Nell’ambito della Riforma del Terzo Settore, l’intervento illustra le imprese sociali quali nuovo modello di sviluppo si un’economia sostenibile e solidale. In tale prospettiva di analisi, gli autori descrivono le caratteristiche e le prospettive di sviluppo del modello, soffermandosi – tra l’altro – su soggetti, attività, fiscalità e controlli nelle imprese sociali.
Parole chiave: Terzo Settore – imprese sociali – modello di sviluppo.
As part of the Third Sector Reform, the paper illustrates social enterprises as a new development model for a sustainable and solidarity economy. In this perspective of analysis, the authors describe the characteristics and development prospects of the model, focusing – inter alia – on subjects, activities, taxation and controls in social enterprises.
Keywords: Third Sector – social enterprises – development model.
1. Quali soggetti possono oggi assumere la qualifica di impresa sociale - 2. Quali soggetti non possono essere impresa sociale - 3. Quali attività può esercitare l’impresa sociale - 4. L’impresa sociale quale ente (parzialmente) senza scopo di lucro - 5. Il principio di non discriminazione nell’ammissione ed esclusione di soci ed associati - 6. Il lavoro nell’impresa sociale - 7. La fiscalità dell’impresa sociale - 8. Le ulteriori agevolazioni fiscali per le imprese sociali ai sensi del Codice del Terzo Settore: imposte indirette e tributi locali – deduzioni e detrazioni per erogazioni liberali - 9. Gli obblighi contabili dell’impresa sociale. I controlli interni ed esterni - 10. La devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento dell’impresa sociale - 11. I vincoli alle operazioni di trasformazione, fusione, scissione, cessione d’azienda e devoluzione del patrimonio - 12. Il coinvolgimento degli utenti e degli altri soggetti interessati alle attività
Sulla base dell’ultimo censimento Istat alla data del 31 dicembre 2019, le imprese sociali italiane risultavano 16.388, di cui 15.489 in forma di cooperativa sociale ai sensi della legge 8 novembre 1991, n.381. L’impresa sociale, come già sopra accennato, non costituisce un distinto ente giuridico, ma rappresenta una forma giuridica acquisibile da parte di tutti gli enti privati, inclusi quelli costituiti in forma societaria. L’impresa sociale, per usare le parole del Ministero del Lavoro (cfr. la nota n. 3979 del 4 maggio 2020) rappresenta “un nuovo modello di fare impresa”. L’impresa sociale rientra tra gli enti del Terzo settore, si costituisce per atto pubblico ed è iscritta nell’apposita sezione «Imprese sociali» del Registro delle Imprese. Tale iscrizione al Registro delle Imprese soddisfa il requisito dell’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS). Sono imprese sociali di diritto le cooperative sociali ed i loro consorzi. In tal caso, le disposizioni del d.lgs. n. 112/2017 si applicano nel rispetto della normativa specifica (legge n. 381/1991) ed in quanto compatibili. Gli enti religiosi civilmente riconosciuti possono acquisire la qualifica di impresa sociale limitatamente alle attività di interesse generale svolte di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 112/2017 e con adozione di apposito regolamento, costituzione di un patrimonio destinato e tenuta di scritture contabili separate. Alle imprese sociali si applicano, in quanto compatibili con il d.lgs. n. 112/2017, anche le norme del Codice del Terzo Settore di cui al d.lgs. 13 luglio 2017, n. 117 e, per gli aspetti non disciplinati, le norme del codice civile. Può dunque costituirsi come impresa sociale una società (anche una srl semplificata ad esempio), un’associazione, una fondazione. Per inciso, l’impresa sociale è sempre costituita con atto pubblico (nota del Ministero del Lavoro n. 11734 del 4 novembre 2020), indipendentemente dalla sua forma giuridica.
Non possono acquisire la qualifica di impresa sociale le società costituite da un unico socio persona fisica, le pubbliche amministrazioni e gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati, nonché le fondazioni bancarie. Inoltre, le società costituite da un unico socio persona fisica, gli enti con finalità lucrative e le pubbliche amministrazioni non possono esercitare attività di direzione e coordinamento o detenere, in qualsiasi forma, anche analoga, congiunta o indiretta, il controllo di un’impresa sociale, ad eccezione delle associazioni o fondazioni di diritto privato ex Ipab derivanti da processi di trasformazione delle Ipab. Ancora, non possono assumere la presidenza dell’impresa sociale rappresentanti di enti con finalità lucrative o di pubbliche amministrazioni (vedasi anche la nota del Ministero del Lavoro n. 4096 del 3 maggio 2019). Infine, le qualifiche di impresa sociale e di start-up innovativa a vocazione sociale sono tra loro incompatibili (Nota MISE n. 84932 del 23 marzo 2021). Si tratta dunque di vincoli piuttosto stringenti, di cui tener conto con la massima attenzione in sede di pianificazione costitutiva di un’impresa sociale.
L’impresa sociale esercita attività d’impresa, in via stabile e prevalente, ma senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. L’attività esercitata deve rientrare tra quelle c.d. di interesse generale previste dall’art.2 del d.lgs. n. 112/2017. L’attività deve essere esercitata adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e degli altri soggetti interessati all’attività. La condizione dell’esercizio in via principale di una o più delle attività di interesse generale previste si intende soddisfatta quando da esso si generi più del 70% dei ricavi complessivi dell’ente, secondo i criteri di computo definiti dal d.m. 22 giugno 2021. Si considera inoltre e comunque di interesse generale, indipendentemente dal suo oggetto, l’attività d’impresa nella quale, per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, siano occupati, in misura non inferiore al 30% dei lavoratori totali, lavoratori molto svantaggiati oppure persone svantaggiate o con disabilità, persone beneficiarie di protezione internazionale e persone senza fissa dimora iscritte nell’apposito registro anagrafico. L’impresa sociale, dunque, nei limiti di cui sopra, può svolgere attività diverse da quelle di interesse generale ed anche in relazione ai proventi di queste godrà delle relative agevolazioni fiscali (cfr. relazione illustrativa al d.lgs. n. 112/2017).
L’attività svolta dall’impresa sociale deve essere esercitata senza scopo di lucro. È infatti vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili, avanzi di gestione, fondi e riserve, a fondatori, soci, associati, lavoratori, collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di qualsiasi forma di scioglimento individuale del rapporto. Il principio di cui sopra trova peraltro alcune contemperazioni che in parte lo ridimensionano (al fine di favorire l’attrazione di capitali) e precisamente: mentre per le imprese sociali costituite in forma di associazione o di fondazione vige il divieto assoluto di distribuire utili o avanzi di gestione, per le imprese sociali costituite in forma societaria viene ammessa la possibilità di dirottare una quota, non superiore al 50%, degli utili o avanzi di gestione ai soci, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale oppure mediante emissione di strumenti finanziari, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di 2,5 punti rispetto al capitale effettivamente versato. Inoltre, sempre nelle imprese sociali costituite in forma societaria è ammesso il rimborso al socio del capitale effettivamente versato ed eventualmente rivalutato oppure aumentato nei limiti delle variazioni Istat del periodo corrispondente a quello in cui gli utili o avanzi di gestione sono stati prodotti, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di 2,5 punti rispetto al capitale effettivamente versato. Infine, non viola il divieto di distribuzione di utili l’erogazione di ristorni ai soci nell’ambito delle imprese sociali costituite in forma di società cooperativa. L’impresa sociale, in ogni caso, destina eventuali utili o avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio, salva la possibilità, come già in parte prima anticipato, di destinare una quota inferiore al 50% degli utili o avanzi di gestione (dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti) nel seguente modo: a) se l’impresa è costituita in forma societaria, ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni Istat del periodo corrispondente all’esercizio sociale in cui gli utili e avanzi di gestione [continua ..]
Gli atti costitutivi e gli statuti delle imprese sociali debbono prevedere il principio di non discriminazione nell’ammissione e nell’esclusione di soci ed associati (art. 8 d.lgs. n. 112/2017), prevedendo specifiche modalità procedimentali di ammissione ed esclusione, tenendo conto delle peculiarità della compagine sociale e della struttura associativa o societaria e compatibilmente con la forma giuridica in cui l’impresa sociale è costituita. Il principio in esame, ispirato al principio della porta aperta e all’interesse del terzo ad entrare a far parte dell’ente, non è facile da declinare operativamente, ma si può ragionevolmente ritenere che da esso non scaturisca un vero e proprio diritto soggettivo in capo al soggetto che voglia entrare a far parte dell’impresa sociale.
Nell’impresa sociale è necessario prevedere adeguate forme di coinvolgimento dei lavoratori, mediante meccanismi di consultazione o di partecipazione attraverso i quali i lavoratori siano posti in grado di esercitare un’influenza sulle decisioni dell’impresa sociale, con riferimento alle questioni che incidono direttamente sulle condizioni di lavoro (art. 11 d.lgs. n. 112/2017). In ogni caso lo statuto deve disciplinare le modalità di partecipazione dei lavoratori all’assemblea degli associati o dei soci (Si veda sul punto anche il d.m. 7 settembre 2021 che detta le linee guida per l’individuazione delle modalità di coinvolgimento di lavoratori, utenti e altri soggetti interessati all’attività dell’impresa sociale). Il trattamento economico e normativo dei lavoratori non può essere inferiore a quello previsto dai CCNL. La differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non può essere superiore al rapporto da uno a otto (la norma non si applica alle cooperative sociali ed ai loro consorzi). Si considera distribuzione indiretta di utili la corresponsione di retribuzioni o compensi superiori del 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai CCNL, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze nei settori sanitario, di formazione universitaria e post-universitaria e della ricerca scientifica di particolare interesse sociale. Sono ammesse le prestazioni di volontariato, ma il numero dei volontari non può essere superiore al numero dei lavoratori (art. 13 d.lgs. n. 112/2017).
Le misure fiscali agevolative ed incentivanti relative all’impresa sociale sono contenute nell’art. 18 del d.lgs. n. 112/2017, ma la loro efficacia è ancora subordinata all’autorizzazione della Commissione Europea, che dovrà essere richiesta (ad oggi infatti non è ancora stata formalizzata) a cura del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Al fine di rendere attrattivo l’investimento di capitali nelle imprese sociali, è stata prevista per le persone fisiche la detraibilità dall’Irpef lorda di un importo pari al 30% della somma investita nel capitale sociale di una o più imprese sociali, purché qualificate come tali da non più di 5 anni. L’investimento massimo detraibile non può eccedere l’importo di euro 1.000.000 in ciascun periodo d’imposta e deve essere mantenuto per almeno 5 anni. Ai soggetti passivi IRES è stata invece consentita la deducibilità del 30% della somma investita nel capitale, con limite fissato ad euro 1.800.000 per ciascun periodo d’imposta, alle medesime condizioni di cui sopra. L’agevolazione in esame si applica anche agli atti di dotazione ed ai contributi di qualsiasi natura in favore di fondazioni che abbiano acquisito la qualifica di imprese sociali da non più di 5 anni. Gli investimenti di capitale esterno sono anche agevolati dalla possibilità, introdotta sempre dall’art. 18 del d.lgs. n. 112/2017, di raccogliere, da parte delle imprese sociali costituite in forma di società di capitali o di società cooperative), capitali di rischio tramite portali o piattaforme telematiche (c.d. equity crowdfunding). In altri termini, l’impresa sociale può effettuare un’offerta al pubblico di quote o azioni per raccogliere capitale di rischio (anche mediante conferimenti di modesto valore unitario). Viene prevista la detassazione (nel senso di non concorrenza alla formazione del reddito imponibile) di: a) somme destinate al versamento del contributo per l’attività ispettiva; b) somme accantonate a riserve indivisibili destinate allo svolgimento dell’attività statutaria; è consentito peraltro l’utilizzo delle riserve a copertura di perdite senza che ciò comporti la decadenza dal beneficio della detassazione, a condizione che non si proceda a successive distribuzioni di utili finché le [continua ..]
Non sono soggetti ad imposta sulle successioni e donazioni, né ad imposte ipotecarie e catastali, i trasferimenti a titolo gratuito di beni utilizzati nel perseguimento delle finalità istituzionali, effettuati in favore di imprese sociali, ad eccezione di quelle costituite in forma societaria (ma comprese le cooperative sociali). Agli atti costitutivi, alle modifiche statutarie e alle operazioni straordinarie di fusione, scissione e trasformazione delle imprese sociali, ad eccezione di quelle costituite in forma societaria (ma comprese le cooperative sociali), si applicano le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa. Viene prevista l’applicazione in misura fissa (e non proporzionale) delle imposte di registro, ipotecaria e catastale per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e per gli atti traslativi o costitutivi di diritti immobiliari di godimento a favore di tutte le imprese sociali, comprese quelle in forma societaria, a condizione che i beni siano direttamente utilizzati, entro cinque anni dal trasferimento, in diretta attuazione degli scopi istituzionali o dell’oggetto sociale. Viene prevista l’esenzione da imposta di bollo per gli atti, documenti, istanze, contratti, copie anche se dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni, attestazioni e ogni altro documento cartaceo o informatico posti in essere o richiesti dalle imprese sociali, ad eccezione di quelle costituite in forma societaria (ma comprese le cooperative sociali). Viene prevista l’esenzione da imposta sugli intrattenimenti per le attività svolte dalle imprese sociali (ad eccezione di quelle costituite in forma societaria, ma comprese le cooperative sociali), occasionalmente o in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione. Viene prevista l’esenzione dalle tasse sulle concessioni governative per gli atti e i provvedimenti relativi alle imprese sociali (ad eccezione di quelle costituite in forma societaria, ma comprese le cooperative sociali). Viene previsto che le Regioni possano disporre nei confronti delle imprese sociali, ad eccezione di quelle costituite in forma societaria, ma comprese le cooperative sociali, la riduzione o l’esenzione da IRAP, nel rispetto della normativa UE. La norma in materia di detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali (art. 83 del d.lgs. n. 117/2017) prevede la detraibilità o la [continua ..]
Gli obblighi contabili ed il sistema dei controlli risultano significativi e possono essere così riassunti: – obbligatoria la contabilità ordinaria; – obbligatorio il deposito del bilancio presso il Registro delle Imprese; – obbligatoria la redazione del bilancio sociale secondo le linee guida del d.m. 4 luglio 2019, con relativo deposito presso il Registro delle Imprese e pubblicazione sul sito internet dell’ente; – obbligatoria la nomina di uno o più sindaci aventi i requisiti di cui agli artt. 2397, comma 2 e 2399 del codice civile, che debbono esercitare anche compiti di monitoraggio sull’osservanza delle finalità sociali da parte dell’impresa sociale, nonché attestare la conformità del bilancio sociale alle linee guida stabilite dal d.m. 4 luglio 2019. – Il superamento di due dei limiti fissati dall’art. 2435 bis, comma 1, del codice civile, per due esercizi consecutivi, comporta altresì l’obbligo di sottoporre l’impresa sociale alla revisione legale. – L’impresa sociale è infine soggetta al c.d. «controllo esterno» da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, attraverso l’Ispettorato nazionale del Lavoro. Replicando il modello di controlli esterni previsto per le cooperative, il Ministero può servirsi a tal fine anche di enti associativi di secondo livello costituiti da non meno di mille imprese sociali iscritte nel registro delle imprese di almeno cinque diverse regioni o province autonome. L’attività ispettiva deve essere effettuata almeno una volta all’anno.
In caso di scioglimento volontario dell’impresa sociale o di perdita volontaria della qualifica, il patrimonio residuo (dedotto nelle imprese sociali societarie il capitale versato dai soci eventualmente rivalutato o aumentato ed i dividendi deliberati e non distribuiti, nei limiti previsti) è devoluto (salvo quanto specificamente previsto in tema di società cooperative e di enti religiosi civilmente riconosciuti) ad altri enti del Terzo settore (non necessariamente imprese sociali) costituiti ed operanti da almeno tre anni o ai fondi per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali, secondo le disposizioni statutarie. La procedura da seguire è contenuta nel d.m. n. 50/2018 (si veda anche al riguardo la Nota del Ministero del Lavoro n. 3979 del 4 maggio 2020). La norma intende evitare una possibile distribuzione posticipata degli eventuali utili d’esercizio. La norma stessa, comunque, consente che, nelle imprese sociali costituite in forma societaria, all’atto dello scioglimento, ciascun socio abbia diritto a ripetere il proprio investimento iniziale, comprensivo dell’eventuale aumento o rivalutazione medio tempore intervenuti. Non è previsto il parere positivo obbligatorio dell’Ufficio del Registro Unico Nazionale del Terzo settore, a differenza di quanto avviene per gli altri Ets ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 117/2017. Ne deriva una certa discrezionalità nella scelta devolutiva.
L’efficacia di tali operazioni (fatto salvo quanto previsto dal codice civile per le società cooperative in tema di devoluzione ai fondi mutualistici del valore effettivo del patrimonio, cfr. artt. 2545 decies e 2545 undecies c.c.) è subordinata al rilascio dell’autorizzazione da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, volta a preservare l’assenza dello scopo di lucro, i vincoli di destinazione del patrimonio ed il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale da parte dei soggetti coinvolti negli atti posti in essere. Il relativo procedimento è disciplinato dal d.m. n. 50 del 27 aprile 2018. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in qualità di Autorità di Vigilanza, mantiene anche un potere di controllo successivo rispetto all’effettuazione dell’operazione straordinaria. A titolo esemplificativo, pensiamo ad un’operazione di trasformazione di un’ODV in forma associativa in impresa sociale in forma di SRL (vedasi anche la Nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 943 del 29 gennaio 2019).