argomento: News del mese - Diritto Civile e Commerciale
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La Corte di Cassazione, con Ordinanza del 13 febbraio 2019, n. 4254 ha affermato che è considerato quale marchio geografico quello che fa riferimento ad una specifica località geografica, ossia non a una mera caratteristica morfologica di un elemento naturale, bensì proprio a un preciso luogo. La Suprema Corte ha precisato che i nomi di località devono essere considerati come una res communis, ovvero patrimonio comune dei produttori e degli abitanti di quel determinato luogo, e in quanto tali privi di capacità distintiva: la registrazione degli stessi, in sé e per sé, come marchi, infatti, potrebbe creare ingiustificati privilegi o disparità di trattamento a discapito della libera concorrenza. Diversa però – e del tutto legittima – è la registrazione di un marchio in cui il toponimo assolva a una mera funzione fantastica od originale per ciò che concerne il prodotto contrassegnato, a patto che la località in questione non influisca sulle aspettative del pubblico, sulle caratteristiche e sul pregio del prodotto. In generale, quindi, si può affermare che: i) è vietata la registrazione quale marchio delle denominazioni descrittive di prodotti e/o servizi; ii) il nome geografico è annoverato nell’elenco esemplificativo delle indicazioni descrittive.