continuità aziendale (art. 2086, comma 2, c.c.), in una cornice di maggiore doverosa attenzione all’emersione tempestiva della crisi, di cui sono emblema le misure di allerta, vera grande novità della riforma. La grande attenzione dedicata alla nuova funzione, rischia tuttavia di lasciare in ombra le questioni concernenti il funzionamento degli assetti organizzativi nelle società in bonis che non sono a rischio di perdere la continuità aziendale. E più ancora il fatto che la tematica degli assetti organizzativi non è entrata sotto i riflettori del legislatore con il codice della crisi d’impresa, visto che la prima legge di settore, con campo di applicazione ristretto alle società quotate, risale al 1998 (si tratta del d.lgs. n. 58/1998) e che la prima normazione generale, sia pure con campo di applicazione ristretto alla società per azioni, risale alla riforma del diritto societario del 2003 (d.lgs. n. 6/2003). Evidentemente, si tratta di una clausola generale che ha una storia di grande successo, se guardiamo all’allargamento del campo di applicazione che si è avuto in vent’anni: dalle società quotate nel 1998 alle società per azioni nel 2003 e in ultimo a tutte le imprese societarie o “collettive”. Durante la gestazione del [continua ..]


1. Predisposizione delle regole

Requisito per l’adeguatezza dell’assetto è la “redazione di un organigramma aziendale con chiara identificazione delle funzioni, dei compiti e delle linee di responsabilità” e la “esistenza di procedure che assicurino la presenza di personale con adeguata competenza a svolgere le funzioni assegnate; presenza di direttive e di procedure aziendali, loro aggiornamento ed effettiva diffusione” (Norma 3.4.). Predisposizione e formalizzazione mettono fuori gioco regole organizzative non scritte e affidate a un flatus vocis, subite per forza di abitudine anziché de­cise, improvvisate in risposta a contingenze non previste. In questo senso la predisposizione degli assetti organizzativi è tipica – come dimostra la storia dell’istituto – della grande impresa, ma naturalmente esiste un legame tra formalizzazione delle regole dimensione e grado di complessità dell’organizza­zione. Proseguono infatti le linee-guida enunciando il principio che “data la relazione di interdipendenza tra le dimensioni aziendali e l’assetto organizzativo, al crescere della dimensione aziendale la struttura organizzativa dovrebbe divenire più articolata e, conseguentemente, la società dovrebbe avvertire particolarmente l’esigenza di adottare procedure volte a monitorare i diversi processi aziendali. La modesta dimensione della società può consentire una minore formalizzazione degli assetti organizzativi in ragione della semplicità dei processi sia in termini di numero degli stessi sia con riferimento alla tipologia delle attività e al numero delle persone coinvolte” (Norma 3.4.).


2. Autovalutazione degli assetti e affinamento di funzioni esistenti

La predisposizione (enunciazione) delle regole organizzative dell’azienda (su divisione del lavoro, responsabilità, procedure) consente la loro sottoposizione a meccanismi di valutazione interna e di riscontrare la corrispondenza tra regola enunciata e regola applicata. Di queste valutazioni interne sono spia: • l’art. 2381 c.c. che distingue all’interno dell’organo amministrativo la competenza a predisporre l’assetto dalla competenza a valutarlo, attribuendo la prima all’amministratore con deleghe (o al comitato esecutivo) e la seconda al consiglio di amministrazione nel suo insieme; • l’art. 2403 che attribuisce all’organo di controllo la vigilanza sulla regola e sul suo concreto funzionamento, come la regola viene applicata dalla struttura amministrativa della società. Predisposizione, esecuzione e successivo controllo in definitiva consentono anche, ed è un punto centrale, di avere un feedback all’interno delle imprese e cioè di verificare eventuali lacune, monitorare i rischi, assumere le opportune azioni correttive volte a migliorare gli assetti. Quindi l’impresa produce, oltre a beni e servizi, anche informazioni su se stessa: queste informazioni sono valutate, e potenzialmente possono suggerire o rendere necessarie azioni correttive di miglioramento. Vedi Norma 3.4. (cit.) che, nei “criteri applicativi”, indica le seguenti funzioni dell’organo di controllo, come parte della vigilanza: “- pianifica e svolge interventi di vigilanza sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo; - segnala agli amministratori, eventuali profili di rischio riscontrati nell’assetto organizzativo aziendale all’inizio dell’incarico e nuovi rischi riscontrati successivamente, informandone il revisore, se presente; - verifica l’efficacia delle azioni correttive adottate dalla società”. La predisposizione e formalizzazione delle regole (sulla divisione del lavoro, responsabilità, procedure), come sopra è stato evidenziato, richiede di adottare una decisione. La decisione sugli assetti ha generato alcune questioni di diritto: • se sia obbligatorio assumere una decisione sugli assetti; • se la decisione sugli assetti sia a sua volta una scelta inerente “la gestione dell’impresa”; gestione che, seguendo le norme introdotte dal d.lgs. [continua ..]


3. Obbligatorietà della decisione

In uno dei pochi precedenti di legittimità sull’applicazione della business judgment rule, Cass. 23 marzo 2004, n. 5718 distingue “gli obblighi che hanno un contenuto specifico e già precisamente determinato dalla legge o dal­l’atto costitutivo. Nell’ambito di tali obblighi si colloca certamente quello di rispettare le norme interne di organizzazione relativa alla formazione ed alla manifestazione della volontà della società (artt. 2380, 2381 a 2384 cod. civ.). Oltre a tali specifici obblighi, la legge prevede due doveri identificati attraverso clausole generali e cioè l’obbligo di amministrare con diligenza (art. 2392, 1^ co., cod. civ.) e l’obbligo di amministrare senza conflitto di interessi (art. 2391 c.c.).  Trattandosi di clausole generali, le norme non specificano la condotta che l’amministratore deve tenere ad è, quindi, necessario stabilire di volta in volta, in relazione alle circostanze del caso concreto, quando vi sia violazione”. Nella trama della motivazione, la differenza tra obblighi specifici e generici ricade sulla diversa configurazione della diligenza, secondo una partizione che echeggia la tradizionale distinzione tra obbligazioni di risultato e “di diligenza” (i.e. di mezzi). “Nel primo caso la diligenza rappresenta la misura dal­l’impegno richiesto agli amministratori a la responsabilità può essere esclusa, come previsto dall’art. 1218 cod. civ., soltanto se ‘l’inadempimento o il ri­tardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile’ ovverosia da causa che non possa essere né evitata né superata con la diligenza richiesta al debitore. Nel secondo caso, invece, la responsabilità non viene collegata alla violazione di un obbligo specifico, ma alla violazione del generico obbligo di diligenza nelle scelte di gestione: l’a­gi­re diligente è compenetrato nel contenuto della prestazione dell’ammini­stra­tore e, pertanto, la diligente attività del debitore per realizzare l’interesse del creditore esclude direttamente l’inadempimento”. La sommarietà di questa partizione, che ha determinato l’abbandono a fini euristici nella civilistica attuale della classica divisione delle obbligazioni in [continua ..]


4. La scelta sugli assetti e la business judgment rule

Questione differente è la decisione degli amministratori, in un quadro di adeguatezza dell’assetto, di “non” adottare determinate funzioni, controlli o procedure. Una scelta imprenditoriale normalmente implica una verifica delle risorse disponibili e degli obiettivi da raggiungere e un’analisi costi-benefici. Il merito (opportunità e convenienza) della scelta imprenditoriale – se, come e in quali circostanze agire – è normalmente insindacabile, salvo il limite della “manifesta irrazionalità o irragionevolezza della decisione”. In termini diversi ma convergenti, si sostiene che “non è suscettibile di essere apprezzata in termini di responsabilità giuridica, al contrario la responsabilità può essere generata dall’eventuale omissione, da parte dell’amministratore, di quelle cautele, di quelle verifiche o di quelle informazioni preventive normalmente richieste prima di procedere a quel tipo di scelta: in altre parole, il giudizio sulla diligenza non può investire le scelte di gestione, ma il modo in cui sono compiute” (ancora Cass. 23 marzo 2004, n. 5718). È tema di controversia, tuttavia, se il limite di insindacabilità delle scelte imprenditoriali, adottate con le dovute “cautele, verifiche e informazioni preventive normalmente richieste”, s’applichi anche alle scelte organizzative in materia di assetti. Secondo una tesi (Amatucci, in parte anche Montalenti) la predisposizione di assetti inadeguati integra, per gli amministratori, la violazione di un obbligo specifico e predeterminato, sanzionabile di per sé e non soltanto in quanto riconnessa al verificarsi di altri inadempimenti; pertanto l’amministratore non potrebbe essere protetto dalla business judgment rule, mancando lo spazio per una scelta imprenditoriale (= discrezionale). La medesima conclusione è argomentata a partire dalla diversità ontologica tra atti di gestione (insindacabili nel merito) e scelte pertinenti all’articolazione organizzativa dell’impresa, in tesi suscettibili di più ampio controllo giudiziale. In questo solco, s’è osservato che non c’è spazio per la discrezionalità degli amministratori dove comportamenti e scelte sono imposti da norme cogenti (e tale sarebbe il caso degli assetti) e che la riprova dell’assenza di [continua ..]


5. La violazione degli assetti

Infine, notazione a sé merita il caso in cui l’assetto organizzativo (o amministrativo-contabile) esista e sia adeguato, ma venga disatteso nell’ordinaria operatività di impresa. Appare abbastanza evidente che il caso non può trovare copertura sotto la business judgment rule, poiché la violazione di regole organizzative interne, giudicate adeguate, è un manifesto inadempimento. In conclusione, le possibili patologie sono: la mancata predisposizione di assetti, l’inadeguatezza degli assetti predisposti, la violazione degli assetti in sede di funzionamento. L’imputabilità di queste patologie – al netto della questione di fondo circa l’applicabilità della business judgment rule alle decisioni organizzative, alla natura di mezzi o di risultato dell’obbligazione – è evidentemente diversa, secondo che si consideri l’amministratore esecutivo che ha predisposto o era tenuto a predisporre l’assetto e quello non esecutivo che è te­nuto a esaminare i flussi informativi ricevuti, cogliere eventuali segnali di a­no­malia nella gestione quando sussistano sintomi di irregolarità, richiedere ulteriori e più dettagliate informazioni se quelle fornite appaiono lacunose o contraddittorie (cfr. art. 2381, comma 6). La questione è un capitolo della responsabilità degli amministratori in generale. Infine, in disparte i rimedi di tipo risarcitorio, affidati all’azione sociale di responsabilità, si segnalano come acquisizioni indiscusse in dottrina (Irrera) che la violazione dell’obbligo specifico di predisporre assetti adeguati configura un’irregolarità nella gestione e pertanto può dare fondamento a una denuncia al Tribunale ex art. 2409 c.c. oppure a una convocazione dell’assem­blea, da parte del collegio sindacale, ai sensi dell’art. 2406, comma 2, c.c. (dove si fa  riferimento a “fatti censurabili di rilevante gravità”). Si può pensare anche a deliberazioni di revoca per giusta causa degli amministratori o dei sin­daci, quando sia in questione l’omessa vigilanza sugli assetti (art. 2400, comma 2). Infine, nella s.r.l., nel caso di gravi irregolarità nella gestione, con l’a­zione di responsabilità – e forse anche indipendentemente e in via autonoma, almeno [continua ..]


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