Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

30/08/2022 - Fatture soggettivamente inesistenti: non c’è il diritto alla detrazione dell’Iva anche se assolta

argomento: News del mese - Diritto Tributario

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La Cassazione con la sentenza 26051/2022 depositata il 7 luglio 2022 ha sancito che l’utilizzazione di fatture soggettivamente inesistenti integra il reato di dichiarazione fraudolenta perché comporta l’indetraibilità dell’Iva anche se non assolta. Per i Giudici della suprema corte è necessario ai fini dell’integrazione del reato che l’imprenditore sia a conoscenza della partecipazione ad una frode fiscale. Nel caso di specie un imprenditore ritenuto responsabile di dichiarazione fraudolenta con utilizzo di false fatture ricorreva in cassazione adducendo che non era stata provata la sua consapevolezza nella partecipazione alla frode e che, alla fine, era stata detratta l’Iva versata ai fornitori ritenuti dagli investigatori delle “cartiere” non conseguendo così benefici. La Cassazione nel rigettare il ricorso presentato dal contribuente ha chiarito che il tributo evaso è l’Iva in quanto è stato corrisposto a un soggetto che non è il reale cedente con la conseguente perdita del diritto alla detrazione. Infine, sempre in materia di falsa fatturazione la Cassazione, ha ribadito la necessità che i giudici, ritenendo responsabile un imprenditore di utilizzo in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti, debbano chiarire in cosa sia consistita tale inesistenza evidenziando se si tratti di inesistenza soggettiva, oggettiva o giuridica (qualitativa). Quest’ultimo veniva condannato alla pena della reclusione per avere emesso fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, al fine di consentire ad altra società a responsabilità limitata l’evasione delle imposte. In particolare, la Corte d’appello di Torino riformava parzialmente la sentenza di primo grado, da un lato, riducendo la pena prevista nella misura di mesi dieci di reclusione, poiché ravvisava l’intervenuta prescrizione per il reato commesso fino a settembre 2011, ma, dall’altro, confermando nel resto l’impugnata sentenza, che aveva condannato il suddetto amministratore per il delitto di cui all’articolo 8 d.lgs. 74/2000. Tralasciando i motivi di ricorso proposti dall’imputato, dei quali i primi due sono stati ritenuti inammissibili e il terzo non fondato, è opportuno evidenziare che la Corte di Cassazione nella sentenza in oggetto ha affermato senza alcun equivoco che “[…] Il Collegio intende dare continuità - e ribadire - all’indirizzo interpretativo, mai smentito, secondo cui il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 8 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato istantaneo che si consuma nel momento di emissione della fattura ovvero, ove si abbiano plurimi episodi nel medesimo periodo di imposta, nel momento di emissione dell’ultima di esse (Sez. 3, n. 47459 del 05/07/2018, M. (omissis ndr.), Rv. 274865 - 01; Sez. 3, n. 25816 del 21/04/2016, DR. (omissis ndr.), Rv. 267664 - 01; Sez. 3, n. 10558 del 06/02/2013, D. (omissis ndr.), Rv. 254759 - 01; Sez. 3, n. 6264 del 14/01/2010, V. (omissis ndr.), Rv. 246193 - 01). Questa Corte di legittimità, sin dalla decisione n. 6264 del 2010, ha affermato che il momento consumativo del reato di emissione di false fatture va individuato nella data di emissione del singolo documento fiscale oppure, nella ipotesi di plurimi episodi nel corso del medesimo anno d’imposta, nella data di emissione dell’ultimo di essi. Secondo la Corte, tale principio costituisce attuazione della chiara disposizione che, al d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 8, in deroga agli ordinari principi previsti dall’art. 81 cpv. c.p. in tema di continuazione, prevede un regime di favore per l’imputato mediante la riconduzione ad unità dei plurimi episodi di emissione di fatture per operazioni inesistenti commessi nell’arco del medesimo arco di imposta […]”. Sempre sul tema della prescrizione i giudici del palazzaccio hanno affermato che “[…] A fronte di tale regime favorevole, che riconduce la pluralità ad unico reato e in tal modo esclude l’aumento di pena che sarebbe applicato in via ordinaria, corrisponde la conseguenza che il termine prescrizionale non decorre dalla data di commissione di ciascun episodio, bensì dall’ultimo di essi […]”.