Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Sostenibilità e continuità aziendale, (in)sostenibilità e (dis)continuità aziendale: brevi considerazioni sulle relazioni tra dimensione ESG e adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili (di Daniele Gasbarro, Cultore di “Ristrutturazione delle Imprese” nell'Università La Sapienza di Roma. Dottore Commercialista in Roma, Revisore Legale dei conti)


L'autore offre alcuni spunti di riflessione sulla sostenibilità, con un breve excursus della disciplina e degli studi condotti, per poi esaminare il tema con riferimento agli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili. Questi, per poter assolvere pienamente alle funzioni cui sono preposti, devono essere in grado di intercettare e gestire tutti i rischi aziendali, compresi quelli non finanziari e riconducibili alla dimensione ESG. A tal fine, gli organi di amministrazione e controllo devono prevedere l'inserimento di figure professionali competenti in materia e la reportistica aziendale deve essere integrata con gli strumenti di rilevazione della performance non finanziaria.

Sustainability and business continuity, (in)sustainability and business (dis)continuity: brief considerations on the relationship between the ESG dimension and adequate organisational, administrative and accounting structures

The author offers some reflections on sustainability, with a short overview of the discipline and the studies conducted, to then examine the topic with reference to the adequate organisational, administrative and accounting structures. These must be able to intercept and manage all company risks, including non-financial risks and those attributable to the ESG dimension. The administration and control bodies must provide for the inclusion of competent professional figures in the matter and corporate reporting must be integrated with the tools for detecting non-financial performance.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Celere panoramica del contesto normativo - 3. Esg e performance economico-finanziaria: breve ricognizione della letteratura - 4. Esg e adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili - 5. Conclusioni - Bibliografia - NOTE


1. Introduzione

La sostenibilità dell’attività d’impresa è tema centrale che anima il dibattito sia ambito aziendalistico sia in ambito giuridico. La prospettiva strettamente finanziaria o contabile dalla quale osservare l’impresa, che ha trovato ampio successo nel secolo scorso e che rispondeva a una logica prettamente liberista, ha ceduto il passo a una cultura aziendale più matura. L’impresa è via via assurta a mera entità generatrice di profitto ad attore sociale capace di soddisfare le aspettative dei c.d. stakeholders. Questo cambio di paradigma è stato sospinto da eventi esogeni, talvolta dirompenti, come la crisi economico-finanziaria originatasi nel 2007/2008 negli Stati Uniti d’America. È emersa la necessità di disciplinare e regolamentare, con fonti di diverso rango, molteplici aspetti precedentemente trascurati che erano sfuggiti all’attenzione dei legislatori e degli operatori economici. La Direttiva UE/2014/95 – recepita in Italia dal d.lgs 254/2016 – nasce proprio dall’esigenza di valorizzare gli aspetti non finanziari dell’attività d’impresa introducendo l’obbligo, a carico di determinati soggetti, della c.d. “dichiarazione non finanziaria”. Sono poi seguiti ulteriori interventi normativi e regolamentari, che hanno investito il settore finanziario. Si segnalano, in particolare, le c.d. “Linee guida EBA”, che impongono alle banche e ai soggetti finanziatori l’ampliamento dei criteri di valutazione del merito creditizio e del rischio insito in una determinata operazione finanziaria. Il processo di erogazione del credito, in particolare, dovrà valutare sia l’aspetto economico-finanziario aziendale, secondo un approccio prospettico, ma anche l’esposizione ai rischi non finanziari con precipuo riferimento alla dimensione ESG. Sempre in ambito finanziario, è necessario segnalare il Regolamento UE 2019/2088 SFDR relativo alla sostenibilità degli investimenti finanziari. Questi sono soltanto alcuni dei principali snodi della robusta disciplina della dimensione non finanziaria aziendale, che assurge ora ad aspetto centrale nell’informazione complessiva esterna dell’impresa. La sensibilità legislativa e regolamentare – di matrice sovranazionale – è stata stimolata, come appena accennato, da eventi dirompenti e nefasti che [continua ..]


2. Celere panoramica del contesto normativo

L’attenzione alla sostenibilità e alla c.d. Responsabilità Sociale dell’Impre­sa (R.S.I. o Corporate Sociale Responsibility C.S.R.) ha assunto importanza crescente nelle istituzioni sovranazionali soprattutto a seguito della crisi economico-finanziaria del 2007/2008, originatasi in America e propagatasi in tutto il mondo. È emersa la necessità di potenziare l’informativa non solo limitata agli aspetti strettamente economico-finanziari, ma estesa anche alla c.d. performance sociale o non finanziaria cosicché i c.d. stakeholders disponessero di un ampio ed esaustivo ventaglio informativo. Si ripercorrono di seguito, pertanto, i principali snodi normativi e regolamentari in materia di sostenibilità e di andamento non finanziario delle imprese [6]. Il Parlamento e la Commissione Europea hanno intensificato la disciplina e la regolamentazione dell’attività d’impresa estesa ai profili non finanziari, sulla spinta della crisi mondiale [7]. La Direttiva 95/2014/UE (c.d. Direttiva Barnier) si inserisce, pertanto, proprio in un’ottica di potenziamento dell’informa­zione non finanziaria e di valorizzazione della responsabilità sociale dell’im­presa. La Direttiva in parola è stata recepita nell’ordinamento italiano dal d.lgs. 254/2016, che individua negli i) enti di interesse pubblico ex art. 16, comma 1 d.lgs 39/2020 e nei ii) gruppi di grandi dimensioni i soggetti tenuti alla redigere la c.d. Dichiarazione Non Finanziaria (D.N.F.). L’obbligo di redazione della D.N.F. sussiste laddove i) siano impiegati nell’esercizio finanziario almeno 500 dipendenti e ii) se l’attivo patrimoniale superi la soglia di € 20.000.000; in alternativa, se i ricavi delle vendite e delle prestazioni siano superiori a € 40.000.000. La D.N.F. può essere redatta in forma individuale o consolidata e deve contenere tutte le informazioni necessarie affinché i destinatari comprendano appieno lo svolgimento dell’attività d’impresa. L’art. 3 comma 2 del Decreto stabilisce una sorta di contenuto minimo della D.N.F., come di seguito indicato: a)  il modello organizzativo e gestionale adottato dall’impresa, compreso quello indicato dal d.lgs 231/2001; b)  le politiche aziendali, i risultati ottenuti e gli indicatori non finanziari; c)  i rischi sviluppati o subiti [continua ..]


3. Esg e performance economico-finanziaria: breve ricognizione della letteratura

La dottrina economico-aziendale – prim’ancora degli interventi normativi e regolamentari delle istituzioni e organismi sovranazionali istitutivi di doveri di sostenibilità – ha indagato la relazione esistente tra la performance sociale, nell’ampia accezione terminologica, e quella economico-finanziaria dell’im­presa. I numerosissimi studi condotti hanno tentato di verificare se la sostenibilità dell’attività d’impresa, espressa dal rating ESG, sia correlata ai risultati economico-finanziari conseguiti. Come verrà di seguito illustrato, le imprese c.d. “sostenibili” presentano generalmente migliori risultati economico-finan­ziari di quelle che, invece, prestano scarsa attenzione agli aspetti ambientali, sociali e di governo societario. Come appena accennato, è molto vasta la letteratura esistente sulla relazione tra sostenibilità dell’attività d’impresa e performance economico-finan­zia­ria. In tal senso, è opportuno fare riferimento alla c.d. meta-analisi di Friede, Bush e Bassen che ha analizzato una mole poderosissima di studi, oltre duemila, sul tema in esame effettuati tra il 1970 e il 2014 [16]. L’analisi effettuata ha evidenziato che nella maggior parte dei casi, circa il 63%, è emersa una relazione positiva tra l’andamento economico-finanziario dell’impresa e i fattori ESG; quindi, l’adozione di comportamenti aziendali socialmente responsabili contribuisce, in generale, al miglioramento dei risultati economico-finanziari. Sul tema in esame, tuttavia, sono emerse anche opinioni contrarie. Taluni studiosi hanno evidenziato come l’investimento negli aspetti sociali e, più in generale, nella sostenibilità, comporta costi altrimenti evitabili che comprimono i profitti. Secondo questa interpretazione, l’unico scopo dell’impresa è la remunerazione dell’investimento degli azionisti senza che questa sia investita di responsabilità sociali [17]. Altri studi hanno indagato la relazione esistente tra la variabile ambientale e la performance economico-finanziaria dell’impresa. È emerso che l’investimento in politiche ambientali comporta costi immediati, mentre gli effetti positivi sono eventualmente ritraibili nel tempo; questo disallineamento temporale tra costi e benefici indurrebbe a ritenere che le politiche [continua ..]


4. Esg e adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili

Si è appena evidenziato come la sostenibilità dell’attività d’impresa – sintetizzata dalla dimensione ESG – presenti una relazione generalmente positiva con la performance economico-finanziaria aziendale. Il presente paragrafo intende sviluppare una breve riflessione sul rapporto tra sostenibilità e prevenzione della crisi d’impresa. Come è noto, l’art. 2086 c.c. ha istituito gli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili finalizzati alla rilevazione tempestiva della crisi d’impresa [23]. La ratio dell’isti­tuto è agevolmente rintracciabile, come appena detto, in una logica anticipatoria della crisi per coglierne i primi e tenui segnali (c.d. early warning) considerato che il successo di un tentativo di risanamento è dovuto anche e soprattutto alla rapidità di intervento. Le linee di fondo della Direttiva 1023/2019 sono rappresentate, pertanto, dalla tutela della continuità aziendale e dall’in­tercettazione tempestiva della crisi, da attuarsi proprio con la predisposizione di adeguati presidi di controllo e monitoraggio. È evidente che la salvaguardia dell’impresa, in un’ottica di migliore soddisfacimento dei creditori, può realizzarsi attraverso un presidio costante e adeguato dei rischi che incombono sullo svolgimento di qualsiasi attività economica. L’efficiente gestione del rischio, nelle sue varie e molteplici manifestazioni, è elemento imprescindibile per la tutela della continuità aziendale [24]. Gli interventi di matrice sovranazionale, con particolare riferimento alla Direttiva in commento, valorizzano la conservazione dell’impresa in luogo della sua dissoluzione, ma a monte vi è la necessità di presidiare i rischi tramite adeguati presidi di controllo. L’attacco al paradigma della continuità aziendale, elevato a principio cardine della riforma del diritto della crisi di ispirazione sovranazionale, può provenire da fonti diverse sia di natura finanziaria sia non finanziaria. Il rischio, potenzialmente foriero dell’alterazione del suddetto paradigma, può originare sia da fattori strettamente finanziari od operativi, ma può scaturire anche da elementi riconducibili alla sostenibilità dell’attività d’impresa. Si pensi ai costi derivanti dalla produzione di danni [continua ..]


5. Conclusioni

Questo breve intervento ha tentato di enfatizzare come la tutela della continuità aziendale – aspetto centrale della c.d. Direttiva Insolvency – sia strettamente collegata alla disciplina della sostenibilità dell’attività d’impresa. L’ele­mento di raccordo sarebbe rappresentato dagli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili ex art. 2086 c.c., che, fermo il requisito della proporzionalità tra rischi da gestire e costi da sostenere, dovrebbero essere strutturati di modo da considerare e controllare anche i rischi non finanziari in un’ottica di mitigazione del rischio complessivo. Ciò comporta, evidentemente, la necessità di rivedere la composizione degli organi di amministrazione e controllo con l’inserimento di figure professionali competenti anche in materia di sostenibilità oltreché in ambito economico-finanziario e gestionale; d’altro canto, invece, i sistemi amministrativi e contabili devono avvalersi di indicatori di performance complessiva, aperti alla valutazione delle variabili non finanziarie, segnatamente ambientali, sociali e di governo societario. Assetti così organizzati risponderebbero pienamente alla necessità di mappatura, gestione e controllo del rischio globale, finanziario e non finanziario, in funzione preventiva della crisi e di intercettazione precoce dei primi e tenui segnali di allerta. L’attenzione alla sostenibilità, oltre ad assumere centrale importanza nella prevenzione della crisi, si riflette positivamente, nella maggior parte dei casi, anche sulla performance economico-finanziaria. La cospicua letteratura esistente sul tema ha evidenziato, inoltre, che le variabili più rilevanti in tal senso sono quella ambientale e di governance. La centralità della dimensione ESG deriverebbe, oltreché dai vincoli normativi di matrice sovranazionale e recepiti nel nostro ordinamento, da cogenti esigenze di gestione complessiva del rischio sia in ottica preventiva della crisi sia per il miglioramento dell’andamento economico-finanziario.


Bibliografia

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NOTE