Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Il quadro normativo di riferimento (di Bruno Inzitari, Professore di Diritto Civile presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca – Avvocato)


L’intervento mira a fornire il quadro normativo di riferimento in tema di contratti derivati, avuto particolare riguardo ai derivati c.d. implitici. In tale prospettiva di analisi, l’autore si sofferma sulla recente giurisprudenza di legittimità, nonché sulla valutazione delle clausole di indicizzazione contenute in alcuni contratti.

The regulatory framework

The paper aims to provide the regulatory framework on the subject of derivative contracts, with particular regard to the so-called implicit derivatives. In this perspective of analysis, the author focuses on the recent jurisprudence of legitimacy, as well as on the evaluation of the indexation clauses contained in some contracts.

Keywords: implicit derivatives – regulatory framework – jurisprudence of legitimacy

Ringrazio gli organizzatori del convegno che hanno colto l’occasione fornita da questa importante decisione della Cassazione, sez. III, n. 4659/2021 di febbraio di quest’anno. Tale decisione, che risveglia tutta una tematica di cui la giurisprudenza e la dottrina si sono ovviamente occupati, ma che trova le sue radici proprio nella definizione di obbligazione e di obbligazione pecuniaria, in modo particolare perché le vicende che sono state ben descritte dalla Presidente Renata Silva, che ha introdotto i lavori ricordando le peculiarità della sentenza e il quadro di riferimento, sono significative. Qui la clausola in questione era inclusa in un contratto in questo caso di leasing, la tematica si pone sempre in relazione di contratti di durata, contratti con esecuzione differita, dove evidentemente il tempo trascorso tra la stipulazione del contratto e l’adempimento in prestazione pecuniaria dell’obbligato può porre dei problemi di adeguamento della prestazione di difesa da determinati rischi. In questo caso la clausola veniva ricondotta dalla banca all’esigenza di introdurre una vera e propria componente del riequilibrio del tasso di interesse. Questo era calcolato non già alla valuta di denominazione del leasing, bensì ad una diversa valuta appunto il franco-svizzero, il cui tasso di interesse probabilmente al-l’epoca della stipulazione era sensibilmente più favorevole di quello applicato alla prima e che comunque presentava per l’utilizzatore elementi di vantaggio. Chiaramente entrambe le parti si trovavano esposte ad un rischio di cambio, in quanto la negoziazione trovava una sua attuazione attraverso una pattuizione in virtù della quale il contratto, in questo caso il leasing, non veniva denominato in euro, ma parametrato al tasso di interesse e alla quotazione di un’altra valuta. In questo modo la Cassazione affronta un tema che vede in sostanza la necessità di definire questa clausola come una clausola che fa parte dello stesso contratto (di leasing in questo caso) o che è giusto apposta ad essa secondo la teoria e la riconduzione del cosiddetto derivato implicito. L’espres­sione derivato implicito e esplicito, come anche letteralmente si può comprendere, deriva dal fatto che, nella stragrande maggioranza dei casi, i contratti derivati hanno una loro autonomia nel senso che sono esplicitamente diretti a costituire una vera e propria regolamentazione di un rischio tra le parti. Da questo punto di vista devo dire che la definizione di contratto derivato che è stata data nel corso del tempo, tutto sommato non si differenzia, mi permetto di dire, dal primo scritto che io feci, e che fu il primo in Italia, proprio sul contratto di swap, il quale risale al 1988 e anche in quel caso i contratti di swap nascevano da un’esperienza relativa a una negoziazione proprio con il franco-sviz­zero. Era un epoca [continua..]

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