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Codice della crisi: prime esperienze in ambito lavoristico

Fiorella Lunardon, Professore di Diritto del Lavoro – Università di Torino

Nell'ambito delle novità introdotte dal Codice della Crisi e dell'Insolvenza, l'intervento illustra il profilo lavoristico delle prime esperienze applicative. In tale prospettiva, l'autore si sofferma – inter alia – sul ruolo del curatore e sui diritti dei lavoratori.

Code of the crisis: first experiences in the labor field

As part of the innovations introduced by the Crisis and Insolvency Code, the paper illustrates the labor profile of the first application experiences. In this perspective, the author explores – inter alia – on the role of the curator and on workers’ rights.

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Sommario:

1. Premessa - 2. Continuità e novità nella nuova disciplina - 3. Il difficile ruolo del curatore - 4. La procedura ad hoc per il licenziamento collettivo - 5. I diritti dei lavoratori - 6. La riscrittura dell’art. 47 della legge n. 428/1990 - NOTE


1. Premessa

Sulle esperienze applicative del d.lgs. n. 14/2019 in ambito lavoristico ha finora inciso l’effetto di rallentamento provocato dall’entrata in vigore, nel 2021, dell’istituto della composizione negoziata della crisi [1]. Pare per di più esservi una peculiare forza di resistenza della materia che ha determinato, complici senz’altro anche i numerosi rinvii dell’entrata in vigore del c.d. c.c.i. (Codice della crisi e dell’insolvenza) [2], il propagarsi delle novità introdotte su di un’onda più lunga, direi più sistematica e teorica che pratica.

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2. Continuità e novità nella nuova disciplina

Non vi è in ogni caso dubbio che l’art. 189 del Codice abbia espressamente riservato una disciplina specifica e speciale degli effetti della liquidazione negoziale sul rapporto di lavoro subordinato, ora affiancata nello stesso Codice a quella generale dei rapporti giuridici pendenti [3]. Ma se leggendo questa norma si entra nel particolare, è giocoforza notare che i tratti di continuità sono molti rispetto alla precedente disciplina. Una prima conferma è contenuta nel comma 1, il quale stabilisce che l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del datore di lavoro non costituisce motivo di licenziamento. Sovviene al riguardo l’art. 2119, comma 2, del c.c. nella sua vecchia formulazione [4], e adesso anche nella nuova, conseguente alla modifica apportata [5]. Ulteriore conferma si ricava dalla sorte cui vengono destinati i rapporti di lavoro subordinato in atto alla data della sentenza dichiarativa: essi, così come in precedenza si riteneva in base al combinato disposto degli artt. 72 della legge fallimentare e 2119 c.c., “restano sospesi fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, comunica ai lavoratori di subentrarvi assumendo i relativi obblighi ovvero il recesso” [6]. Durante la sospensione il lavoratore non matura alcun diritto alla retribuzione e alla contribuzione, entrando il rapporto di lavoro in uno [continua ..]

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3. Il difficile ruolo del curatore

Nessun dubbio invece che ora, incalzando la sopra descritta tempistica, venga ulteriormente accentuato il ruolo del curatore in termini di responsabilità, incombenze e valutazioni, le quali possono essere assai delicate come ad esempio quella relativa alla possibilità di mantenere la continuità dell’impresa. Il curatore viene quindi investito del compito di assumere (anche) una sensibilità lavoristica nella prospettiva della salvaguardia dell’impresa nel suo complesso e del mantenimento dei livelli occupazionali. Sapendo di avere quattro mesi di tempo per prendere la decisione del subentro o del recesso dai rapporti di lavoro e soprattutto per capire qual è la prospettiva migliore per l’impresa, egli deve anche “agire senza indugio”. Recita infatti l’art. 189, comma 3, primo periodo: “qualora non sia possibile la continuazione o il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo o comunque sussistano manifeste ragioni economiche inerenti l’assetto dell’organizzazione del lavoro, il curatore procede senza indugio al recesso dai relativi rapporti di lavoro subordinato”. Resta da vedere come sarà interpretato nel futuro prossimo il termine “indugio”, anche rispetto ai quattro mesi previsti. Il Codice dà chiaramente per scontato che la maggiore speditezza della procedura sia utile a tutti, lavoratori, aziende, creditori.

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4. La procedura ad hoc per il licenziamento collettivo

Non a caso il d.lgs. n. 14/2019 prevede una procedura di licenziamento collettivo che vale solo per Il curatore, a valle della decisione di recedere da una pluralità di rapporti di lavoro (i presupposti restano quelli stabiliti dall’art. 24 della legge n. 223/1991), anche se non la totalità [9]. Pacifico che il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali deve essere sempre assicurato (secondo le indicazioni del legislatore comunitario), la nuova procedura ricalca quella famosa, storica, di cui all’art. 4 della richiamata legge 223 del 1991 in materia di messa in mobilità dei lavoratori e licenziamento per riduzione del personale. Il primo tratto di differenziazione rispetto alla procedura ordinaria riguarda la comunicazione del curatore ai sindacati la quale “deve contenere sintetica indicazione …” dei motivi che retrostanno alla decisione di recedere, dei profili professionali coinvolti, dei reparti considerati, ecc. La giurisprudenza è sempre stata molto rigorosa nel richiedere che quella comunicazione sia puntuale e dettagliata, nel rispetto di tutti i parametri che trovano indicazione nel richiamato art. 4. L’informazione deve infatti essere completa per consentire alle parti sociali di prendere posizione nel contesto della successiva consultazione sindacale. Qui però c’è l’aggettivo “sintetica”. Se veramente si vorrà dare un significato nuovo a questa [continua ..]

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5. I diritti dei lavoratori

Restano fermi i diritti dei lavoratori, sempre nella logica della continuità rispetto all’apparato garantistico tradizionale. Così, i lavoratori conservano il diritto all’indennità di mancato preavviso, anche nell’ipotesi in cui vi sia la risoluzione di diritto del rapporto, quando cioè sia scaduto il termine di quattro mesi senza che Il curatore abbia comunicato la sua decisione. In caso invece di risoluzione al termine della proroga (dei 4 mesi) il lavoratore matura il diritto ad un’indennità pari a “due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a due e non superiore a otto mensilità”. Questo particolare criterio di calcolo, adottato dal d.lgs. n. 23/2015 sul contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, pur bocciato dalla Corte Costituzionale (n. 194/2018) viene ora riproposto dal codice della crisi. Vero è che nel contesto della liquidazione giudiziale il meccanismo perde ogni connessione con il regime sanzionatorio del licenziamento illegittimo, risultando semplicemente utile per il calcolo di un emolumento connesso alla cessazione del rapporto di lavoro [11].

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6. La riscrittura dell’art. 47 della legge n. 428/1990

Il d.lgs. n. 14/2019 riscrive altresì l’art. 47 della legge n. 428 del 90, in materia di trasferimento d’azienda. L’art. 47 integra, seppur dall’esterno, l’art. 2112 c.c., prevedendo una disciplina particolare per il trasferimento del­l’azienda in crisi. In particolare, i commi che vengono modificati sono i contestatissimi 4-bis e 5, oggetto nel tempo di letture molto diverse. L’intento della riscrittura è un intento armonizzativo, potrebbe dirsi di recupero di conformità del nostro ordinamento rispetto alla normativa europea, che è sempre stata chiara nel sostenere che la deroga all’art. 2112 cioè la deroga al principio di continuità del rapporto di lavoro è possibile solo nel caso in cui l’impresa sia coinvolta in una procedura concorsuale che abbia carattere liquidatorio. Cioè quando l’im­presa sia veramente decotta e non quando sia semplicemente in crisi. Il legislatore del 2019 opera però in modo ambiguo. Si è infatti sempre pensato che il 4-bis (impresa non decotta) prevedesse la possibilità di derogare all’art. 2112 relativamente ad alcuni profili o a determinate condizioni del rapporto di lavoro, mentre il comma 5 prevedesse, in ipotesi di procedura liquidatoria, la possibilità di derogare allo stesso principio di continuità dei rapporti di lavoro, nel senso che tramite accordo sindacale si legittimasse [continua ..]

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NOTE

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