Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La tormentata evoluzione dell'art. 120 t.u.f.: le modifiche alla disciplina delle partecipazioni rilevanti introdotte dal d.l. “Liquidità” (di Barbara Petrazzini, Professore Aggregato di Diritto Commerciale presso l’Università di Torino)


Nel quadro dei provvedimenti emanati dal Governo per fronteggiare l’emergenza conseguente alla diffusione dell’epidemia da Covid-19, l’articolo si sofferma in particolare sull’art. 17 del d.l. “Liquidità” (d.l. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni nella l. 5 giugno 2020, n. 40), con il quale è stata modificata la disciplina degli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti contenuta nell’art. 120 del Testo Unico della Finanza.

Partendo dall’analisi della nuova disposizione legislativa, vengono esaminati i provvedimenti adottati dalla Consob, con i quali l’autorità di vigilanza ha ridisegnando il perimetro delle soglie di partecipazione in emittenti quotati che fanno scattare gli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti e di dichiarazione degli obiettivi perseguiti a seguito dell’acquisto.

The troubled evolution of art. 120 of the Consolidated Law on Finance: the regulation modifications when a major holding in a listed company is acquired introduced by Decree Law “Liquidità”

As part of the measures issued by the Government to deal with the Covid-19 emergency, the article focuses on  art. 17 of Decree Law 8 April 2020, no. 23, which has modified the regulations on the disclosure obligations when a major holding in a listed company is acquired, contained in art. 120 of the Consolidated Law on Finance.

Starting from the analysis of the new rules, the article examined the measures adopted by Consob, that redesign the perimeter of the participation thresholds in listed companies that trigger the obligations to communicate significant shareholdings and to declare the objectives pursued with the purchase.

SOMMARIO:

1. L’art. 120 t.u.f. - 2. L’art. 17 del Decreto Liquidità e gli interventi della Consob - 2.1. La possibilità di abbassare le soglie che fanno scattare l’obbligo di comunicazione delle partecipazioni rilevanti - 2.2. Le modifiche in tema di dichiarazione di intenti - 3. L’inosservanza degli obblighi di comunicazione - NOTE


1. L’art. 120 t.u.f.

La disciplina degli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti contenuta nell’art. 120 t.u.f. (erede di quella contenuta negli artt. 5 e 5 bis della l. n. 216/1974) [1] costituisce, insieme a quella della regolamentazione delle partecipazioni reciproche e dei patti parasociali, il nucleo centrale delle disposizioni che il Testo Unico della Finanza dedica alla trasparenza degli assetti proprietari ed impone, come noto, a coloro che partecipano in un emittente azioni quotate avente l’Italia come Stato membro di origine in misura superiore al 3% (o al 5% se si tratta di una PMI) [2] di darne comunicazione alla società partecipata e alla Consob [3]. La corretta informazione sui reali assetti di potere all’interno delle società quotate è componente essenziale della stabilità del sistema finanziario; e ciò spiega perché i due interventi di modifica più significativi della disposizione (cui si aggiungono ora quelli introdotti con il provvedimento oggetto del presente commento) abbiano coinciso con momenti di crisi dei mercati finanziari e siano accomunati dall’introduzione di un aggravio degli obblighi di comunicazione in capo a chi acquisisce una determinata percentuale del capitale sociale [4], così realizzando, attraverso una maggiore trasparenza del mercato del controllo societario, anche una forma indiretta di tutela degli investitori. In tal ottica deve infatti essere letta la previsione contenuta nell’art. 7, comma 3 quinquies della l. 9 aprile 2009, n. 33 che ha inserito nell’art. 120 t.u.f. il comma 2 bis (ora modificato dal d.l. “Liquidità”) e stabilito che la Consob possa “con provvedimento motivato da esigenze di tutela degli investitori nonché di efficienza e trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali, prevedere, per un limitato periodo di tempo, soglie inferiori a quella indicata nel comma 2 per le società ad elevato valore corrente di mercato e ad azionariato particolarmente diffuso”. E strettamente connessa alla disciplina delle offerte pubbliche di acquisto è altresì la modifica introdotta con l’art. 13 del d.l. 16 ottobre 2017, n. 148 (convertito con modificazioni nella l. 4 dicembre 2017, n. 172) che ha inserito nell’art. 120 t.u.f. il comma 4 bis. Con tale disposizione [continua ..]


2. L’art. 17 del Decreto Liquidità e gli interventi della Consob

In questo contesto è intervenuto il d.l. “Liquidità” (d.l. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni nella l. 5 giugno 2020, n. 40), il cui art. 17 ha apportato all’art. 120 t.u.f. due diverse modifiche: da un lato ha soppresso dal comma 2 bis il riferimento all’«elevato valore corrente di mercato», che non costituisce quindi più presupposto affinché la Consob possa prevedere con provvedimento «motivato da esigenze di tutela degli investitori nonché di efficienza e trasparenza del mercato del controllo e del mercato dei capitali» un abbassamento, per un limitato periodo di tempo, delle soglie che fanno scattare gli obblighi di comunicazione indicati nel comma 2; dall’altro ha inserito un ultimo periodo al comma 4 bis, disponendo che la Consob possa, sempre con provvedimento motivato dalle esigenze sopra ricordate, estendere, per un limitato periodo di tempo, l’obbligo di dichiarare gli obiettivi che si intendono perseguire anche in capo a coloro che acquisiscono una partecipazione superiore al 5% nelle società ad azionariato particolarmente diffuso [12]. Sottesa ad entrambi gli interventi c’è l’esigenza, sottolineata anche dalla Relazione Illustrativa al provvedimento, di prevedere strumenti di tutela del controllo azionario delle società da manovre speculative e da possibili scalate ostili, che potrebbero essere agevolate da una fase di mercato connotata da forte instabilità e turbolenze e da un periodo di congiuntura economico-finan­ziaria caratterizzato da un marcato ribasso del corso dei titoli azionari, conseguenti alla diffusione dell’epidemia da Covid-19. E che le nuove disposizioni rechino, nemmeno troppo sottotraccia, un’impronta di stampo “protezionistico”, frutto del momento di particolare vulnerabilità del sistema imprenditoriale dovuto al parziale blocco delle attività produttive in conseguenza della pandemia, è desumibile da un lato dal fatto che la disposizione in commento è inserita nel Capo della legge dedicato alle disposizioni in materia di esercizio di poteri speciali in settori di rilevanza strategica [13], da un altro dal fatto che, come avremo modo di osservare, destinatarie privilegiate degli interventi del legislatore (e dell’Autorità di vigilanza) sono soprattutto le imprese di piccole [continua ..]


2.1. La possibilità di abbassare le soglie che fanno scattare l’obbligo di comunicazione delle partecipazioni rilevanti

Avvalendosi del potere attribuitole dal nuovo comma 2 bis dell’art. 120 t.u.f., la Consob ha dunque adottato un primo provvedimento (delibera 9 aprile 2020, n. 21326) abbassando, per un periodo di tre mesi, le soglie indicate nel comma 2 all’1% nel caso di società diverse dalle PMI e al 3% nel caso di PMI. Nel proprio intervento, l’Autorità di vigilanza ha provveduto ad individuare nominativamente le società oggetto dei nuovi obblighi di comunicazione e, approfittando dell’abrogazione del riferimento all’«elevato valore corrente di mercato» che, come si è visto, non costituisce più parametro di riferimento per giustificare l’arretramento delle soglie che comportano il sorgere dell’obbligo di comunicazione delle partecipazioni rilevanti [16], ed utilizzando unicamente il parametro della «particolare diffusione dell’azionariato», ha potuto concentrare la propria attenzione in particolare sulle società di piccole e medie dimensioni quotate sui mercati regolamentati, caratterizzate da una minore capitalizzazione di mercato [17]. La ratio della disposizione, come si è accennato, è quella di approntare strumenti di difesa delle società da manovre speculative, prevenendo possibili scalate ostili in una fase di mercato caratterizzata da corsi azionari molto al di sotto della media degli ultimi anni, che potrebbero consentire a terzi diversi dai soci attuali di acquisire, con un livello minimo di capitale impiegato, partecipazioni o quote di controllo delle società [18]. Ciò spiega perché, secondo l’Autorità di vigilanza, gli obblighi non trovano applicazione né nel caso di soggetti controllati di diritto ex art. 2359, comma 1, n. 1, c.c. (in relazione ai quali non può dirsi sussistente il requisito dell’azionariato particolarmente diffuso) [19], né nelle ipotesi di esenzione dagli obblighi di comunicazione individuate dall’art. 119 bis del Regolamento Emittenti, emanato in attuazione del comma 4, lett. d-quater, dell’art. 120 t.u.f., tutte accomunate dal fatto di riferirsi a situazioni in cui i diritti di voto relativi alle azioni per cui è possibile omettere la comunicazione non sono esercitati né altrimenti utilizzati per intervenire nella gestione dell’emittente. Così [continua ..]


2.2. Le modifiche in tema di dichiarazione di intenti

Finalità analoghe a quelle che hanno determinato l’intervento della Consob descritto nel paragrafo precedente sono sottese anche al secondo provvedimento emanato in attuazione delle modifiche all’art. 120 t.u.f. introdotte con il d.l. “Liquidità”. Con la delibera 9 aprile 2020, n. 21327, l’Autorità di vigilanza si è infatti avvalsa del potere riconosciutole dall’ultimo periodo del comma 4 bis della norma sopracitata e ha esteso, per un periodo di tre mesi, l’obbligo di rendere noti gli obiettivi di investimento che intende perseguire nel corso de sei mesi successivi anche in capo a chi abbia acquistato una partecipazione pari o superiore al 5% in una società ad azionariato particolarmente diffuso [22]. L’obbligo di comunicazione della c.d. “dichiarazione di intenti” si aggiunge dunque a quello previsto dal primo periodo del comma citato (che impone tale comunicazione al superamento delle soglie del 10, 20 e 25% in ogni emittente quotato) e si giustifica, anche in questo caso, con le esigenze di salvaguardia degli investitori e di trasparenza del mercato del controllo, messe potenzialmente a rischio dalla situazione di estrema volatilità dei corsi azionari conseguente alla diffusione dell’epidemia da Covid-19. L’aspetto forse più interessante di questo secondo provvedimento è piuttosto un altro, ed è legato al fatto che esso fa espressamente salve, anche per il periodo transitorio, tutte le esenzioni dall’obbligo di comunicazione individuate dall’art. 122 ter del Regolamento Emittenti, articolo inserito nel testo regolamentare appena due giorni prima, con la delibera 7 aprile 2020, n. 21320 [23]. Restano così esclusi dall’obbligo di effettuare la dichiarazione di intenti: a) le acquisizioni di partecipazioni, anche in strumenti finanziari, in presenza delle quali è prevista l’esenzione dall’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto, ai sensi degli artt. 106 t.u.f. e 49 del Regolamento Emittenti[24], così come quelle che determinano l’obbligo di promuovere un’opa obbligatoria o sono effettuate nell’ambito di un’offerta pubblica di acquisto o scambio comunicata al mercato (posto che, in quest’ultimo caso, le informazioni sulla strategia perseguita dall’acquirente confluiscono nel [continua ..]


3. L’inosservanza degli obblighi di comunicazione

Un cenno, infine, ai profili sanzionatori. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dall’art. 193, comma 2, t.u.f. per il caso di omissione o di ritardo nelle comunicazioni, l’art. 120, comma 5, t.u.f. stabilisce che «il diritto di voto inerente alle azioni quotate o agli strumenti finanziari per i quali sono state omesse le comunicazioni previste dal comma 2 o la dichiarazione prevista dal comma 4 bis non può essere esercitato», con la conseguenza di rendere annullabile la deliberazione adottata con il voto determinante del socio che avrebbe dovuto astenersi (la cui partecipazione è comunque computata ai fini del quorum costitutivo) [27] e legittimando all’impugnazione anche la Consob nel termine di centottanta giorni che decorrono, a seconda del caso, dalla data della delibera, dalla data dell’iscrizione presso il registro delle imprese o del deposito presso l’ufficio del registro [28]. La linearità della disposizione è tuttavia solo apparente e la sua lettura complessiva (anche alla luce dei più recenti interventi legislativi) presenta alcuni margini di incertezza. Da un alto, infatti, lascia aperto l’interrogativo se la sospensione del voto sia limitata alla quota di partecipazione per la quale non sono stati adempiuti gli obblighi di comunicazione ovvero si estenda all’intera partecipazione; dall’altro impone di valutare se sia frutto di un difetto di coordinamento o, invece, di una scelta del legislatore il mancato richiamo dei commi 2 bis e 4, con la conseguenza di rendere o meno applicabile la sospensione del diritto voto non solo nel caso di mancata comunicazione del superamento delle soglie indicate nel comma 2 o di omissione della dichiarazione di intenti prevista dal comma 4 bis, ma anche nelle ipotesi in cui la violazione dell’obbligo di comunicazione riguardi le soglie individuate dalla Consob ai sensi del comma 2 bis ovvero le variazioni, in aumento o in diminuzione, stabilite dalla Consob in attuazione del comma 4, lett. a) [29]. Quanto al primo aspetto, pur essendosi sostenuto che la sanzione della sospensione del diritto di voto sarebbe diretta al soggetto che detiene la partecipazione e conseguentemente non potrebbe che riguardare l’intera partecipazione a questi riferibile [30], sembra preferibile la soluzione che [continua ..]


NOTE