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La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 23357 del 19 settembre 2019, ha sancito che non è legittimo l’accertamento induttivo quando si verifica un mero scostamento non significativo tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore. La Suprema Corte chiarisce che l’accertamento induttivo è possibile solo qualora si verifichi una “grave incongruenza”, in quanto la persistenza di tale presupposto trova riscontro – sempre nel quadro di una generale lettura costituzionalmente orientata del principio di capacità contributiva – anche nell’art. 10 comma 1 L. 146/98, il quale, pur non contemplando espressamente il requisito della grave incongruenza, compie un rinvio recettizio all’art. 62 sexies comma 3 del d.l. 331 del 1993. Infatti nella sentenza si legge “i giudici avrebbero dovuto valutare la sussistenza o meno del grave scostamento tra i ricavi dichiarati e accertati, quali determinati a seguito del contraddittorio con il contribuente, che aveva portato ad un notevole ridimensionamento dell’originario risultato, basato sulla semplice applicazione automatica dello studio di settore, in maniera avulsa dalla considerazione della specifica realtà imprenditoriale”.