Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Le vendite dei complessi aziendali nelle procedure concorsuali (di L.M. Quattrocchio B.M. Omegna A. Avataneo)


SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Il trasferimento di azienda e la sua disciplina civilistica - 3. Il trasferimento di azienda nel fallimento - 4. Il trasferimento di azienda nel concordato con continuità aziendale - 5. I profili penali nel trasferimento di azienda - 6. I metodi di valutazione dell’azienda nell'ambito delle procedure concorsuali (in continuità) - Note


1. Introduzione

Un sistema, nel suo significato più generico, è un insieme di elementi o sottosistemi interconnessi tra di loro o con l’ambiente esterno tramite reciproche relazioni, ma che si comporta come un tutt’uno, secondo proprie regole generali. Più in particolare, può essere definito come l’unità fisica e funzionale, costituita da più parti o sottosistemi interagenti (od in relazione funzionale) tra loro (e con altri sistemi), formando un’entità unitaria, in cui ogni parte dà il proprio contributo per una finalità comune od un obiettivo identificativo di quel sistema [1]. La caratteristica di un sistema è l’equilibrio complessivo che si crea fra le singole parti che lo costituiscono; tuttavia, l’equilibrio diventa instabile nel caso in cui il sistema appartenga alla categoria dei sistemi complessi. In fisica un sistema complesso è un sistema in cui le singole parti sono interessate da interazioni locali, che provocano cambiamenti nella struttura complessiva. Maggiore è la quantità e la varietà delle relazioni fra gli elementi di un sistema, maggiore è la sua complessità [2]. Un’altra caratteristica di un sistema complesso è che può produrre un comportamento emergente, cioè un comportamento complesso non prevedibile e non desumibile dalla semplice sommatoria degli elementi che lo compongono. Il comportamento emergente è la situazione nella quale un sistema esibisce proprietà inspiegabili sulla base delle leggi che governano le sue componenti prese singolarmente [3]. Un comportamento emergente o proprietà emergente può comparire quan­do un numero di entità semplici (agenti) operano in un ambiente, dando origine a comportamenti più complessi in quanto collettività. La proprietà stessa non è predicibile e non ha precedenti, e rappresenta un nuovo livello di evoluzione del sistema. Infatti, come affermato Philip Warren Anderson, premio Nobel per la fisica nel 1977, «More is different». L’insieme è, spesso, più della somma delle sue parti; ciò perché presenta, normalmente, proprietà che non sono la semplice somma delle proprietà delle sue parti: presenta cioè proprietà emergenti, difficilmente prevedibili studiando le sue [continua ..]


2. Il trasferimento di azienda e la sua disciplina civilistica

2.1. Premessa 2.1.1. L’ambito d applicazione. Le nozioni di azienda e di ramo d’azienda Per azienda – sebbene tale locuzione sia impropriamente utilizzata, anche in ambito professionale, come sinonimo di impresa o società – si intende il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’attività di impresa, sia individuale sia collettiva: è uno strumento dell’imprenditore, suscettibile di autonoma valorizzazione e circolazione, nel quale normalmente si configura un quid pluris rispetto agli elementi che lo compongono, dato dall’organizzazione e qualificato tecnicamente come “avviamento”. La disciplina giuridica dell’azienda è stata introdotta dal Codice Civile del 1942 e non ha formato oggetto di alcuna rilevante innovazione legislativa sino ad oggi. Una recentissima Sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha stabilito che l’azienda deve essere considerata come un bene distinto dai singoli componenti, suscettibile di essere unitariamente posseduto e – se concorrono gli elementi indicati dalla legge – usucapito [4]. La disciplina dell’azienda si applica ad ogni forma di impresa, a prescindere dal tipo di attività svolta (commerciale, agricola, artigiana o – qualora ritenuta ammissibile – civile). Non può essere invece applicata al complesso di beni organizzato dal professionista per lo svolgimento della propria attività, in quanto non sussiste uno dei requisiti per la configurazione di un’azienda, ossia l’attività di impresa. L’azienda, in quanto complesso di beni organizzato, può formare oggetto di autonomo trasferimento. Come precisato dalla giurisprudenza, è possibile affermare di essere di fronte ad ipotesi di trasferimento d’azienda « … ogni qual volta venga ceduto un insieme di elementi costituenti un complesso organico e funzionalmente adeguati a conseguire lo scopo in vista del quale il loro coordinamento è stato posto in essere, essendo necessario e sufficiente che sia stata ceduta un’entità economica ancora esistente, la cui gestione sia stata effettivamente proseguita o ripresa dal nuovo titolare con le stesse o analoghe attività economiche [...]» [5]; la giurisprudenza ha, inoltre, aggiunto « … che la [continua ..]


3. Il trasferimento di azienda nel fallimento

3.1. Premessa La liquidazione dell’attivo fallimentare consiste nella conversione in denaro del patrimonio dell’impresa fallita. Lo scopo di tale attività è duplice: da un lato, realizzare le somme necessarie al soddisfacimento dei creditori; dall’altro, conservare i valori dell’impresa (qualora meritevoli). In tal senso la legge fallimentare prevede che il curatore possa esercitare provvisoriamente l’attività, concedere in affitto l’azienda e cedere l’intero complesso aziendale o singoli rami ovvero, soltanto da ultimo, i beni atomisticamente intesi. Rispetto al testo originario del 1942, la disciplina in tema di liquidazione dell’attivo è stata profondamente innovata a partire dal 2006: l’intero Capo VI della legge fallimentare è stato sostituito, con l’introduzione – tra l’altro – dell’obbligo di predisposizione del programma di liquidazione e della vendita tramite procedure competitive. Da ultimo, il d.l. 23 dicembre 2013, n. 145, c.d. “Destinazione Italia”, ha stabilito – sempre nell’ottica di preservare la continuità – che la cooperativa formata dai dipendenti dell’impresa fallita abbia diritto di prelazione sull’affitto e sull’acquisto del complesso aziendale. Il campo di applicazione degli istituti dell’esercizio provvisorio e della liquidazione dell’attivo è la procedura fallimentare, ma quest’ultima trova parziale applicazione anche nel concordato preventivo, ove questo abbia natura liquidatoria o mista. 3.2. Il programma di liquidazione Il programma di liquidazione è una delle novità di maggiore rilievo della riforma della legge fallimentare, che ha previsto la “programmazione condivisa” della liquidazione dell’attivo fallimentare, quale premessa per un efficace controllo a consuntivo della gestione liquidatoria del curatore. É un atto tipico della procedura fallimentare, redatto a cura del curatore ed approvato dal comitato dei creditori; esso costituisce – come si è detto – l’atto di pianificazione e di indirizzo della liquidazione del patrimonio fallimentare. «La liquidazione va dunque programmata. Ma, nella mente del legislatore, la programmazione della liquidazione non deve essere un «manifesto» di buone intenzioni, cioè una mera [continua ..]


4. Il trasferimento di azienda nel concordato con continuità aziendale

4.1. Individuazione della fattispecie Il tema del trasferimento d’azienda emerge in tutta la sua portata nell’am­bito del concordato con continuità aziendale. Come è noto l’art. 186-bis l. fall. il quale reca la rubrica “Concordato con continuità aziendale”, al comma 1 stabilisce che «Quando il piano di concordato di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e) prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azien­da in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione, si applicano le disposizioni del presente articolo. Il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa». Da tale formulazione si può evincere che esistono tre forme di concordato: il concordato liquidatorio il concordato con continuità aziendale il concordato misto Nell’ambito del concordato con continuità aziendale, è necessario poi distinguere fra continuità aziendale diretta e continuità aziendale indiretta. Tuttavia, poiché il trasferimento d’azienda può essere una modalità attuativa sia del concordato liquidatorio – e, in tal caso, si dovrebbe più correttamente parlare di liquidazione universalistica – sia del concordato con continuità aziendale indiretta, occorre interrogarsi su quali siano le differenze. Pare corretto ritenere che la risposta debba essere ricercata nei differenti criteri di generazione della provvista al servizio del concordato: se il prezzo di cessione dell’azienda è pagato istantaneamente dal terzo acquirente, ci si troverà nell’ambito del concordato liquidatorio universalistico; ove invece il prezzo venga pagato attraverso i flussi di cassa (cash flow) generati per effetto dell’esercizio dell’azienda trasferita da parte dellanew company, si rientrerà nell’ambito del concordato con continuità aziendale indiretta. Tale ipotesi interpretativa trova conforto nella previsione di cui all’art. 186-bis, comma 2, lett. a), l. fall., ove si prevede che «il piano di cui al­l’articolo 161, secondo comma, lettera e), deve contenere anche un’anali­tica indicazione dei costi e [continua ..]


5. I profili penali nel trasferimento di azienda

5.1. La posizione della giurisprudenza Pare opportuno richiamare i principali orientamenti in tema di rilevanza penale del trasferimento d’azienda, sotto il profilo della bancarotta fraudolenta distrattiva. In particolare, constano le recentissime pronunce di seguito richiamate: La Suprema Corte ha affermato che la cessione del ramo d’azienda attuata a condizioni svantaggiose per la cedente è idonea a provare l’operazione distrattiva. Inoltre, la Corte ha ritenuto che in tema di bancarotta fraudolenta distrattiva, il recupero del bene distratto a seguito di azione revocatoria non spiega alcun rilievo sulla sussistenza dell’elemento materiale del reato di bancarotta, il quale, perfezionato al momento del distacco del bene dal patrimonio del­l’imprenditore, viene a giuridica esistenza con la dichiarazione di fallimento, mentre il recupero dellares rappresenta solo un posterius, equiparabile alla restituzione della refurtiva dopo la consumazione del furto, avendo il legislatore inteso colpire la manovra diretta alla sottrazione, con la conseguenza che è tutelata anche la mera possibilità di danni per i creditori [157]. La Corte di Cassazione ha affermato che se l’imprenditore non richiede i canoni d’affitto dell’azienda è responsabile per bancarotta fraudolenta per distrazione. In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto che – nel caso di specie – gli affitti non riscossi non rappresentino solo una conseguenza dovuta alla negligenza, soprattutto ove si tratti di somme ingenti e che rappresentano l’unica fonte di entrata della società fallita[158]. La Corte di Cassazione ha affermato che l’affitto di beni aziendali ad un canone incongruo integra – ai sensi dell’art. 216 l. fall. – l’ipotesi di bancarotta fraudolenta. Pertanto, rileva l’atto negoziale per mezzo del quale l’imprenditore – successivamente fallito – si priva della disponibilità dal bene; e l’eventuale recupero dei beni attraverso l’esercizio delle azioni consentite dalla curatela non incide sull’elemento oggettivo, che può verificarsi in qualsiasi forma e modalità[159]. La Corte di Cassazione, nel solco delle precedenti pronunce, ha affermato l’irrilevanza della distrazione dell’avviamento commerciale dell’azienda per integrare la fattispecie di cui [continua ..]


6. I metodi di valutazione dell’azienda nell'ambito delle procedure concorsuali (in continuità)

6.1. Individuazione dei metodi di valutazione dell’azienda 6.1.1. Breve disamina dei metodi valutativi Di seguito vengono succintamente esaminati i principali metodi di valutazione, al fine di individuarne la compatibilità con il caso di specie. 6.1.2. Il metodo patrimoniale semplice Il metodo patrimoniale semplice consiste nella valutazione di beni compositi, tenuto conto degli elementi dell’attivo e del passivo che li compongono. 6.1.3. Il metodo patrimoniale complesso Il metodo patrimoniale complesso costituisce un’integrazione del metodo patrimoniale semplice, in quanto consente di attribuire un valore separato a taluni beni intangibili. Esso assume particolare significato in presenza di ingenti valori di beni immateriali, ammesso che la relativa stima possa essere effettuata autonomamente, attraverso moltiplicatori di mercato o processi simili; oppure ove ricorra la necessità di determinare, con riferimenti oggettivi, il concorso di taluni beni intangibili nella formazione del valore. Attraverso tale metodo il valore del capitale economico è determinato sommando il valore degli elementi intangibili (non risultanti dalla situazione patrimoniale di riferimento) al patrimonio netto rettificato:       ove: W = valore del capitale economico PNR = valore del patrimonio netto rettificato V.IMM = valore delle immaterialità non contabilizzante, aventi o non aventi valore di mercato. 6.1.4. Il metodo reddituale Utilizzando il metodo reddituale puro, il valore di un bene è determinato unicamente in funzione dei redditi che, in base alle attese, esso sarà in grado di produrre. Tale metodo è indicato per beni ed aziende operanti in condizioni di equilibrio economico stabile e duraturo, senza particolari problemi finanziari e che sfruttano adeguatamente la loro capacità produttiva. Eventuali beni e­stranei al processo produttivo debbono ovviamente essere separatamente valutati mediante metodi appropriati. A seconda delle prospettive future e dei dati di cui si dispone, i metodi reddituali possono trovare applicazione secondo tre modalità di calcolo differenti, che possono essere sintetizzate come segue: attualizzazione del reddito medio normale atteso: tale processo corrisponde all’ipotesi di durata indefinita nel tempo del reddito atteso e si traduce in una formula valutativa che corrisponde al valore attuale di [continua ..]


Note