Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


L'insolvenza delle società a partecipazione pubblica (di Maurizio Irrera-Marco Sergio Catalano)


SOMMARIO:

1. Premessa: rapporti fra Testo Unico delle Società a Partecipazione Pubblica e Codice della Crisi - 2. La valutazione del rischio di crisi aziendale delle società a controllo pubblico alla luce dell’art. 2, comma 1, lett. a), Codice della Crisi - 3. L’obbligo di predisposizione dei programmi di valutazione dei rischi di cui all’art. 6, comma 2, TUSP, come anticipazione del nuovo art. 2086, comma 2, c.c. - 4. I piani di risanamento di cui all’art. 14 TUSP - 5. Cenni sugli “strumenti di allerta” - NOTE


1. Premessa: rapporti fra Testo Unico delle Società a Partecipazione Pubblica e Codice della Crisi

Il tema dell’insolvenza delle società a partecipazione pubblica riveste oggi particolare interesse non tanto riguardo alla vexata quaestio in merito alla fallibilità delle società pubbliche: l’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 175/2016 (“TUSP”), infatti, ha chiarito definitivamente che le norme sul fallimento e sulle procedure concorsuali minori trovano applicazione per le società a partecipazione pubblica [1]. Piuttosto, le disposizioni in materia concorsuale del TUSP assumono rilievo in quanto anticipatorie di alcune delle soluzioni adottate nel d.lgs. n. 14/2019 (“Codice della Crisi”). Diviene perciò utile una lettura combinata delle nuove norme dedicate alla crisi di impresa e di quelle dedicate all’insol­venza delle partecipate pubbliche, per almeno due ragioni. La prima è che, costituendo queste ultima una sorta di anticipazione di alcune soluzioni adottate dal Codice della Crisi, in particolare in materia di indicatori e gestione della crisi, possono essere impiegate anche al fine di interpretare le nuove regole introdotte dal Codice (così come, specularmente, alcune delle regole introdotte con il Codice possono essere impiegate per chiarire me­glio la portata delle norme disciplinate dal TUSP). Il secondo motivo di interesse, invece, risiede nel fatto che, dall’entrata in vigore del Codice della Crisi [2], le norme del TUSP non verranno abrogate, ma continueranno a coesistere unitamente alle disposizioni codicistiche, dando luogo – come ora – ad una speciale disciplina concorsuale delle società pubbliche. Lo si desume in modo chiaro dall’art. 1, comma 3, Codice della Crisi, il quale, nel delineare l’ambito di applicazione del Codice, stabilisce letteralmente che «sono fatte salve le disposizioni delle leggi speciali in materia di crisi di impresa delle società pubbliche [3]». Viene così esplicitata non solo la necessaria coesistenza fra i due sistemi normativi nell’ambito delle società a partecipazione pubblica, ma anche la prevalenza delle disposizioni di carattere speciale contenute nel TUSP, in caso di eventuale contrasto con quelle del nuovo Codice della Crisi [4].


2. La valutazione del rischio di crisi aziendale delle società a controllo pubblico alla luce dell’art. 2, comma 1, lett. a), Codice della Crisi

Un primo, rilevante, esempio della dialettica fra Codice della Crisi e TUSP, si rinviene nell’art. 6, comma 2, TUSP, per il quale le società a controllo pubblico devono predisporre specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale e informarne l’assemblea nell’ambito della relazione sul governo societario redatta annualmente, a chiusura di ciascun esercizio [5]. Sino all’emanazione del Codice della Crisi, tuttavia, non vi era una nozione legislativa di “crisi”, ma solo di “insolvenza”, la quale, ai sensi del vigente art. 5, comma 2, legge fall., si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori che dimostrino l’incapacità del debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. I cenni legislativi alla “crisi” consentono solo di comprendere come essa sia meno grave dell’insolvenza. Si può assurgere ad esempio l’art. 160, comma 3, legge fall., per il quale, ai fini dell’accesso alla procedura di concordato preventivo «per stato di crisi si intende anche stato di insolvenza». Come noto, la norma si è resa necessaria per chiarire che, anche versando in situazione di insolvenza (e non solo di temporanea difficoltà), l’imprenditore può comunque accedere alle procedure concorsuali minori, senza necessariamente incorrere in fallimento. Anche alla luce di tali indicazioni legislative, in dottrina e giurisprudenza si è pertanto affermato che lo stato di crisi coincidesse con uno stato di temporaneo squilibrio economico-finanziario, tendenzialmente superabile dall’impresa mediante continuazione dell’operatività sul mercato [6]. L’art. 2, comma 1, lett. a), Codice della Crisi ha sostanzialmente recepito le indicazioni dottrinarie, definendo come “crisi”: «lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate». È tuttavia il caso di rilevare come la nozione di crisi accolta in sede di riforma incentri l’attenzione soprattutto sui profili di carattere economico e finanziario, sottolineando in particolare questi ultimi, laddove precisa che la crisi si manifesta con l’inade­guatezza dei flussi di cassa a far fronte [continua ..]


3. L’obbligo di predisposizione dei programmi di valutazione dei rischi di cui all’art. 6, comma 2, TUSP, come anticipazione del nuovo art. 2086, comma 2, c.c.

Se da un lato, dunque, il Codice della Crisi aiuta a chiarire la portata del­l’art. 6, comma 2, TUSP, fissando i contorni della nozione del rischio di crisi che deve costituire l’oggetto dei programmi di valutazione previsti dalla norma, proprio tali programmi costituiscono una sorta di anticipazione di una delle novità più interessanti e dirompenti del Codice della Crisi, vale a dire l’in­troduzione – ad opera dell’art. 375 – del secondo comma dell’art. 2086, c.c. La nuova norma, rientrante nel gruppo di disposizioni entrate in vigore dopo trenta giorni dalla pubblicazione del Codice della Crisi, prevede che «L’im­prenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’a­dozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il su­peramento della crisi e il recupero della continuità aziendale [7]». L’obbligo di predisporre adeguati assetti amministrativi, organizzativi e contabili, introdotto per le società quotate dall’art. 149, d.lgs. n. 58/1998, è stato esteso alle società per azioni di diritto comune con la riforma del diritto societario (d.lgs. n. 6/2003), costituendo la principale declinazione dei doveri generali di corretta amministrazione posti a carico dell’organo amministrativo [8]. Il Codice della Crisi ha generalizzato tale obbligo a tutte le forme di impresa collettiva, ivi incluse – ad esempio – le società di persone, che sino ad oggi ne erano esentate [9]; inoltre, sul piano contenutistico, ha precisato che gli assetti devono consentire di rilevare tempestivamente la crisi e la perdita della continuità aziendale, al fine di poter ricorrere ad uno degli strumenti di composizione della crisi medesima. A ben vedere, si tratta di un obbligo che era già compreso nell’obbligo generale di predisporre assetti adeguati, ma la specificazione compiuta dal Codice della Crisi appare comunque utile. Essa, inoltre, sembra sancire il passaggio da una prospettiva statica ad una prospettiva dinamica della [continua ..]


4. I piani di risanamento di cui all’art. 14 TUSP

L’art. 14, comma 2, TUSP prevede che, qualora nell’ambito dei programmi di valutazione dei rischi di cui all’art. 6, comma 2, TUSP, emergano segnali di crisi, l’organo amministrativo debba predisporre le iniziative necessarie per prevenirne l’aggravamento, correggerne gli effetti ed eliminarne le cause attraverso un piano di risanamento (la cui mancata adozione costituisce grave irregolarità ai sensi dell’art. 2409 c.c.). La norma manifesta l’esigenza – che ispira anche il Codice della Crisi – che il rischio di crisi venga per quanto possibile anticipato, quantomeno nell’ambito dei programmi annuali di valutazione dei rischi. Il piano di risanamento di cui all’art. 14, comma 2, TUSP assume un ruolo nevralgico nella soluzione della crisi delle società pubbliche, in quanto – ai sensi del successivo comma 4 – solo l’adozione di un piano che preveda il recupero dell’equilibrio delle attività economiche consente l’erogazione di ulteriori finanziamenti alla società in crisi da parte dell’amministrazione controllante. Va peraltro rilevato che vi è una lieve discrasia lessicale fra i commi 2 e 4 dell’art. 14, TUSP. Il primo, infatti, parla di “piano di risanamento”, mentre il comma 4 si riferisce ad un “piano di ristrutturazione”; si tratta, probabilmente, di un mero disallineamento terminologico e non di un preciso riferimento rispettivamente ai piani attestati di risanamento di cui all’art. 67, comma 3, lett. d), legge fall. ed agli accordi di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis, legge fall., tanto più ove si consideri che si ritiene che tali piani possano avere un contenuto “aperto”, vale a dire non necessariamente incasellato nell’alveo di uno strumento di gestione della crisi disciplinato dal diritto fallimentare, che anzi sono – almeno in linea teorica – finalizzati a prevenire [12]. Ciò significa, in altri termini, che il piano di risanamento di cui all’art. 14, comma 2, TUSP, può avere contenuti peculiari, anche al di fuori dai tipi disciplinati nella normativa fallimentare, così come può altresì collocarsi in ciascuna delle procedure concorsuali minori [13]. In particolare, la norma parrebbe consentire la possibilità di ricorrere a concordato in continuità nel [continua ..]


5. Cenni sugli “strumenti di allerta”

Un ultimo profilo su cui il TUSP ha anticipato il Codice della Crisi è quello dei c.d. “strumenti di allerta”. Ai sensi dell’art. 12, comma 1, Codice della Crisi, infatti «costituiscono strumenti di allerta gli obblighi di segnalazione posti a carico dei soggetti di cui agli articoli 14 e 15, finalizzati, unitamente agli obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore dal codice civile, alla tempestiva rilevazione degli indizi di crisi dell’impresa ed alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione». L’art. 14, comma 1, Codice della Crisi, poi, precisa che «gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni, hanno l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi». Come peraltro si è avuto modo di vedere, prima del Codice della Crisi, già l’art. 14 TUSP poneva – e tuttora pone – chiaramente in capo agli organi di amministrativi e di controllo di società pubbliche l’onere di attivarsi nel momento in cui vengano ravvisati profili di crisi. Dunque, sotto questo profilo, il Codice della Crisi si è limitato a generalizzare e, per così dire, completare, quanto già previsto per le società pubbliche. Costituisce invece una novità, che opererà anche per le società a partecipazione pubblica (in considerazione della già veduta applicabilità del Codice della Crisi alle società pubbliche), l’obbligo di segnalazione che l’art. 15 Codice della Crisi pone a carico di talune categorie di creditori qualificati, vale a dire Agenzia delle Entrate, INPS ed Agenti di riscossione. Senza addentrarsi in un commento specifico della norma, mette conto rilevare come gli obblighi di segnalazione da parte dei creditori pubblici qualificati, diversamente da quelli a carico degli organi di amministrazione e controllo, i quali hanno carattere anticipato, fanno emergere non tanto segnali di [continua ..]


NOTE