Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Gli aspetti processuali: imprese in bonis e imprese sottoposte a procedure concorsuali (di Enrico Astuni, Giudice presso il Tribunale di Torino, Prima Sezione Civile – Tribunale delle Imprese)


L’intervento analizza le novità apportate dal Codice della crisi, avuto particolare riguardo agli aspetti processuali. In tale prospettiva di analisi, l’autore si sofferma – in primis – sulle differenze tra imprese in bonis e imprese sottoposte a procedure concorsuali. Nell’ambito delle procedure concorsuali, l’autore approfondisce – in seguito – le azioni del curatore, le azioni del liquidatore nel concordato preventivo e, da ultimo, i criteri di liquidazione del danno in caso di prosecuzione dell’attività.

The procedural aspects: performing companies and companies subject to insolvency procedures

The paper analyses the innovations brought by the Crisis Code, with particular regard to the procedural aspects. In this perspective of analysis, the author focuses – first of all – on the differences between performing companies and companies subject to bankruptcy proceedings. As part of the insolvency proceedings, the author examines – later – the actions of the bankruptcy administrator, the actions of the liquidator in the composition with creditors and, lastly, the criteria for liquidation of the damage in the event of continuation of the activity.

Keywords: Crisis Code – insolvency procedures – perdoming company

SOMMARIO:

1. Azioni del curatore - 2. Concordato con cessione di beni - 3. Criteri di liquidazione del danno in caso di prosecuzione dell’at­tività - 4. Deficit fallimentare


1. Azioni del curatore

L’art. 255 CCI riguarda il curatore del fallimento, ora liquidazione giudiziale, e prevede una sostanziale continuità rispetto all’azione di responsabilità esercitata dal curatore: il curatore deve essere autorizzato dal giudice delegato; il curatore promuove l’azione o la prosegue se è già iniziata. L’art. 2476 c.c. è stato modificato e torna oggi a prevedere, in termini perfettamente sovrapponibili all’art. 2394 c.c., l’azione dei creditori sociali nella s.r.l., ma era un punto da tempo pacifico almeno dal 2010, dopo che Cass. n. 17121/2010 aveva ammesso l’applicabilità in via analogica dell’art. 2394 c.c. alla s.r.l. Il potere di proseguire l’azione, in luogo di chi l’aveva iniziata, comporta anche la sostituzione del curatore nella legittimazione. Più che una sostituzione processuale, il curatore è legittimato ad agire, mentre l’attore (società o creditore) perde la legittimazione, di modo che la sua azione diventa improseguibile. Secondo la giurisprudenza, il creditore non potrebbe nemmeno svolgere un intervento ad adiuvandum. La ragione della perdita della legittimazione è differente: per la società fallita si collega allo spossessamento generale dei beni, previsto dall’art. 42 della Legge fallimentare e oggi dall’art. 142 CCI; viceversa, il curatore si sostituisce ai creditori, al fine di far valere unitariamente il pregiudizio che il ceto creditorio nel suo insieme ha risentito (per effetto del depauperamento del patrimonio sociale) e destinare alla massa il risultato utile dell’azione. Si tratta, tuttavia, di una scelta normativa particolare, di modo che non è impossibile che, nelle procedure concorsuali, l’azione sociale continui a coesistere con quella dei singoli creditori. L’art. 255 CCI facoltizza il curatore a promuovere o proseguire le due azioni, sociale e dei creditori, “anche separatamente”. Questo inciso deve essere notato, perché rappresenta una chiara scelta del Codice della crisi di impresa tra due filoni giurisprudenziali. La giurisprudenza ripete una tralatizia massima (ad es. Cass. n. 10488/1998), secondo cui il curatore esercita l’azione di responsabilità dell’art. 146 in modo “unitario e inscindibile”, di modo che l’azione del curatore riunirebbe in una le due azioni: quella sociale e quella [continua ..]


2. Concordato con cessione di beni

Parlo del concordato con cessione di beni nella specifica angolazione del­l’art. 115 CCI per chiarire quello che secondo me è un elemento di forte novità. Prima della riforma, le questioni che si agitavano, con riguardo all’a­zione di responsabilità nel concordato, erano principalmente queste: 1) la cessione dell’azione può ritenersi prevista a pena di inammissibilità della proposta concordataria, ammesso che esistano le condizioni dell’azione? 2) in difetto di un’espressa previsione contenuta nella proposta, l’azione sociale può ritenersi compresa nell’ambito dei crediti ceduti, cosicché il liquidatore possa esercitarla dopo l’omologazione? 3) è necessaria la deliberazione dell’as­semblea (art. 2393 c.c.) perché il liquidatore possa esercitare l’azione sociale? L’art. 115 CCI offre una risposta a queste domande, peraltro in linea con l’opinione più volte espressa da Rordorf, sia pure nel quadro normativo anteriore alla riforma. Secondo quest’autorevole opinione, il concordato per cessione di beni è una forma di realizzazione della garanzia patrimoniale e non è ammissibile una cessione soltanto parziale (punto com’è noto controvertibile alla luce del vigente art. 160 l.f., ma ribadito anche recentemente da Cass. n. 26005/2018), di modo che la società non può ricusare di cedere ai propri creditori il credito risarcitorio nei confronti degli amministratori, i.e. l’azione di responsabilità (sempre che ne esistano i presupposti). Ricondotta l’azione di responsabilità a un credito risarcitorio nei confronti degli amministratori, che per effetto della cessione dei beni fuoriesce dalla sfera organizzativa della società, perde rilevanza la deliberazione dell’assemblea di promuovere l’azione ex art. 2393, la quale ha ragion d’essere soltanto in funzione di un riparto di competenze endosocietario e in ragione degli effetti organizzativi della decisione (revoca degli amministratori). Pertanto, il liquidatore deve chiedere l’autorizzazione al comitato dei creditori e non all’assemblea dei soci, come prevede l’art. 182 l.f. Ora, l’art. 115, comma 2, CCI contiene una previsione fondamentale: “ogni patto contrario” all’esercizio dell’azione sociale da parte del liquidatore [continua ..]


3. Criteri di liquidazione del danno in caso di prosecuzione dell’at­tività

L’art. 378, comma 2 novella l’art. 2486 c.c. in questi termini: “Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’art. 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione”. Anche qui la riforma non introduce elementi di radicale novità, tanto che è ragionevole credere che possa applicarsi senza difficoltà anche alle procedure già aperte, non perché si tratti di regole retroattive, ma perché quelle regole erano già presenti e note alla giurisprudenza. L’adozione di una norma di consolidamento non è però irrilevante: una regola di giudizio diventa regola di diritto; la previsione di una presunzione, suscettibile di prova contraria, alleggerisce la motivazione della sentenza, posto che il giudice, anziché argomentare equitativamente i motivi per l’uso del criterio dei netti patrimoniali di periodo, può direttamente avvalersi della presunzione e rilevare che non vi è stata alcuna prova contraria di un danno minore o maggiore. Qual è il thema probandum oggetto di questa semplificazione? In prima analisi, solo la misura del danno risarcibile, in linea con la semplificazione probatoria che tipicamente connota la liquidazione secondo equità del danno ai sensi dell’art. 1226 c.c., che consente di esonerare il danneggiato dalla prova precisa del quantum debeatur, ma non dalla dimostrazione dell’esistenza di un evento dannoso (tra molte Cass. n. 20889/2016). La colpa degli amministratori è fuori dal perimetro della presunzione e deve essere provata con i mezzi consueti – “quando è accertata la responsabilità degli amministratori”. Non solo. Deve trattarsi di una responsabilità ai sensi dell’art. 2486 secondo comma, per la prosecuzione dell’attività con finalità non conservativa, [continua ..]


4. Deficit fallimentare