L’intervento illustra la normativa ministeriale in materia di rapporti di lavoro e di volontariato nell’ambito degli Enti del Terzo Settore. In tale contesto, l’autore – dopo aver richiamato le norme di natura lavoristica contenute nel c.d. Codice del Terzo Settore – si sofferma sui recenti chiarimenti da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Parole chiave: Enti – Terzo Settore – lavoro.
The paper illustrates the ministerial legislation on employment and voluntary job relationships within the Third Sector Entities. In this context, the author – after having recalled the labor rules contained in the so-called Third Sector Code – focuses on recent clarifications by the Ministry of Labor and Social Policies.
Keywords: Entities – Third Sector – employement.
1. Premessa - 2. La Nota ministeriale 27 febbraio 2020, n. 2088 - 3. La Nota ministeriale 9 luglio 2020, n. 6214 - 4. La Nota ministeriale 30 novembre 2021, n. 18244 - 5. La risposta ad interpello 10 marzo 2022 - NOTE
Le norme di natura lavoristica contenute nel d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (c.d. Codice del Terzo Settore), distinte secondo l’ambito di riferimento (lavoro “nel mercato” e lavoro “fuori mercato”) e già illustrate nei saggi precedentemente pubblicati in questa Rivista [1], sono state oggetto di successivi chiarimenti da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che si è espresso dapprima con le “Note” del 27 febbraio 2020, del 9 luglio 2020, del 30 novembre 2021, e quindi con una risposta a interpello del 10 marzo 2022.
La Nota ministeriale (n. 2088/2020) chiarisce anzitutto i termini di applicazione dell’art. 8 d.lgs. n. 117/2017 e in particolare del divieto di distribuzione, diretta e indiretta, di “utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve, comunque denominati, a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo” (art. 8 cit., comma 2). La disposizione, chiaramente strumentale al vincolo di destinazione degli utili all’esclusivo “perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” (art. 8, comma 1) che caratterizza gli ETS (Enti Terzo Settore), considera distribuzione indiretta “la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 81/2015…”. Il legislatore del 2017 non forniva alcuna concreta indicazione né sulle modalità di calcolo della predetta percentuale né sulla composizione della sua base di computo (il minimo, la retribuzione c.d. fissa, o anche la retribuzione variabile?). Intervenendo sul punto, la Nota ministeriale in esame stabilisce ora che i “valori retributivi da prendere in considerazione ai fini del rispetto del rapporto percentuale di cui all’articolo in esame” sono costituiti dalle corresponsioni previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 81/2015 (vale a dire stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative [2]), ai diversi livelli contrattuali. “Più specificamente – continua la circolare – stante il generico richiamo al concetto di retribuzione, si ritiene che debba essere presa a riferimento a tal fine anche la parte variabile della retribuzione stessa, purché prevista dai contratti collettivi” di cui sopra. Nel calcolo dunque sono da considerare anche le eventuali somme aggiuntive previste dalla contrattazione territoriale o aziendale. Per di più siffatti importi – tutti – dovranno fungere da riferimento anche per il “lavoro autonomo, ivi comprese le collaborazioni coordinate e continuative”. Il limite del 40% può essere superato, senza che si [continua ..]
Emanata sempre nel 2020, la Nota ministeriale n. 6214/2020 ribadisce, oltre alla già menzionata incompatibilità tra la posizione di volontario ed ogni forma di prestazione lavorativa retribuita da parte dell’Ente di appartenenza, il principio di gratuità dell’attività del volontario, con eccezione del rimborso delle spese sostenute e documentate entro limiti massimi predefiniti e il divieto di rimborsi forfettari (cfr. art. 17, commi 3 e 5, Codice del Terzo Settore) [6]. Non si tratta in verità di un mero rimborso spese, potendo l’ente come anticipato prevedere limiti massimi (ad esempio che una parte delle spese non venga rimborsata) e determinare condizioni, ovviamente preventive, le quali verranno sottoposte al volontario nel momento in cui gli si rappresentano le modalità con cui dovrà operare [7]. La Nota n. 6214 introduce poi un’importante precisazione, laddove riconduce all’attività del volontario non solo quella direttamente rivolta al perseguimento delle finalità di interesse generale costituenti l’oggetto sociale dell’ente, ma anche l’attività relativa all’esercizio di una carica sociale, in quanto “strumentale all’implementazione dell’oggetto sociale dell’ente”. L’assenza di compensi per lo svolgimento di incarichi associativi è specificamente imposta alle ODV (Organizzazioni di Volontariato) dall’art. 34, comma 2, del Codice; per tutti i restanti ETS essa è rimessa alla scelta dell’ente stesso “da declinarsi in ogni caso nel rispetto dei limiti di cui all’art. 8, comma 3, lett. a), del Codice richiamato.
La Nota ministeriale n. 18244/2021 fornisce chiarimenti relativamente ai criteri di calcolo dei volontari e dei lavoratori nelle ODV (Organizzazioni di Volontariato) e nelle APS (Associazioni di promozione sociale), atteso che per entrambe queste tipologie di enti è prevista la possibilità di avvalersi di lavoratori dipendenti o autonomi od altro, oltre che di volontari. Come noto la normativa legale pone specifici limiti all’utilizzo delle prestazioni di lavoro (nella loro diversa forma considerate): per le ODV il numero dei lavoratori non può superare il 50% del numero dei volontari (art. 33, comma 1, Codice del Terzo Settore); per le APS va rispettato lo stesso criterio, ammettendosi però anche, in alternativa, il criterio per cui il numero dei lavoratori non può superare il 5% del numero degli associati (art. 36, comma 1). La Nota stabilisce che per il calcolo dei volontari è utilizzabile il criterio di calcolo “per teste” (o capitario), senza che vi sia necessità di tener conto ad esempio del numero di ore svolte: la legge del resto parla proprio di “numero” e non allude al diverso apporto che ciascuno dei volontari può fornire all’ente, a seconda delle diverse disponibilità [8]. Quanto alla nozione di “lavoratori impiegati nell’attività”, la Nota vi fa rientrare solamente i lavoratori subordinati e i parasubordinati, vale a dire i soggetti dotati di posizione previdenziale, con esclusione quindi delle prestazioni di lavoro autonomo; in ogni caso, non dovranno essere conteggiati i lavoratori distaccati o comandati presso altri enti (comandati o distaccati “out”) [9], mentre lo saranno i comandati o distaccati presso l’ente di riferimento (comandati o distaccati “in”), in considerazione del fatto che quel che conta è l’effettivo contributo dei lavoratori alle attività di interesse generale esercitate dall’ETS.
Merita infine attenzione la Nota di risposta ad interpello del 10 marzo 2022, che torna sul tema dell’incompatibilità tra la qualità di volontario e quella di lavoratore (subordinato, parasubordinato, autonomo) retribuito dall’Ente di appartenenza. L’interpretazione ministeriale sul punto è sempre stata rigorosa (v. supra, nota Min. n. 2088/2020) nel senso di escludere ogni possibilità di compresenza, in capo ad una stessa persona e rispetto allo stesso Ente, di una posizione di volontario e della titolarità di un rapporto di lavoro (di qualsiasi tipo esso sia). Perché scatti l’incompatibilità, tuttavia, i soggetti coinvolti (lavoratore/volontario ed ente) devono essere gli stessi. In altre parole, la duplicità di posizione non vale in assoluto, ovvero erga omnes. Nel rispondere al quesito “se il rapporto di lavoro intercorrente tra un soggetto e un comitato regionale sia o meno compatibile con l’attività che il medesimo soggetto svolga in qualità di volontario presso un ente di base o un comitato regionale di diversa regione…”, il Ministero ha dichiarato assente ogni profilo di incompatibilità considerato che l’ente datore di lavoro e l’ente che si avvaleva dell’operato volontario, con riferimento alla medesima persona, risultavano nel caso di specie a tutti gli effetti distinti e separati.