L’autore analizza l’azione di responsabilità degli organi societari, nell’ambito della disciplina penale. La trattazione prende, quindi, l’avvio dall’analisi approfondita delle novità introdotte dal Codice della crisi, per poi soffermarsi sulle azioni penali degli organi societari. Da ultimo, l’autore analizza – altresì – le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi d’impresa e i conseguenti risvolti in ambito penale.
The liability actions The author analyzes the liability action of corporate bodies, within the context of criminal law. Therefore, the disertation begins with an in-depth analysis of the innovations introduced by the Crisis Code, and then focuses on the criminal actions of the corporate bodies. At the end, the author also analyzes the alert and assisted settlement procedures of the business crisis and the consequent implications in the criminal field.
Keywords: liability actions – criminal law – Crisis Code
Non è facile parlare del versante penale della riforma in esame, tema che è un pochino un intruso nel convegno di questo pomeriggio, anche perché non sono gli organi societari a decidere se e quali iniziative in campo penale intraprendere, perché le fattispecie penali previste dal Codice della crisi d’impresa sono procedibili d’ufficio e l’azione penale non è quindi subordinata alla proposizione di querele.
Il titolo 9 del Codice della crisi d’impresa è dedicato alle disposizioni penali: diciamo che è stata integralmente riscritta la disciplina penale, anche se la gran parte delle fattispecie, in particolare dagli artt. 322 e 343. rimangono identiche a quelle originarie e sono ricalcate su di esse.
Vi è solo l’aggiornamento e il ritocco, che deriva dal nuovo lessico: quindi si cancella “dichiarazione di fallimento”, si parla di “liquidazione giudiziale” e si sono più o meno aggiornati i vari istituti, le varie informazioni, attestazioni rilevanti, relazioni rilevanti previste dal falso in attestazioni e relazioni di cui l’art. 342. Non si è modificato sostanzialmente l’impianto penale della vecchia legge fallimentare. Addirittura, forse, si è fatto qualcosa di meno del “minimo sindacale”. Qualcosa di più si sarebbe potuto fare. Faccio un esempio: l’art. 325 (ricorso abusivo al credito) ricalca perfettamente l’art. 218 della Legge fallimentare: si parla di dissimulazione del dissesto dello stato di insolvenza quando si sarebbe potuto sanzionare la dissimulazione dello stato di crisi, visto che oggi si ritiene di valorizzare lo stato di crisi come momento, a partire dal quale, l’ordinamento deve iniziare a muoversi.
Così, per esempio, l’interesse privato del curatore (art. 334 del Codice della crisi) non vede introdotta nessuna novità; invece, si sarebbe dovuto prendere atto che i reati contro la pubblica amministrazione (il reato in esame è infatti un pendant con i reati di P.A. incentrati sulla infedeltà del pubblico ufficiale) a partire dalla legge Severino del 2013, hanno subito un elevatissimo incremento di pena. E anche l’inciso iniziale “salvo che non costituisca reato di cui agli articoli… “enumera un elenco di reati contro la pubblica amministrazione non aggiornato. Non è infatti inserito il reato di cui l’art. 319-quarter del codice penale, cioè si fa riferimento alla concussione, prevista e punita dall’art. 317 c.p., ma non si tiene conto che il legislatore oggi ha sdoppiato la concussione: le fattispecie di costrizione sono rimaste nel 317 c.p., mentre le fattispecie di induzione sono state ridescritte nell’art. 319 quarter. Quindi, il 334 del Codice della crisi avrebbe dovuto prendere atto di questa modifica.
Dico dunque che sostanzialmente il quadro normativo [continua..]