Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Le nuove categorie di società (di capitali) e i riflessi sull'informativa di bilancio. Disciplina sanzionatoria. In sede civile e penale (di Luciano M. Quattrocchio, Professore di diritto dell’economia presso l'università di Torino)


L'autore illustra le nuove categorie di società di capitali e la relativa disciplina in tema di bilancio di esercizio. In tale prospettiva di analisi, l'autore si sofferma sui riflessi sanzionatori in sede civile e penale.

The new categories of (limited) company and the reflections on financial statement information. Sanctioning discipline in civil and criminal cases

The author illustrates the new categories of limited companies and the related regulations on the subject of financial statements. Within this context of analysis, the author focuses on the effects in civil and criminal matters.

SOMMARIO:

1. Il bilancio d’esercizio. Il contesto normativo di riferimento - 2. La disciplina anteriore alla riforma - 3. La disciplina novellata - 3.2. Il contenuto obbligatorio - 4. La disciplina sanzionatoria - 4.2. La disciplina penale. Le false comunicazioni sociali - 4.2.2. La nuova disciplina - 4.2.3. I fatti di lieve entità - 4.2.4. La particolare tenuità del danno - NOTE


1. Il bilancio d’esercizio. Il contesto normativo di riferimento

La disciplina di riferimento in tema di bilancio di esercizio è quella contenuta negli artt. 2423 ss. c.c. [1]: i) per le società per azioni, in via diretta; ii) per le società in accomandita per azioni, in forza della disposizione di rinvio generale alle norme relative alla società per azioni, contenuta nell’art. 2454 c.c.; iii) per le società a responsabilità limitata (ordinarie e semplificate), in virtù dei richiami contenuti nell’art. 2478-bis, comma 1, c.c.; iv) per le società cooperative, grazie alla disposizione di rinvio alle norme relative alla società per azioni o alla società a responsabilità limitata, contenuta nell’art. 2519, commi 1 e 2, c.c.; v) per le società europee, per effetto della norma di rinvio contenuta nell’art. 61, reg. (CE) 2157/2001.


2. La disciplina anteriore alla riforma

2.1. Le norme generali Anteriormente alla riforma introdotta dal d.lgs. 18 agosto 2015, n. 139, il codice civile prevedeva (solo) due schemi di bilancio: il bilancio in forma ordinaria e quello in forma abbreviata. Quest’ultimo, a norma dell’art. 2435-bis c.c., poteva essere redatto esclusivamente dalle società, che – nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi – non avessero superato due dei seguenti limiti [2]: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro; 3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 50 unità. Peraltro, tale facoltà veniva meno quando, per il secondo esercizio consecutivo, avessero superato due dei limiti sopra indicati. Il bilancio in forma abbreviata prevedeva – e, in larga parte, prevede tuttora (ma v. infra) – una serie di semplificazioni, e in particolare: i) lo stato patrimoniale comprende solo le voci contrassegnate nell’art. 2424 c.c. con lettere maiuscole e con numeri romani; le voci A e D dell’attivo possono essere comprese nella voce CII; dalle voci BI e BII dell’attivo devono essere detratti in forma esplicita gli ammortamenti e le svalutazioni; la voce E del passivo può essere compresa nella voce D; nelle voci CII dell’attivo e D del passivo devono essere separatamente indicati i crediti e i debiti esigibili oltre l’esercizio successivo; ii) nel conto economico del bilancio in forma abbreviata, le seguenti voci previste dall’art. 2425 c.c. possono essere tra loro raggruppate: voci A2 e A3, voci B9 (c), B9 (d), B9 (e), voci B10 (a), B10 (b), B10 (c), voci C16 (b) e C16 (c), voci D18 (a), D18 (b), D18 (c) e voci D19 (a), D19 (b), D19 (c); iii) nel conto economico del bilancio in forma abbreviata, nella voce E20 non è richiesta la separata indicazione delle plusvalenze e nella voce E21 non è richiesta la separata indicazione delle minusvalenze e delle imposte relative a esercizi precedenti; iv) nella nota integrativa, sono omesse le indicazioni richieste dal n. 10 dell’art. 2426 c.c. e dai nn. 2, 3, 7, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16 e 17 dell’art. 2427 e dal n. 1 del comma 1 dell’art. 2427-bis; le indicazioni richieste dal n. 6 dell’art. 2427 sono riferite all’importo globale dei debiti iscritti in bilancio. Inoltre, le società possono limitare [continua ..]


3. La disciplina novellata

3.1. Il contesto normativo di riferimento L’art. 3, direttiva 26 giugno 2013, 2013/34/UE, individua quattro categorie di imprese: 1) le microimprese; 2) le piccole imprese; 3) le medie imprese; 4) le grandi imprese. Lo stesso art. 3 stabilisce che: –   sono micro imprese le imprese che, alla data di chiusura del bilancio, non superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti: a) totale dello stato patrimoniale: 350.000 euro; b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 700.000 euro; c) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 10; –   sono piccole imprese le imprese che, alla data di chiusura del bilancio, non superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti: a) totale dello stato patrimoniale: 4.000.000 di euro; b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 8.000.000 di euro; c) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 50; –   sono medie imprese le imprese che non rientrano nella categoria delle microimprese o delle piccole imprese e che, alla data di chiusura del bilancio, non superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti: a) totale dello stato patrimoniale: 20.000.000 di euro; b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000 di euro; c) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250; –   sono grandi imprese le imprese che, alla data di chiusura del bilancio, superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti: a) totale dello stato patrimoniale: 20.000.000 di euro; b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000 di euro; c) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250. Il d.lgs. 139/2015, di attuazione della direttiva, riporta soltanto – all’art. 1 – la definizione di “grande società”, corrispondente alla società che, alla data di chiusura del bilancio, abbia superato almeno due dei seguenti limiti dimensionali: 1) totale dello stato patrimoniale: 20.000.000 di euro; 2) ricavi netti delle prestazioni: 40.000.000 di euro; 3) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250. La nozione coincide con quella di “grandi imprese”, di matrice europea. Esso, tuttavia, introduce il nuovo art. 2435-ter c.c. [4], il quale – al comma 1 – definisce micro-imprese le società di cui all’art. 2435-bis [continua ..]


3.2. Il contenuto obbligatorio

Il d.lgs. 18 agosto 2015, n. 139, apporta una serie di modifiche alla disciplina “generale” del bilancio d’esercizio, fra cui quella di maggior rilievo è costituita dall’introduzione dell’obbligo di redazione del rendiconto finanziario. In particolare, il nuovo art. 2425-ter c.c. stabilisce che dal rendiconto finanziario devono risultare, per l’esercizio a cui è riferito il bilancio e per quello precedente, l’ammontare e la composizione delle disponibilità liquide, al­l’inizio e alla fine dell’esercizio, e i flussi finanziari dell’esercizio derivanti dall’attività operativa, da quella di investimento e da quella di finanziamento, ivi comprese, con autonoma indicazione, le operazioni con i soci. Pertanto, le PMI innovative, che non possono esercitare la facoltà di redigere il bilancio ai sensi dell’art. 2435-bis c.c. (bilancio abbreviato o delle piccole imprese) ovvero del nuovo art. 2435-ter c.c. (bilancio delle micro-im­prese), devono predisporre tale documento. Il d.lgs. 138/2015 apporta – come si è detto – una serie di modifiche all’art. 2435-bis c.c. e introduce il nuovo art. 2435-ter c.c., il quale prevede che gli schemi di bilancio e i criteri di valutazione delle micro-imprese sono mutuati dall’art. 2435-bis. Le micro-imprese sono, tuttavia, esonerate dalla redazione: i) del rendiconto finanziario; ii) della nota integrativa quando in calce allo stato patrimoniale risultino le informazioni previste dal comma 1 dell’art. 2427, nn. 9 e 16; iii) della relazione sulla gestione quando in calce allo stato patrimoniale risultino le informazioni richieste dai nn. 3 e 4 dell’art. 2428. Inoltre, non sono applicabili le disposizioni di cui al comma 5 dell’art. 2423 e al n. 11-bis del comma 1 dell’art. 2426. Le PMI innovative possono optare per il bilancio in forma abbreviata soltanto nel caso in cui non superino due dei tre limiti: 1) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro; 2) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro; 3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 50 unità. E, in ogni caso, tale facoltà viene meno quando, per il secondo esercizio consecutivo, superino due dei limiti indicati. Esse possono, invece, optare per il bilancio delle micro-imprese nel caso in cui non superino due dei tre limiti: 1) ricavi delle [continua ..]


4. La disciplina sanzionatoria

4.1. La disciplina civilistica A norma dell’art. 2434-bis c.c., le azioni volte a far dichiarare l’annulla­mento o la nullità delle deliberazioni di approvazione del bilancio non possono essere proposte dopo che è avvenuta l’approvazione del bilancio dell’eser­cizio successivo. Peraltro, la legittimazione ad impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio su cui il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti ha emesso un giudizio privo di rilievi spetta a tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale. Infine, il bilancio dell’esercizio nel corso del quale viene dichiarata l’invalidità tiene conto delle ragioni di questa [5].


4.2. La disciplina penale. Le false comunicazioni sociali

4.2.1. La disciplina previgente La normativa anteriore alla riforma introdotta dalla legge 27 maggio 2015, n. 69, distingueva tra la fattispecie base di natura contravvenzionale di cui all’art. 2621 c.c., costruita come reato di pericolo, e quella di natura delittuosa disciplinata dal successivo art. 2622 c.c., che sanzionava il danno effettivo subito dalla società, dai soci o dai creditori in conseguenza del falso in bilancio. In entrambi i casi di falso in bilancio la punibilità era esclusa: i) nel caso in cui le falsità o omissioni delle scritture contabili della società non alterassero sensibilmente la situazione economica, finanziaria o patrimoniale della società o del gruppo societario di cui faceva parte la società; ii) nel caso in cui portassero ad una variazione del risultato di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5%, oppure una variazione del patrimonio societario non superiore all’1%. Nel solo caso previsto dall’art. 2622 c.c., la punibilità era comunque esclusa ove le stime successive alla dichiarazione differissero meno del 10% rispetto alla stima corretta. Rispetto alla disciplina previgente, la riforma distingue tra falso in bilancio di società non quotate e falso in bilancio di società quotate, sanzionando entrambe le fattispecie come delitto. È opinione corrente che la vecchia disciplina trovi applicazione alle false comunicazioni sociali perpetrate sino alla data della sua entrata in vigore, in ragione del fatto che – con la riforma – sono state eliminate le soglie di punibilità; fatte salve le ipotesi di nuova introduzione, costituite dai “Fatti di lieve entità” e dalla “Non punibilità per particolare tenuità” (v. infra).


4.2.2. La nuova disciplina

Il nuovo art. 2621 c.c. prevede che le false comunicazioni sociali, precedentemente sanzionate come contravvenzione, integrino un delitto, punito con la pena della reclusione da 1 a 5 anni. Per contro, nulla è cambiato in relazione ai soggetti in capo ai quali la responsabilità è ascritta: amministratori, direttori generali, dirigenti addetti alla predisposizione delle scritture contabili, sindaci e liquidatori [6]. Tuttavia, nel nuovo art. 2621 c.c., la condotta illecita consiste nell’esporre consapevolmente fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero o nel­l’omet­tere consapevolmente fatti materiali rilevanti, la cui comunicazione è imposta dalla legge, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore. Oltre al passaggio da contravvenzione a delitto, i principali elementi di novità del nuovo reato di falso in bilancio di cui all’art. 2621 c.c. sono i seguenti: i) sono scomparse le soglie di non punibilità; ii) è stato modificato il riferimento al dolo (in particolare, permane il fine del conseguimento per sé o per altri di un ingiusto profitto, ma viene meno “l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico”, mentre è esplicitamente introdotto nel testo il riferimento alla consapevolezza delle falsità esposte). In quanto delitto, anziché contravvenzione, il falso in bilancio di cui al nuovo art. 2621 c.c. dovrebbe comunque presumere il dolo e quindi la consapevolezza di commettere un reato. Inoltre, il nuovo testo conferma anche il dolo specifico relativo all’ingiusto profitto, elemento che richiede una consapevolezza ulteriore dell’illiceità della condotta; iii) è stato eliminato il riferimento all’omissione di “informazioni”, sostituito dal riferimento all’omissione di “fatti materiali rilevanti” (la cui comunicazione è imposta dalla legge, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene); iv) è stato introdotto l’elemento oggettivo ulteriore della “concreta” idoneità dell’azione od omissione ad indurre altri in errore. Il riferimento dell’art. 2621 c.c. alle modalità del falso – ovvero al fatto che debba essere [continua ..]


4.2.3. I fatti di lieve entità

Come anticipato, la riforma ha introdotto nel Codice civile due nuove disposizioni dopo l’art. 2621 c.c.: gli artt. 2621-bis (“Fatti di lieve entità”) e 2621-ter (“Non punibilità per particolare tenuità”). L’art. 2621-bis c.c. disciplina l’ipotesi in cui il “falso in bilancio” di cui all’art. 2621 c.c. sia costituito da fatti “di lieve entità”, salvo che costituiscano più grave reato. Tale fattispecie, punita con la reclusione da sei mesi a tre anni (fatta salva la non punibilità per particolare tenuità del fatto: nuovo art. 2621-ter c.c.), viene qualificata dal giudice tenendo conto: i) della natura e delle dimensioni della società; ii) delle modalità o degli effetti della condotta. Analoga sanzione si applica – in base al comma 2 del nuovo art. 2621-bis c.c. – anche nel caso in cui le falsità o le omissioni riguardino società che non superano i limiti indicati dal comma 2 dell’art. 1 della legge fallimentare. Si tratta, quindi, delle società: i) che hanno avuto, negli ultimi tre esercizi, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila; ii) che hanno realizzato, negli ultimi tre esercizi, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; iii) che hanno un ammontare di debiti, anche non scaduti, non superiore ad euro cinquecentomila. In tal caso, il delitto è procedibile a querela della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale. La sanzione ridotta prevista dal comma 2 per le specifiche tipologie di società più piccole costituisce, pertanto, una presunzione assoluta, introdotta direttamente dalla legge, circa la sussistenza del fatto di lieve entità e l’applica­bilità della relativa sanzione. Le condotte che interessano società di dimensioni maggiori rispetto a quelle indicate nel comma 2 possono comunque rilevare ai fini della lieve entità in base a una valutazione del caso concreto, operata dal giudice in applicazione del comma 1 in cui, come si è visto, debbono comunque essere valutate anche le dimensioni della società.


4.2.4. La particolare tenuità del danno

Il nuovo art. 2621-ter c.c. prevede che, ai fini della non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. per particolare tenuità dell’illecito (disposizione introdotta dal d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28), il giudice valuta, in modo prevalente, l’en­tità dell’eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori dal falso in bilancio di cui agli artt. 2621 e 2621-bis c.c. L’art. 131-bis c.p. (“Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”) prevede (comma 1) che, nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi del­l’art. 133, comma 1 (quindi in base: alla natura, alla specie, ai mezzi, all’og­getto, al tempo, al luogo e ad ogni altra modalità dell’azione; alla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; alla intensità del dolo o al grado della colpa), l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. La disposizione introdotta dall’art. 2621-ter c.c. deroga, quindi, ai criteri generali sulla non punibilità per particolare tenuità del fatto, previsti dall’art. 131-bis c.p.


NOTE