Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Il quadro normativo di riferimento in ambito amministrativo (di Sergio Foà, Professore Ordinario di Diritto Amministrativo presso l’Università degli Studi di Torino)


L’intervento analizza il quadro di riferimento amministrativo per le fonti di finanziamento nell’ambito delle società a partecipazione pubblica. In tale prospettiva di analisi, preliminarmente, l’autore delinea le tipologie di partecipazione pubblica, per poi soffermarsi sugli ultimi aggiornamenti in materia di diritto amministrativo.

 

The regulatory framework in the administrative field

The paper analyzes the administrative framework for sources of financing within the context of public entities. In this perspective of analysis, firstly, the author outlines the types of public participation, and then he focuses on the latest updates on administrative law.

Keywords: administrative law – public participation – financing sources.

SOMMARIO:

1. I profili pubblicistici del d.lgs. n. 175/2016 (TUSP) - 2. Tipologie di partecipazione pubblica - 3. Il regime speciale per le società quotate - 4. Per un quadro aggiornato: Corte dei Conti, sezione delle autonomie gli organismi partecipati dagli enti territoriali e sanitari. Osservatorio sugli organismi partecipati/controllati da Comuni, Città metropolitane, Province, Regioni/Province autonome, Enti sanitari e relative analisi. Relazione 2021 - 4.1. Il Fondo perdite società partecipate - 5. Società a controllo pubblico - 5.2. “Programma-tipo di valutazione del rischio di crisi aziendale”, predisposto nel corso del 2021 dalla Struttura di monitoraggio costituita presso il Mef - 5.3. “Linee di indirizzo per i controlli interni durante l’emergenza da Covid-19”, Corte dei Conti, sezione delle autonomie - 6. Crisi di impresa - 6.1. Crisi di impresa – debiti fuori bilancio - 6.2. Crisi di impresa – eventuale ricapitalizzazione - 6.3. Elementi di cui l’ente è tenuto a fornire adeguata motivazione - 6.4. Onere di motivazione sulla compatibilità dell’intervento finanziario pubblico - 6.5. Partecipazione pubblica minoritaria - 6.6. Ripianamento delle perdite nei limiti della quota posseduta - 6.7. Ulteriori profili - 7. Gestione finanziaria


1. I profili pubblicistici del d.lgs. n. 175/2016 (TUSP)

Vincoli per l’Amministrazione: – art. 4, per la definizione dei vincoli di scopo pubblico e il divieto di partecipazione alle attività diverse da quelle espressamente elencate; – artt. 5, 7 e 8, concernenti le procedure di costituzione di nuove società a partecipazione pubblica e per l’acquisizione di quote in società già costituite, con i connessi oneri di motivazione analitica e comunicativi, nonché i relativi requisiti per la formazione della volontà interna dell’ente pubblico; – artt. 9 e 10, per la gestione e l’alienazione delle partecipazioni pubbliche; – art. 11, commi 4 e 16, per i principi cui deve attenersi l’Amministrazione nella governance di una società a controllo pubblico; – art. 13, sull’obbligo di denuncia gravante sulle Amministrazioni socie, anche in relazione alla responsabilità per danno erariale ridefinita dall’art. 12; – art. 14, comma 5, sul divieto di “soccorso finanziario” delle società partecipate che abbiano registrato perdite di esercizio per tre esercizi consecutivi; – art. 15, che attribuisce ad apposita struttura del Ministero dell’economia e delle finanze il monitoraggio, l’indirizzo e il coordinamento delle società a partecipazione pubblica; – artt. 16 e 17, sulle condizioni per l’affidamento di servizi a società in house e la disciplina del partenariato pubblico privato; – art. 18, sulla quotazione in mercati regolamentati delle società in controllo pubblico; – art. 19, comma 5, sulle linee di indirizzo in materia di personale, fornite dalle Amministra-zioni alle società controllate; – art. 19, cc. 7 e 8 sugli oneri comunicativi in materia di gestione del personale e sulle procedure di riassorbimento del personale in esubero nelle società controllate da una pubblica amministrazione; – artt. 20 e 24, sulla razionalizzazione periodica e straordinaria delle partecipazioni societarie; – art. 21, per l’accantonamento in apposito fondo vincolato di importi pari alle perdite d’esercizio conseguite dalla società, in proporzione alla quota di partecipazione; – art. 25, sulla gestione dei processi di mobilità del personale delle società in controllo pubblico dichiarato eccedente.


2. Tipologie di partecipazione pubblica

In relazione alla quota di partecipazione, le società si distinguono in totalmente pubbliche (fra le quali rientrano le società in house), miste a prevalenza pubblica, miste a prevalenza privata. La rilevanza della partecipazione pubblica non è oggetto di specifica disciplina nel TUSP, sicché è consentito il possesso di quote minime o c.d. pulviscolari. Tuttavia, il profilo dimensionale della partecipazione deve essere preso in esame nella valutazione di inerenza/necessarietà della società al fine istituzionale dell’ente. Le partecipazioni detenute dall’ente a mero fine speculativo sono contabilmente appostate nell’attivo circolante del conto del patrimonio, come titoli di pronta realizzabilità.


3. Il regime speciale per le società quotate

L’art. 1, comma 5, del d.lgs. n. 175/2016 prevede che le disposizioni del Testo unico si applicano alle società “quotate”, nonché alle società da esse controllate, nei soli casi espressamente previsti. Il controllo da parte del mercato (derivante dall’essere società quotata) indicativo della solidità patrimoniale/finanziaria, non necessariamente è anche espressione della tutela degli altri interessi pubblici di competenza dell’ente medesimo, pertanto le società quotate sono comunque oggetto di ricognizione (Corte dei Conti). L’appartenenza di una società al genus delle “quotate” non esclude la sussistenza dei requisiti del controllo pubblico in capo alle stesse.


4. Per un quadro aggiornato: Corte dei Conti, sezione delle autonomie gli organismi partecipati dagli enti territoriali e sanitari. Osservatorio sugli organismi partecipati/controllati da Comuni, Città metropolitane, Province, Regioni/Province autonome, Enti sanitari e relative analisi. Relazione 2021

L’analisi sulla gestione finanziaria ed economica delle società partecipate è collegata alla redazione del bilancio consolidato che gli enti locali e le Regioni devono predisporre secondo le modalità previste dal d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 e relativo allegato 4/4, recante il relativo principio contabile applicato. Il bilancio consolidato rappresenta il consuntivo del risultato economico, patrimoniale e finanziario del “Gruppo amministrazione pubblica” e attraverso la sterilizzazione delle poste contabili – che hanno prodotto effetti soltanto all’interno del gruppo – assolve ad una funzione essenziale di informazione, sia interna che esterna, rendendo trasparente il processo di governance. Per il vero, il concetto di gruppo, quale unità economica, presuppone una gestione consapevole che l’ente pubblico-capogruppo dovrebbe esercitare mediante linee di indirizzo strategico, al fine della pianificazione e del controllo degli enti partecipati. Secondo il principio contabile applicato n. 4/4 allegato al d.lgs. n. 118/2011 «Il bilancio consolidato è quindi lo strumento informativo primario di dati patrimoniali, economici e finanziari del gruppo inteso come un’unica entità economica distinta dalle singole società e/o enti componenti il gruppo, che assolve a funzioni essenziali di informazione, sia interna che esterna, funzioni che non possono essere assolte dai bilanci separati degli enti e/o società componenti il gruppo né da una loro semplice aggregazione». Il versante della governance è, sovente, carente, in parte per incapacità degli enti ma anche per fattori di complessità insiti nel “Gruppo amministrazione pubblica”, in cui convivono realtà con finalità economiche e sociali diverse nonché con difformi regimi giuridici e contabili. TUSP: Piani di razionalizzazione per verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni che legittimano il mantenimento delle partecipazioni pubbliche (dirette e indirette), in base ad una motivazione analitica circa le ragioni e le finalità che giustificano la scelta sul piano della compatibilità con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa (art. 5 TUSP), nonché della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria per il socio pubblico.


4.1. Il Fondo perdite società partecipate

Art. 21 TUSP, recante “Norme finanziarie sulle società partecipate dalle amministrazioni locali»: nel caso in cui società partecipate da amministrazioni locali, comprese nel c.d. elenco Istat (ex art. 1, comma 3, l. 31 dicembre 2009, n. 196), presentino un risultato di esercizio negativo, le amministrazioni socie, che adottano la contabilità finanziaria, sono tenute ad accantonare nel bilancio dell’anno successivo, in apposito fondo vincolato, un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Nell’ipotesi di amministrazioni in contabilità civilistica, le stesse, ove il risultato negativo non venga immediatamente ripianato e costituisca perdita durevole di valore, sono tenute a adeguare il valore della partecipazione, nel corso dell’esercizio successivo, all’importo corrispondente alla frazione del patrimonio netto della società partecipata. L’obbligo di accantonamento, per gli enti in contabilità finanziaria, è dunque una regola prudenziale di bilancio, preordinata al successivo eventuale utilizzo delle risorse accantonate per il ripiano delle perdite subite dalle società (art. 21, comma 3-bis, d.lgs. n. 175/2016), da effettuarsi osservando la legislazione dell’Unione europea in tema di aiuti di Stato. In caso di perdite reiterate per tre esercizi consecutivi scatta il divieto di “soccorso finanziario” – già previsto dall’art. 6, comma 19, d.l. n. 78/2010 e reiterato dall’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 175/2016 – che impedisce alle amministrazioni pubbliche di erogare somme e di rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, salvo il caso della riduzione del capitale sociale oltre il limite legale. Anche in caso di riduzione del capitale sociale sotto tale limite, deve essere dimostrato l’interesse dell’ente a coltivare la partecipazione nella società in perdita.


5. Società a controllo pubblico

5.1. Art. 6 TUSP Obbligo di predisporre specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale, al fine di informarne l’assemblea nell’ambito della relazione sul governo societario. a)    approvazione di regolamenti interni volti a garantire la conformità dell’at­tività della società alle norme di tutela della concorrenza; b)   la costituzione di uffici di controllo interno che, nel collaborare con l’orga­no statutario, trasmettano periodicamente relazioni sulla regolarità e l’effi­cienza della gestione; c)    l’utilizzo di codici di condotta nei confronti di consumatori, utenti, dipendenti, altri portatori di interessi legittimi coinvolti nell’attività della società; d)   l’adozione di programmi di responsabilità sociale d’impresa, in conformità alle raccomandazioni della Commissione dell’Unione europea. Art. 14, comma 2, del Testo unico prevede che ove nell’ambito del programma di valutazione del rischio aziendale emergano «uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo delle società a controllo pubblico adotta senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggra­vamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento». La mancata adozione di tali provvedimenti costituisce grave irregolarità ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile. Il rischio di crisi aziendale che il testo unico ha disciplinato per le società a controllo pubblico – anticipando quello che il codice della crisi e dell’insol­venza ha, in seguito, previsto per tutti gli imprenditori – integra la disciplina civilistica e, nel contempo, opera in una fase antecedente (probabile manifestazione dello stato di difficoltà di un’impresa).


5.2. “Programma-tipo di valutazione del rischio di crisi aziendale”, predisposto nel corso del 2021 dalla Struttura di monitoraggio costituita presso il Mef

Strumento funzionale per monitorare costantemente lo stato di salute delle società a controllo pubblico, alla luce del principio di continuità aziendale, consentendo la tempestiva emersione delle criticità aziendali attraverso l’individuazione di strumenti in grado di intercettare i segnali premonitori di: – squilibri economico-finanziari (approccio “forward looking”) e – consentire all’organo gestorio di attivarsi con urgenza prima che la crisi diventi irreversibile (sistema di “early warning”).


5.3. “Linee di indirizzo per i controlli interni durante l’emergenza da Covid-19”, Corte dei Conti, sezione delle autonomie

A seguito dell’imprevisto contesto straordinario determinato dalla crisi pandemica da Covid-19 sia necessario effettuare un’attenta analisi dei fattori di preallerta di “crisi aziendale”, valutando se il disequilibrio dell’impresa pubblica sia dovuto a scelte errate oppure a fattori esogeni imprevedibili ed eccezionali, determinati dalla pandemia. In tal senso, l’adozione dei provvedimenti richiesti a seguito dell’emer­sione degli “indicatori di crisi” dovrà formare oggetto di una ponderata valutazione, anche al fine di garantire la continuità dei servizi pubblici di interesse generale e di predisporre piani di risanamento idonei a sostenere il sistema socioeconomico territoriale. La sezione delle autonomie della Corte dei Conti raccomanda agli enti di potenziare i controlli sugli organismi partecipati attraverso verifiche infra-annuali più puntuali.


6. Crisi di impresa

La gravità della crisi di impresa, nelle società controllate o meramente partecipate, non è superabile con il c.d. “soccorso finanziario” da parte degli enti (art. 14, comma 5, primo periodo, TUSP) dovendosi dimostrare anche in caso di riduzione del capitale sociale sotto il limite legale l’interesse dell’Ammi­nistrazione pubblica a coltivare la partecipazione nella società in perdita.


6.1. Crisi di impresa – debiti fuori bilancio

Particolare cautela che il legislatore riserva all’assunzione di forme di pubblica corresponsione da parte dell’ente pubblico a proprie strutture funzionali. Art. 194, comma 1, d.lgs. n. 267/2000 (TUEL): il riconoscimento del debito fuori bilancio può riguardare sia la copertura di disavanzi di consorzi, aziende speciali e di istituzioni “nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114 e il disavanzo derivi da fatti di gestione” (lett. b), sia la ricapitalizzazione di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali “nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali” (lett. c).


6.2. Crisi di impresa – eventuale ricapitalizzazione

Abbandono della logica di salvataggio obbligatorio degli organismi in condizione di irrimediabile dissesto. Ciò anche nell’ottica delle regole europee che vietano ai soggetti che operano nel mercato di fruire di diritti speciali od esclusivi. Giurisprudenza di controllo: valutare attentamente, in caso di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, l’opportunità di assumere oneri per la ricapitalizzazione della società, piuttosto che prendere atto dell’avvenuto scioglimento della medesima, a norma dell’art. 2484, comma 1, n. 4, c.c., ipotesi, questa, che si verifica automaticamente in assenza di iniziative da parte dell’assemblea dei soci. Posto che la ricapitalizzazione costituisce oggetto di una facoltà (e non di un obbligo), la scelta deve tener conto sia della capacità della società a tornare utile (previa valutazione di un piano industriale) e sia dell’economicità e dell’efficacia della gestione del servizio tramite il predetto organismo.


6.3. Elementi di cui l’ente è tenuto a fornire adeguata motivazione

“Non può essere disconosciuta, in via generale, la possibilità per gli enti locali di utilizzare lo strumento dell’indebitamento nell’ambito della propria attività amministrativa, purché esso sia finalizzato a coprire spese da cui derivi un aumento di valore del loro patrimonio immobiliare e mobiliare (cfr. SS.RR. 28 aprile 2011, n. 25) e, quindi, anche per il finanziamento, nei limiti normativamente previsti, di società di cui sono azionisti e, come nella specie, a partecipazione pubblica totalitaria, nonché affidatarie in house di servizi pubblici dal quale derivi un aumento di valore delle medesime” (Corte dei Conti, sez. contr. Piemonte, 29 settembre 2011, n. 119/PAR). L’operazione deve rispettare i principi di cui agli artt. 201-204, d.lgs. n. 267/2000 con riferimento agli equilibri di bilancio e ai vincoli di indebitamento. Va, ovviamente, osservata la compatibilità dell’operazione col diritto UE al fine di scongiurare la realizzazione di “aiuti di stato”, atteso il rinvio formale non recettizio al diritto UE di cui all’art. 117, comma 1, Cost. (cfr. Corte di giustizia UE, prima sezione 3 aprile, in causa C-559/12P 2014; Corte dei Conti, sez. contr. Abruzzo, ordinanza 16 maggio 2019, nel giudizio di parificazione dei rendiconti generali della Regione Abruzzo per gli esercizi finanziari 2014 e 2015; Corte dei Conti, sez. contr. Liguria, delib. n. 64/2020/PARI).


6.4. Onere di motivazione sulla compatibilità dell’intervento finanziario pubblico

Uno specifico onere di motivazione è contemplato dall’art. 5 d.lgs. n. 175/2016 per cui l’atto deliberativo di costituzione societaria “dà atto della compatibilità dell’intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei (…)” (comma 2). Più in generale, l’atto deliberativo di costituzione societaria di cui all’art. 5 d.lgs. n. 175/2016 “contiene l’analitica motivazione sulla scelta operata dall’amministrazione con riguardo: – alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’art. 4; – agli obiettivi gestionali cui deve tendere la società sulla base di specifici parametri qualitativi e quantitativi; – alle finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria e in considerazione della possibilità di destinazione alternativa alle risorse pubbliche impegnate, nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato; – alla compatibilità della scelta con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa” (Cons. Stato, parere 21 aprile 2016, n. 968, che ha ispirato l’attuale formulazione).


6.5. Partecipazione pubblica minoritaria

“Nel caso in cui la partecipazione dell’ente sia minoritaria (ed in assenza di altri soci pubblici, che consentano il controllo della società), il servizio espletato non è da ritenere “servizio d’interesse generale” posto che, a prescindere da ogni altra considerazione relativa alle finalità istituzionali dell’ente, l’inter­vento pubblico (stante la partecipazione minoritaria) non può garantire l’ac­cesso al servizio così come declinato nell’art. 4: l’accesso al servizio non sarebbe svolto dal mercato a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica, economica, continuità, non discriminazione. Infatti, una partecipazione poco significativa non sarebbe in grado di determinare le condizioni di accesso al servizio che potrebbero legittimare il mantenimento della quota” (Corte dei Conti, sez. contr. Lombardia, delib. 398/2016/PAR; in tal senso TAR Veneto sent. n. 363/2018; in senso sostanzialmente conforme: Cons. Stato, sent. n. 578/2019). È necessario, perciò, verificare se la partecipazione pubblica, anche plurima, consenta all’Ente di governare in conformità alle sue finalità istituzionali la società partecipata e, in particolare, la sua attività, talché “laddove questo governo non sia possibile, la partecipazione dell’ente pubblico assume nei fatti le caratteristiche di un semplice sostegno finanziario ad un’attività d’impresa, che si caratterizza tramite la sottoscrizione di parte del capitale, ma che non si accompagna alla possibilità di indirizzarla verso finalità di interesse pubblico” (TAR Veneto n. 363/2018). Il venir meno del controllo all’origine pubblico da parte dell’ammini­strazione comunale (e del conseguente servizio d’interesse generale) determina la decadenza del titolo giuridico legittimante il permanere delle erogazioni, quali “soccorso finanziario”, verso la società la cui partecipazione comunale sopravvenuta figuri di minoranza. (Corte dei Conti, sez. contr. Veneto, delib. n. 18/2021/PAR).


6.6. Ripianamento delle perdite nei limiti della quota posseduta

Principio generale enunciato all’art. 21, comma 3-bis, d.lgs. n. 175/2016 “Le pubbliche amministrazioni locali partecipanti possono procedere al ripiano delle perdite subite dalla società partecipata (…) nei limiti della loro quota di partecipazione (…)”. Più in generale, secondo le norme di diritto comune, nella società di capitali, quale unica tipologia di società per cui è ammessa la partecipazione di un’amministrazione pubblica, per le obbligazioni risponde soltanto la società con il suo patrimonio (artt. 2325, comma 1, e 2462, comma 1, c.c.), sicché, di regola, anche il socio pubblico, al pari di ogni altro, resta esposto nei limiti della quota capitale detenuta (Corte dei Conti, sez. contr. Liguria, delib. 84/2018/PAR cit.) e, a fronte dell’applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, nei limiti della porzione giuridica partecipativa ascritta a tali fonti precettive.


6.7. Ulteriori profili

Corte dei Conti, sez. contr. Piemonte, delib. n. 63/2020: se un organismo partecipato presenta un risultato di esercizio negativo che non viene subito ripianato, l’ente locale partecipante è tenuto ad accantonare, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, l’importo corrispondente in apposito “Fondo vincolato” del bilancio di previsione dell’anno successivo (art. 21 del d.lgs. n. 175/2016). La relazione diretta che si instaura tra le perdite registrate dagli organismi partecipati e la conseguenziale contrazione degli spazi di spesa effettiva disponibili per gli enti proprietari, a preventivo, ha l’obiettivo di una maggiore responsabilizzazione degli enti locali nel perseguimento della sana gestione degli organismi partecipati. Tuttavia, nonostante la previsione degli accantonamenti di cui sopra, il “soccorso finanziario” nei confronti degli organismi partecipati è da considerare precluso, allorché si versi nella condizione di reiterate perdite di esercizio. Per le Società partecipate che gestiscono servizi di pubblico interesse in caso di crisi d’impresa è necessario predisporre un piano di risanamento, approvato dall’Autorità di regolazione di settore comunicato alla Corte dei Conti ai sensi dell’art 14, comma 5, del d.lgs. n. 175/2016, che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro 3 anni. Il TUSP regolamenta anche (art. 14, comma 6) la peculiare situazione delle società a controllo pubblico titolari di affidamenti diretti dichiarate fallite, disponendo che nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento le pubbliche amministrazioni controllanti sono soggette al divieto di costituire nuove società, nonché di acquisire o mantenere partecipazioni in società, che gestiscono i servizi di quella fallita, indipendentemente dalla formale determinazione dell’ente in sede di ricognizione delle partecipazioni detenute. Quindi: divieto di costituire altre società-replicanti in favore delle quali affidare gli stessi servizi e far riassorbire il personale della società fallita. La p.a. deve dismettere la veste di “imprenditore pubblico”, in conseguenza dell’in­successo della formula societaria quale modulo organizzativo di intervento.


7. Gestione finanziaria