Il saggio analizza la disciplina prevista per le maggioranze assembleari ai fini della nomina e revoca dei liquidatori nelle società di capitali. In tale prospettiva, l'autore illustra la ricostruzione interpretativa del comma 1 dell'art. 2487 c.c., fornendo – altresì – una critica e una proposta di soluzione interpretativa.
The essay analyzes the discipline for shareholders' meetings for the purpose of appointing and revoking liquidators in joint-stock companies. In this perspective, the author illustrates the interpretative reconstruction of the first paragraph of the art. 2487 of the Civil Code, also providing a critique and a proposal for an interpretative solution.
1. Il quadro normativo - 2. La questione interpretativa - 3. La posizione della Giurisprudenza - 4. La critica - 5. I quorum rafforzati previsti dallo statuto per la nomina-revoca dei liquidatori - 6. La soluzione interpretativa proposta - 7. Conclusioni - NOTE
Il presente contributo intende affrontare una ricostruzione interpretativa dell’art. 2487, comma 1, c.c. che disciplina le maggioranze assembleari necessarie per la nomina e la revoca dei liquidatori nelle società di capitali. La norma appena richiamata, rubricata “Nomina e revoca dei liquidatori” si apre con una clausola di esclusione che contempla due ipotesi. In primo luogo, si prevede che nei casi di cui all’art. 2484, numeri 2), 4), e 6) alla nomina dei liquidatori provveda direttamente l’assemblea, laddove, convocata senza indugio allo scopo di rimuovere la causa di scioglimento, deliberi la messa in liquidazione della società medesima. In secondo luogo, invece, è fatta salva la possibilità per l’atto costitutivo o per lo statuto di contenere previsioni in materia. In particolare, secondo il dettato normativo, l’autonomia statutaria rimane libera di indicare i liquidatori nominativamente o per relationem, di individuare quorum deliberativi più o meno qualificati rispetto a quelli legali, di rimettere la nomina agli amministratori o ai sindaci o al presidente del tribunale o, ancora, a terzi [1], di riservare la carica a determinate categorie di soci, magari identificate dal possesso di azioni speciali o, infine, differenti modalità di attribuzione dell’incarico (ad es. i buy-out arrengements, funzionali al superamento di ipotesi di stallo) [2]. Autorevole dottrina ha rilevato come, a fronte dell’amplissima libertà disciplinare riconosciuta, si debba escludere la necessità di un intervento dell’assemblea che confermi la designazione statutaria dei liquidatori [3]. Qualora sia l’assemblea a deliberare la nomina dei liquidatori, le deliberazioni dovranno essere assunte con le maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo e dello statuto. Il legislatore ha optato per una diversa formulazione rispetto a quella previgente, laddove vi era il richiamo alle maggioranze previste per l’assemblea straordinaria, ma, ad ogni modo, per le società per azioni la competenza dell’assemblea straordinaria emerge chiaramente ex art. 2369, comma 1, c.c., mentre per le società a responsabilità limitata occorre chiedersi se il dettato normativo comporti la necessità dell’adozione del metodo collegiale, oppure si possa concludere per la legittimità di [continua ..]
Questa doverosa premessa è utile a inquadrare il tema e consente di chiarire se il rinvio di cui all’art. 2487, comma 1, c.c. sia riferito alle maggioranze previste dalla legge per la modifica dello statuto (art. 2368, comma 2, c.c., per le s.p.a. e art. 2479-bis, comma 2, c.c. per le s.r.l.), oppure, come pare essere sostenuto dalla più recente giurisprudenza a quelle eventualmente previste nello statuto per la modifica dello statuto medesimo. La questione, lungi da essere soltanto di natura squisitamente dottrinale, ha rilevanti implicazioni operative e ha dato la stura a diverse impugnazioni di delibere dinanzi al giudice di merito. Del resto, la liquidazione è il procedimento inderogabile [6] attraverso il quale il patrimonio della società viene meno insieme al “vincolo di destinazione che in ogni tipo di società colpisce i beni sociali” [7] e il legislatore, inoltre, è ben consapevole della delicatezza dell’attività liquidatoria. Sia in ragione dell’urgenza con la quale gli amministratori “contestualmente all’accertamento” devono provvedere a convocare l’assemblea dei soci (art. 2487, comma 1, c.c.), sia con riferimento ai quorum stabiliti dall’art. 2487 c.c. il quale, come anticipato, impone le maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto. La disposizione in commento prosegue poi prevedendo come l’assemblea possa sempre modificare, con le maggioranze richieste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto, le deliberazioni di cui al comma 1” dal quale emerge come il legislatore abbia inteso equiparare le deliberazioni relative alle liquidazioni a quelle più rilevanti per la vita della società quali le modifiche dello statuto [8]. Secondo alcuni autori proprio da questa norma emergerebbe il favor del legislatore per la tutela degli interessi dei soci rispetto a quelli dei creditori, tutelati solo indirettamente e che troverebbero protezione già nella fase di vita dell’ente dall’integrità del capitale sociale [9]. Tuttavia, non è escluso che, in ragione delle esigenze e della volontà dei soci, [10] lo statuto contempli al proprio interno delle maggioranze differenziate per la modifica dello statuto medesimo e per le deliberazioni di cui all’art. 2487 c.c. Ad esempio, lo [continua ..]
Questa interpretazione ha trovato accoglimento tanto nella giurisprudenza di merito, quanto in quella della Suprema Corte. In particolare, una recente pronuncia del Tribunale di Milano [15] ha rigettato il reclamo con il quale una società censurava l’ordinanza cautelare del tribunale meneghino, la quale aveva ritenuto che il richiamo alle “maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto”, di cui all’art. 2487, comma 1, c.c. facesse riferimento alle maggioranze previste dallo statuto e non a quelle stabilite dalla legge per la medesima materia. Con la conseguenza che non veniva ritenuto raggiunto il quorum previsto dal combinato disposto dello statuto e della norma richiamata ed era così accolto il ricorso cautelare della minoranza con la conseguente sospensione della delibera di nomina del liquidatore. In tale ordinanza il Tribunale di Milano ha sposato la tesi secondo la quale l’art. 2487, comma 1, c.c. laddove prevede che il quorum deliberativo sia pari alle “maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto” rinvii alle norme statutarie che introducono maggioranze “rafforzate” per le modifiche statutarie, pur in assenza di un’espressa estensione di tali maggioranze anche alle delibere in materia di liquidazione [16]. Tale interpretazione letterale del Tribunale di Milano, peraltro, è in linea con una pronuncia della Suprema Corte [17] la quale ha affermato come la norma che vieta la previsione statutaria di maggioranze più elevate per l’approvazione del bilancio e per la nomina e revoca delle cariche sociali, debba intendersi riferita ai soli organi di amministrazione e controllo nominati dall’assemblea ordinaria. A corredo di tale assunto, i giudici di legittimità ritengono fondamentali due argomenti. Il primo, di carattere sistematico, è quello secondo il quale la ratio della disposizione, desumibile dall’accostamento tra la nomina e la revoca delle cariche sociali e le delibere di approvazione del bilancio, risiede nell’esigenza di evitare il rischio di paralisi nell’amministrazione della società nel corso della gestione corrente e ordinaria. Tale rischio viene, invece, scongiurato laddove la società sia posta in liquidazione, dalla possibilità di ricorrere al tribunale affinché [continua ..]
La posizione assunta dalla giurisprudenza non sembra convincere appieno. In particolare, la qualificazione dell’art. 2487 c.c. in termini di “eccezione specifica” che consenta di operare un rinvio alle maggioranze previste dallo statuto per le modifiche di quest’ultimo, in deroga sia alla disciplina legislativa, sia alla disciplina generale statutaria prevista per i quorum assembleari, è quantomeno dubbia [35]. Se si seguisse il ragionamento della giurisprudenza richiamata (in particolare del Tribunale di Milano) si potrebbe giungere alla conclusione secondo cui, attraverso l’art. 2487 c.c., si potrebbero disapplicare anche le previsioni dello statuto di portata generale e residuale le quali consentono l’applicazione di determinati quorum ad altre deliberazioni ulteriori rispetto alle modifiche statutarie, in favore dei quorum previsti per la modifica dello statuto [36]. Ed invero, l’art. 2487 c.c. prevede letteralmente come, in materia di liquidazione, si applichino le maggioranze previste per la modifica dello statuto “salvo che l’atto costitutivo o lo statuto non dispongano in materia”. Quindi, nel caso in cui lo statuto non soltanto disciplini le maggioranze necessarie per la modifica dello stesso, ma vi preveda un quorum specifico e diverso per “tutte le altre deliberazioni”, ne deriva che tale quorum si dovrebbe ritenere valido anche per le decisioni assunte ai sensi dell’art. 2487 c.c. Tale norma, infatti, si applica sia nell’ipotesi in cui lo statuto non preveda alcunché, sia laddove lo statuto contempli, anche solo in maniera generica, determinati quorum in materia di liquidazione che non si devono ritenere derogati dall’art. 2487, comma 1, c.c. che ha una portata residuale e che, a sua volta, contiene un rinvio ad una diversa maggioranza statutaria [37]. Alla luce di tale ricostruzione, quindi, non sembra cogliere nel segno neppure l’argomentazione utilizzata dalla giurisprudenza richiamata secondo la quale, nel caso in cui si optasse per una l’interpretazione diversa da quella del tribunale di Milano dell’art. 2487 c.c., si finirebbe per “disinnescare la portata normativa” di tale disposizione, rendendola di fatto inapplicabile [38]. Questo perché, sempre secondo i giudici meneghini, i quorum rafforzati previsti per le modifiche dello statuto sono “pressoché sempre [continua ..]
La nomina dei liquidatori è disciplinata dall’art. 2365 c.c. e dall’art. 2487 c.c. La prima disposizione prevede che l’assemblea straordinaria deliberi sulla nomina e sulla sostituzione del collegio liquidatorio, mentre la seconda dispone che la nomina dei liquidatori sia deliberata con le maggioranze previste per le modificazioni dello statuto o dell’atto costitutivo. Pertanto, nel caso in cui lo statuto non prescriva dei quorum specifici, sarà necessario fare riferimento alle maggioranze legali previste per l’assemblea straordinaria e, quindi, in prima convocazione all’art. 2368, comma 2 c.c. e in seconda convocazione all’art. 2369, comma 3, c.c. Sul punto, si è sottolineato che il quorum deliberativo previsto per la seconda convocazione (presenza di almeno un terzo del capitale sociale e voto favorevole di almeno due terzi del capitale sociale presente in assemblea) non potrà mai essere superiore a quello di prima convocazione (voto favorevole di più della metà del capitale sociale) [40]. Inoltre, l’art. 2369, comma 4, c.c. consente all’autonomia statutaria di prevedere delle maggioranze assembleari rafforzate rispetto a quelle previste dalla legge, facendo, tuttavia, salvo il caso della nomina e della revoca delle cariche sociali. Per tali deliberazioni, quindi, non sarà possibile derogare ai quorum legislativi per evitare una paralisi dell’assemblea in ordine a decisioni così rilevanti. Con la conseguenza che, essendo il liquidatore una carica sociale, sarà necessario, nell’ipotesi di nomina o revoca dell’organo liquidatorio, applicare i quorum stabiliti dalla legge per l’assemblea straordinaria e ordinaria e non quelli, eventualmente, più elevati stabiliti dallo statuto [41]. Secondo questa lettura, l’art. 2487, comma 1, c.c., a mente del quale la nomina dei liquidatori deve avvenire “con le maggioranze previste per le modificazioni dello statuto o dell’atto costitutivo”, non sottrae la nomina dell’organo liquidatorio alla regola dei quorum previsti per le altre cariche sociali. Il liquidatore costituisce indubbiamente una carica sociale [42] e, inoltre, il legislatore con la novella del 2003 ha sostituito, con l’inciso richiamato, l’espressione contenuto nell’art. 2450 c.c. anteriore alla riforma a mente della quale per tale [continua ..]
Da un’analisi letterale delle norme in precedenza richiamate (in particolare art. 2369, comma 4, c.c. e art. 2487 c.c.) si ricava come alla revoca delle “cariche sociali” debbano applicarsi le maggioranze prescritte dalla legge, mentre l’eventuale previsione di una maggioranza più elevata deve ritenersi nulla. Tale lettura è coerente con il principio di facilità deliberativa enucleato dalla dottrina [48]. Innanzitutto, non vi è dubbio che l’espressione “cariche sociali” sia riferibile agli amministratori, ai componenti del collegio sindacale, ai consiglieri di sorveglianza, nonché ai liquidatori, mentre vi sono esclusi i revisori legali dei conti. Non è, invece, altrettanto pacifico che il principio di c.d. facilità deliberativa possa applicarsi anche a quest’ultimo. Ai sensi dell’art. 2365 c.c. per la nomina, la sostituzione e la revoca dei liquidatori è competente l’assemblea straordinaria, così come confermato dall’art. 248 c.c., il quale, al comma 1, conferma che per la nomina (comma 1) e la sostituzione (comma 3) dei liquidatori si debba procedere “con le maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto”. La revoca (comma 4), quindi, è deliberata dall’assemblea con le medesime maggioranze previste per la nomina, oppure dall’autorità giudiziaria laddove sussista una giusta causa. Tuttavia, l’art. 2487 c.c. non specifica se si faccia riferimento alle maggioranze previste dalla legge oppure a quelle previste dall’atto costitutivo o statuto, non precisando neppure se, in quest’ultimo caso, le maggioranze previste per la seconda convocazione debbano o meno risultare non superiori a quelle previste dalla legge. Prima della riforma del diritto societario del 2003 la dottrina, pressoché unanime, riteneva che lo statuto delle società per azioni potesse rafforzare i quorum previsti per la nomina e la revoca dei liquidatori, finanche stabilendo l’unanimità dei consensi [49]. Tale indirizzo si sarebbe affermato in assenza del principio di facilità deliberativa introdotto dalla riforma del 2003 con l’obiettivo di positivizzare un consolidato orientamento della giurisprudenza [50]. In questo senso, a seguito della riforma del diritto societario, gli stessi autori citati hanno [continua ..]
In conclusione, nell’ipotesi in cui lo statuto di una società preveda un determinato quorum assembleare “rafforzato” per la nomina e la revoca dei liquidatori tale clausola, alla luce delle considerazioni sopra esposte, dovrà essere interpretata nel senso che tale maggioranza potrà essere richiesta soltanto in prima convocazione. Peraltro, laddove lo statuto faccia salvi i limiti inderogabili di legge di cui all’art. 2369, comma 2, c.c. (considerando che nessun’altra competenza potrebbe andare soggetta a tale regola inderogabile non essendo prevista né l’approvazione del bilancio, né la nomina e revoca di amministratori e sindaci) si deve ritenere che, in casi come questo, lo statuto abbia inteso che la maggioranza prevista per la nomina/revoca dei liquidatori in seconda convocazione sia quella richiesta dalla legge per le assemblee straordinarie: 2/3 dei soci presenti, a condizione che siano presenti almeno 1/3 degli aventi diritto. La soluzione proposta risponde ad un’esigenza pratica molto avvertita e che non sembra essere pienamente interpretata dalla giurisprudenza con il rischio di paralisi decisionali e di stalli anche artificiosamente creati dalla minoranza.