Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La riforma del Codice della Proprietà Industriale: gli aspetti tecnici (di Luciano M. Quattrocchio, Professore di Diritto dell’economia presso l’Università degli Studi di Torino)


L’intervento illustra la riforma del Codice della Proprietà Industriale, soffermandosi sugli aspetti tecnici. In tale contesto, l’autore analizza il primato del diritto dell’Unione Europea, il principio di interpretazione conforme, i testi normativi e la lingua di riferimento, i margini di modifica, la disciplina in tema di risarcimento del danno, nonché i possibili interventi.

The reform of the industrial property code: the technical aspects

The paper illustrates the reform of the Industrial Property Code, focusing on the technical aspects. In this context, the author analyzes the primacy of European Union law, the principle of conforming interpretation, the normative texts and the reference language, the margins of modification, the regulation on compensation for damages, as well as the possible interventions.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il primato del diritto dell’Unione Europea - 3. Il principio di interpretazione conforme - 4. I testi normativi e la lingua di riferimento - 5. I margini di modifica del Codice della proprietà industriale - 6. La disciplina in tema di risarcimento del danno - 7. I possibili interventi


1. Premessa

Il disegno di legge n. 2631 non prevede modifiche all’art. 125 del Codice della Proprietà Industriale, pur intervenendo su numerosi parti dello stesso. Secondo le istituzioni europee, la proprietà intellettuale crea valore aggiunto per le imprese e le economie dell’Unione; inoltre, una protezione e un’ap­plicazione uniformi dei diritti di proprietà intellettuale contribuiscono a promuovere l’innovazione e la crescita economica. Dall’entrata in vigore del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) nel 2009, l’UE ha competenza esplicita in materia di diritti di proprietà intellettuale (art. 118) e il Parlamento europeo si adopera per armonizzare i diritti di proprietà intellettuale attraverso la creazione di un sistema unico dell’Unione, parallelamente ai sistemi nazionali. Alla luce di tale contesto normativo “allargato”, è dunque opportuno verificare: •    in linea generale, i margini all’interno dei quali il legislatore nazionale può operare, tenuto conto della disciplina europea; •    la presenza di profili disciplinati dal legislatore europeo al momento non presi in considerazione dal legislatore nazionale, che tuttavia meriterebbero un ripensamento. In tale prospettiva, la presente relazione toccherà i seguenti aspetti: •    il primato del diritto dell’Unione Europea; •    il principio di interpretazione conforme; •    i testi normativi e la lingua di riferimento; •    i margini di modifica del Codice della proprietà industriale (italiano); •    la disciplina in tema di risarcimento del danno; •    i possibili interventi.


2. Il primato del diritto dell’Unione Europea

Il principio del primato (chiamato anche «preminenza») del diritto dell’Unione Europea si basa sull’idea che ove insorga un conflitto tra un aspetto del diritto dell’UE e un aspetto della legge di uno Stato membro (diritto nazionale), il diritto dell’UE prevale. Se così non fosse, gli Stati membri potrebbero semplicemente consentire al loro diritto nazionale di avere la precedenza sul diritto primario o derivato dell’UE, e il perseguimento delle politiche dell’Unione diverrebbe impraticabile. Il principio del primato del diritto dell’UE si è sviluppato nel tempo mediante la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Non è sancito dai trattati dell’Unione, sebbene al riguardo vi sia una breve dichiarazione allegata al trattato di Lisbona. In particolare, nella sentenza Van Gend en Loos contro Nederlandse Administratie der Belastingen (causa 26/62), la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato che le leggi adottate dalle istituzioni europee devono essere integrate nei sistemi giuridici degli Stati membri, che sono tenuti a rispettarle. Quindi, il diritto dell’UE ha il primato sulle leggi nazionali. Ulteriori esempi di casi in cui la Corte ha affermato il primato del diritto europeo includono: •    Costa contro ENEL (causa 6/64); •    Internationale Handelsgesellschaft mbH contro Einfuhr– und Vorratsstelle fur Getreide und Futtermittel (causa 11/70); •    Amministrazione delle Finanze dello Stato contro Simmenthal SpA (causa 106/77); •    Marleasing SA contro La Comercial Internacional de Alimentacion SA (causa C-106/89). In questi casi, la Corte ha chiarito che il primato del diritto dell’UE deve essere applicato a tutti gli atti nazionali, indipendentemente dal fatto che siano stati adottati prima o dopo l’atto dell’UE in questione. Con il diritto dell’Unione che prevale sul diritto nazionale, il principio del primato è volto quindi a garantire che i cittadini siano tutelati uniformemente dal diritto dell’UE in tutti i territori dell’Unione. Occorre precisare che il primato del diritto dell’UE si applica solo laddove i paesi dell’Unione hanno ceduto la sovranità all’Unione, in settori quali il mercato unico, l’ambiente, i trasporti ecc. Non si applica invece in [continua ..]


3. Il principio di interpretazione conforme

Il principio di interpretazione conforme consiste nell’obbligo gravante sul giudice nazionale (e su ciascun interprete del diritto nazionale) di prendere in considerazione tutte le norme del diritto ed utilizzare tutti i metodi di interpretazione da esso riconosciuti per addivenire ad un risultato conforme a quello voluto dall’ordinamento europeo; esso discende dal principio di leale cooperazione tra gli organi e gli Stati dell’Unione europea. Consiste, in estrema sintesi, nell’interpretare il diritto interno nazionale conformemente a quello europeo e assicura il continuo adeguamento del primo al contenuto ed agli obiettivi dell’ordinamento europeo. È attraverso questo obbligo che gli atti privi di efficacia diretta possono assumere rilevanza all’interno dei singoli ordinamenti nazionali, in quanto possono “suggerire” al giudice una interpretazione conforme al loro disposto. Secondo una tesi molto accreditata, esso sarebbe uno degli elementi del­l’acquis communautaire. Il giudice è dispensato da tale obbligo solo se non ha alcun margine di discrezionalità nell’interpretare la norma nazionale, in caso contrario deve preferire quella più vicina a quella europea. Inoltre se da tale interpretazione può scaturire un aggravamento della responsabilità penale dell’individuo questa è vietata tout court (costituirebbe una violazione del principio generale del favor rei). In quest’ambito interpretativo, la Corte di Giustizia ha un ruolo determinante nella fissazione dei canoni ermeneutici del diritto soprannazionale, da ricondurre essenzialmente all’art. 164 CEE (ruolo da esercitare principalmente rispetto ai principi generali di supremazia, effetto diretto, garanzia delle quattro libertà fondamentali, divieto di discriminazione, tutela dei diritti fondamentali, obbligo di collaborazione fra gli Stati membri e istituzioni). I giudici nazionali, quindi, sono tenuti ad interpretare le norme prodotte dal proprio ordinamento in base ai principi del diritto europeo e non solo in base alle norme nazionali. La rilevanza ermeneutica delle direttive comunitarie, dunque, non è più ristretta alla normativa interna di attuazione delle stesse, ma si estende fino ad influenzare le lacune normative (casi in cui la normativa non esista ovvero non sia direttamente applicabile).


4. I testi normativi e la lingua di riferimento

Gli atti giuridici e le relative sintesi sono disponibili in tutte le lingue ufficiali dell’Unione Europea. In particolare, il Regolamento n. 1 della Commissione Europea stabilisce che: •    Le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione sono la lingua bulgara, la lingua ceca, la lingua croata, la lingua danese, la lingua estone, la lingua finlandese, la lingua francese, la lingua greca, la lingua inglese, la lingua irlandese, la lingua italiana, la lingua lettone, la lingua lituana, la lingua maltese, la lingua neerlandese, la lingua polacca, la lingua portoghese, la lingua rumena, la lingua slovacca, la lingua slovena, la lingua spagnola, la lingua svedese, la lingua tedesca e la lingua ungherese (art. 1). •    I regolamenti e gli altri testi di portata generale sono redatti nelle lingue ufficiali (art. 4). •    La Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è pubblicata nelle lingue ufficiali (art. 5). Non vi è dunque supremazia di una lingua rispetto all’altra e i testi di riferimento per gli Stati Membri sono quelli pubblicati, nella loro lingua, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.


5. I margini di modifica del Codice della proprietà industriale

Pur risultando piuttosto angusti i limiti di modifica del Codice della proprietà industriale, tenuto conto del significativo numero di provvedimenti normativi di matrice europea, si possono rinvenire margini di modifica. Anzitutto la denominazione del codice, che appare riduttiva. In luogo di “Codice della proprietà industriale” sarebbe senz’altro preferibile adottare la più ampia nozione di impronta europea, che parla di “proprietà intellettuale, industriale e commerciale”, modificando quindi l’intitolazione in “Codice della proprietà intellettuale, industriale e commerciale”, attraverso una codificazione dei provvedimenti legislativi italiani in materia, e agevolando così agli operatori del settore la ricerca e la ricostruzione normativa. Quanto al contenuto del disegno di legge occorrerebbe poi verificare che le modifiche e le integrazioni siano compatibili con la disciplina europea, giacché in caso di conflitto – come si è detto – si imporrebbe comunque al giudice una interpretazione disapplicativa. Con l’occasione, inoltre, si dovrebbe verificare se vi siano profili dell’attuale Codice della proprietà industriale che si pongono in contrasto con la normativa europea, provvedendo ai necessari emendamenti. In tale prospettiva una riflessione deve essere fatta in tema di risarcimento del danno.


6. La disciplina in tema di risarcimento del danno

La Direttiva 29 aprile 2004, n. 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, dedica al tema del risarcimento del danno l’art. 13, che così dispone: «1. Gli Stati membri assicurano che, su richiesta della parte lesa, le competenti autorità giudiziarie ordinino all’autore della violazione, implicato consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole in un’attività di violazione, di risarcire al titolare del diritto danni adeguati al pregiudizio effettivo da questo subito a causa della violazione. Allorché l’autorità giudiziaria fissa i danni: a)  tiene conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno subito dalla parte lesa, i benefici realizzati illegalmente dall’autore della violazione, e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione; a)  oppure in alternativa alla lettera a) può fissare, in casi appropriati, una somma forfettaria in base ad elementi quali, per lo meno, l’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti qualora l’autore della violazione avesse richiesto l’autorizzazione per l’uso del diritto di proprietà intellettuale in questione. 2.  Nei casi in cui l’autore della violazione è stato implicato in un’attività di violazione senza saperlo o senza avere motivi ragionevoli per saperlo, gli Stati membri possono prevedere la possibilità che l’autorità giudiziaria disponga il recupero dei profitti o il pagamento di danni che possono essere predeterminati». Alla Direttiva è stata data attuazione con il d.lgs. 16 marzo 2006, n. 140, che ha innovato l’art. 125 del Codice della Proprietà Industriale (d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30). In particolare, il nuovo art. 125 c.p.i., intitolato “Risarcimento del danno e restituzione dei profitti dell’autore della violazione”, si articola sui seguenti tre commi: «1. Il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli art. 1223, 1226 e 1227 del codice civile, tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno, del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall’au­tore della [continua ..]


7. I possibili interventi