Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Whistleblowing: finalmente una legge generale ad hoc. Luci ed ombre (di Aldo Frignani)


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SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il raffronto con la normativa precedente - 3. Il wistleblowing nel settore privato - 4. Il wistleblowing prevale sull’obbligo al segreto. Il caso della proprietà industriale - 5. Qualche conclusione a caldo. In particolare il whistleblowing e il diritto della concorrenza - NOTE


1. Premessa

Avendo svolto alcune considerazioni sul whistleblowing nel public enforcement della concorrenza sulla rivista Il diritto industriale, n. 5, 2017, p. 413 ss., la legge 30 novembre 2017, n. 179 relativa alla “tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, approvata il 15 novembre 2017, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 2017 ed entrata in vigore il 29 dicembre 2017, mi offre l’occasione, al di là della sua illustrazione, di qualche ulteriore approfondimento ed in particolare di trovare una conferma o di dover ammettere una smentita di quanto scrissi allora. Innanzi tutto la legge 179 offre alcune conferme: in senso positivo e cioè la necessità di tenere riservata l’identità del segnalatore come strumento essenziale per tutelarlo da discriminazioni o ritorsioni; in senso negativo e cioè la protezione dell’identità del denunciante non è spinta fino all’anonimato in ingresso e poi l’assenza di incentivi per invogliare chi è a conoscenza di fatti o notizie corruttive a denunciarli. Ma vediamo la struttura della legge n. 179. Essa è composta di tre articoli: il primo integra l’art. 54-bis del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 [1] con 9 lunghi commi; il secondo, dedicato agli illeciti nel settore privato, aggiunge alcuni commi all’art.6 del decreto 8 giugno 2001, n. 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti; l’ultimo si interessa del rapporto fra il segreto d’ufficio aziendale o professionale e l’obbligo di fedeltà del dipendente (art.2105 c.c.) e la denuncia degli illeciti, dando priorità all’interesse generale a conoscere gli illeciti al fine di prevenirli o sanzionarli. Gli artt. 1 e 2 sono dunque la conferma che il whistleblowing trovava già una disciplina, seppure embrionale ed insufficiente, nell’ordinamento italiano, di cui la legge in commento costituisce una generalizzazione ed un perfezionamento.


2. Il raffronto con la normativa precedente

Circa il rapporto tra il vecchio art. 54-bis e l’attuale, menziono i seguenti punti: i) Innanzi tutto c’è la definizione di “dipendente pubblico”, allargato al “dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell’art. 2359 c.c.”, ma sembra non comprendere i dipendenti di enti privati a semplice[2]partecipazione pubblica. In compenso la norma è estesa “anche ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzino opere in favore dell’ammini­strazione pubblica”. Ciò vuol dire che vi ricadono tutti gli appaltatori di appalti pubblici e ciò non può meravigliare dal momento che sono questi i contratti attraverso i quali passa la più gran massa di denaro e sono più soggetti a corruzione, collusione ed altri reati. D’altra parte in tutte le legislazioni sul whistleblowing a noi note, a cominciare dal False Claim Actstatunitense del 1863, il bid rigging è il terreno di coltura nel quale sono nate e cresciute. ii) “L’identità del segnalante non può essere rivelata”. Al principio della riservatezza sono apposte molte eccezioni. È legittimo chiedersi se ciò basti a garantire l’anonimato[3]. È da dubitarne. Intanto l’autorità o ente che riceve la denuncia è in tal modo venuto in possesso del nome del denunciante: è come quanto uno rivela un segreto ad un altro facendosi promettere che questi non lo rivelerà ad alcuno: il segreto è perso! Che in Italia non ci si possa fidare ne fa testimonianza la scarsa tenuta del segreto istruttorio sia in sede penale che civile. Bisognerebbe adottare la tecnica usata dalla Commissione europea nella sua comunicazione del 16 marzo 2017 che annunciava l’adozione del nuovo mezzo per garantire l’anonimato nelle denunce relative alle violazioni della concorrenza [4]. Il legislatore sembra che abbia percepito la insufficienza del­l’affermazione “non può essere rivelata” e al comma 5 prevede che “Le linee guida[dell’ANAC] prevedono l’utilizzo di modalità anche informatiche e promuovono il ricorso a strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell’identità del [continua ..]


3. Il wistleblowing nel settore privato

Con l’art.2 si traspone la normativa dell’art. 1 dal settore pubblico a quello privato mediante un irrobustimento del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. È da notare nella nuova legge la richiesta di: a) “uno o più canali” per la segnalazione (art. 2-bis, lett.a); b) “almeno uncanale alternativo di segnalazione”, che garantisca la riservatezza (art. 2-bis, lett.b). La lettera della norma ci induce a pensare che gli enti soggetti al d.lgs. 231 debbano avere nel loro modello una pluralità di “canali” per le segnalazioni diversi, rispetto a quello comune della governance prestabilito in base al diritto societario applicabile secondo la struttura prescelta, per gli scopi previsti dalla 231. In proposito avevo a suo tempo sottolineato che fra i compiti dell’organismo di controllo istituito dal d.lgs. n. 231 c’era quello di soggetto destinatario delle eventuali segnalazioni da parte dei dipendenti [23], con il logico presupposto che per renderle più agevoli conveniva organizzare il loro anonimato [24]. Ovviamente si ragionava e si ragiona in termini di whistleblowing interno che, quanto alla segretezza del denunciante, ha altre esigenze rispetto al whistleblowing diretto ad un’autorità pubblica. Qui il coordinamento tra le norme dei due settori pubblico e privato è scarso. Per averne un esempio, contrariamente a quanto disposto nell’ambito della pubblica amministrazione, nel settore privato manca qualsiasi indicazione dell’autorità esterna all’ente a cui fare la denuncia, mentre per il whistleblowing interno probabilmente ci si dovrà riferire all’organo di controllo [25]: dunque un certo grado di overlapping sembra inevitabile. È scomparsa, come finalità della norma, “l’integrità della pubblica amministrazione” sostituita dall’“integrità dell’ente”: il che mi sembra corretto, perché riflette l’interesse privatistico da tutelare in contrapposizione con quello pubblicistico legato alla P.A. Un elemento di critica è dato dall’ambito di applicazione della nuova legge ai sensi dell’art. 2 che si riferisce al d.lgs. 231. Per meglio capire il problema, riportiamo, per comodità del lettore, i tipi di illecito enunciati agli artt. 25 ss., cui sicuramente [continua ..]


4. Il wistleblowing prevale sull’obbligo al segreto. Il caso della proprietà industriale

L’art. 3 solleva il denunciante dall’applicazione di tutte le norme penali e civili che tutelano il segreto dando priorità al “perseguimento dell’interesse all’integrità delle amministrazioni, pubbliche e private” mediante la scoperta o cessazione di fatti corruttivi rispetto “all’interesse al segreto d’ufficio, aziendale, professionale, scientifico e industriale”. Questa scriminante è sottoposta ad un limite: torna a prevalere la norma generale a tutela del segreto se “la rivelazione [è fatta] con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell’eliminazione dell’illecito e, in particolare, la rivelazione [è fatta] al di fuori del canale di comunicazione specificamente predisposto a tal fine” … Pertanto se la denuncia è fatta, ad esempio, sulla stampa o tramite i social networks, il denunciante risponderà degli eventuali illeciti di violazione del segreto. Quid se nella denuncia vengono rivelati segreti industriali che potevano costituire oggetto di domanda di brevetto. Secondo l’art. 47 del codice della proprietà industriale (d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30) la divulgazione non è opponibile “se si è verificata nei sei mesi che precedono la data di deposito della do­manda di brevetto e risulta direttamente o indirettamente da un abuso evidente ai danni del richiedente o del suo dante causa” [26]. Ci può aiutare a rispondere al quesito la direttiva del Parlamento e del Consiglio dell’8 giugno 2016, n. 2016/943 sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’ac­quisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti, la quale regola in modo esplicito il nostro caso. L’art. 5 dice che la presunta divulgazione del segreto commerciale non può essere sanzionata quando sia avvenuta “per rivelare una condotta scorretta, un’irregolarità o un’attività illecita, a condizione che il convenuto abbia agito per proteggere l’interesse pubblico generale” [27]. Il combinato disposto delle due norme porta alla conclusione che se la denuncia risulta basata su falsità il denunciato non perde i suoi diritti al brevetto, con una ulteriore specificazione: che mentre nella norma italiana sembra che la non [continua ..]


5. Qualche conclusione a caldo. In particolare il whistleblowing e il diritto della concorrenza

1. Nel titolo l’abbiamo definita una legge generale sulwhistleblowing. Ciò non è del tutto corretto sotto svariati profili. In primo luogo è rimasta incentrata dalla visione laburistica del fenomeno (che-lo riconosciamo-è il più importante), ma ci sono altre sfaccettature oltre la tutela del denunciante da ritorsioni del suo datore di lavoro: si pensi alla denuncia di un terzo o di un concorrente o di un agente per suo conto. In proposito mi sembra oltremodo restrittivo che gli illeciti denunciati debbano essere quelli “di cui [il whistleblowing] è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro”. Così impostato il meccanismo, ne rimangono fuori tutti gli illeciti di cui il lavoratore sia venuto a conoscenza in altro modo e al di fuori del rapporto di lavoro, per esempio quegli che riguardano altre amministrazioni. Infine rimangono in piedi e fuori dalla legge in commento le regolamentazioni settoriali che o non sono state soppresse o non si è provveduto al necessario coordinamento. 2. In secondo luogo, persistendo le regolamentazioni settoriali, si nota ancora di più la mancata estensione alla concorrenza, del cui interesse generale nessuno più dubita. Questo aspetto merita qualche osservazione specifica. I legislatori più avanzati nella materia hanno preso atto che senza il contributo dei whistleblowers molte intese segrete sarebbero sfuggite alle indagini delle autorità competenti, non risultando sufficienti i leniency programs che pure avevano adottato e qualche risultato avevano prodotto [29]. Ho già illustrato le ragioni per le quali tali programmi di clemenza non possono sostituire se non in misura minima la funzione che si affida al whistleblowing [30]. Da tempo si è cercato di superare anche legislativamente tale limitazione. Ciò vale in particolare per quegli ordinamenti come gli USA che hanno istituito nella disciplina antitrust, accanto alla Corporate Leniency Policy, la c.d. Individual Leniency Policy che si applica a tutte le singole persone che denunciano una violazione antitrust da parte della società nella quale sono impiegati [31]. Questa regola acquista una particolare giustificazione in quegli ordinamenti dove le violazioni delle regole sulla concorrenza sono attribuite e colpiscono anche le persone fisiche come amministratori, [continua ..]


NOTE