Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Il faticoso affermarsi del principio di ne bis in idem (di Mario Airoldi)


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Notevole interesse ha suscitato una recente decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) (Grande Camera, 15 novembre 2016, A e B c. Norvegia, n. 24130/11) la quale ha ammesso che una stessa accusa di evasione fiscale potesse essere giudicata tanto in sede amministrativa, quanto in sede penale, senza che ciò violasse il principio del ne bis in idem esplicitamente garantito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Conv. EDU) [1]. Tale regola tuttavia non è prerogativa della Conv. EDU, ma è collocabile fra i principi generali del diritto [2] che, seppur non codificati, sono presenti nella logica giuridica dello Stato di diritto [3] e pertanto dovrebbero essere applicati anche in assenza di una precisa disposizione di legge [4]. a) In Italia il principio, non accompagnato da esplicito richiamo costituzionale, ma comunque collegato agli artt. 24 e 111 Cost, è stato recentemente definito dalla C. Cost. n. 200/2016 come “immanente alla funzione ordinante, cui la Carta ha dato vita, perché non è compatibile con tale funzione dell’ordi­namento giuridico una normativa nel cui ambito la medesima situazione giuridica possa divenire oggetto di situazioni giurisdizionali in perpetuo divenire”[5]. In via generale esso trova giustificazione nel nostro sistema in quanto rispondente ad esigenze di economia dei procedimenti ed essenziale per garantire il cittadino nei confronti del malfunzionamento dell’apparato statale. In via specifica esso invece assume fattezze diverse e diverso fondamento a seconda dei vari ordinamenti. Così in campo civilistico esso soddisfa un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche attraverso la stabilità della decisione [6]. Esso trova riscontro nell’art 324 c.p.c., che fissa i termini della cosa giudicata formale nel senso che dal momento della sua formazione essa non può più essere messa in discussione se non (in limitati casi) per revocazione. Il giudicato sostanziale è invece previsto dall’art. 2909 c.c. e, come è noto, fa stato fra le parti in ordine all’accertamento di merito positivo o negativo del diritto controverso: esso “ha effetto preclusivo dell’esame degli stessi elementi in un successivo giudizio, che abbia identici elementi costitutivi della relativa azione e cioè i soggetti, la causa petendi ed il petitum” [7]. b) In campo penale il principio, per cui non si può sottoporre la stessa persona ad un procedimento per un reato per il quale è già stata assolta o condannata a seguito di una sentenza definitiva, è volto a garantire il cittadino nei confronti dell’uso distorto dell’iniziativa [continua..]

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