Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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Il quadro di riferimento italiano anteriore alla riforma (di Guido Bonfante, Professore Emerito di Diritto Commerciale presso l’Università degli Studi di Torino)


L’intervento offre un’approfondita trattazione della disciplina della responsabilità degli organi sociali prima dell’intervento del Codice della crisi. In tale prospettiva di analisi, l’autore illustra – preliminarmente – i profili di responsabilità civile degli amministratori, per poi soffermarsi sulla disciplina fallimentare, avuto – altresì – riguardo alla giurisprudenza più recente in materia.

Italian framework prior to the reform

The paper offers an in-depth discussion of the discipline of the liability of corporate bodies before the intervention of the Crisis Code. In this perspective of analysis, the author illustrates – preliminarily – the civil liability profiles of the managers and directors, and then he focuses on the bankruptcy discipline, also having regard to the most recent jurisprudence on the subject.

Keywords: Crisis Code – liability – corporate bodies

SOMMARIO:

1. Una premessa generale - 2. La responsabilità degli amministratori ex art. 2392 c.c. - 3. Segue. Le altre responsabilità - 4. La responsabilità verso i creditori sociali e verso i terzi - 5. La responsabilità dei sindaci e dei revisori - 6. La responsabilità degli organi sociali nelle s.r.l., nelle società di persone e negli ETS. Cenni


1. Una premessa generale

Il mio compito è quello di riferire circa la disciplina della responsabilità degli organi sociali prima dell’intervento del Codice della crisi. Ci si potrebbe però chiedere, a cosa serva riferire di un diritto almeno in parte superato. È ovvio che la risposta consiste nella considerazione che quel diritto comunque ancora si applica nelle cause pendenti anteriori al 2019 senza contare che riferire di questo passato prossimo in realtà, in gran parte ancora vigente, serve per comprendere la portata delle riforme che sono state introdotte e quindi capire se sia in presenza o meno di vere novità. Sul punto lascio la palla a chi mi segue e per intanto riferisco sulla responsabilità secondo l’ancien regime degli organi societari nelle spa e in particolare di quella degli amministratori. Come noto gli amministratori sono responsabili civilmente verso la società (artt. 2392, 2393 e 2393-bis), verso i creditori sociali (art. 2394) e verso i singoli soci o terzi (art. 2395). A queste responsabilità si aggiunge poi quella che nasce in caso di insolvenza ex art. 146 della legge fallimentare e il quadro si completa con la responsabilità degli organi delegati, con quella dell’amministratore in conflitto di interessi o che viola il divieto di concorrenza, con quella dei sindaci, dei revisori, con la responsabilità degli amministratori nelle società di persone e negli enti no profit che svolgono attività di impresa così come consente il Codice del terzo settore. Vediamo innanzitutto di mettere per così dire una prima cornice al quadro composito degli argomenti che ho ricordato con particolare riguardo alla responsabilità degli amministratori nelle società di capitali cercando di individuare quale sia la natura del rapporto che lega gli amministratori alla società. Sull’argomento si confrontano due tesi contrapposte, ovvero una che si riferisce a un rapporto di natura contrattuale, un’altra a un rapporto di natura organica. In realtà il rapporto di natura contrattuale ha perso molti colpi negli ultimi anni perché nell’art. 2392 c.c., così come modificato con la riforma societaria, non si accenna più al mandato. Quindi prende corpo l’idea di un contratto atipico di amministrazione, dove alcuni hanno sottolineato il carattere autonomo di quest’attività, altri [continua ..]


2. La responsabilità degli amministratori ex art. 2392 c.c.

La riforma societaria del 2003, come è noto, ha modificato il parametro in base al quale valutare la prestazione cui sono tenuti gli amministratori. In particolare è stato messo da parte il riferimento alla diligenza del buon padre di famiglia di cui all’art. 1976, comma 1, c.c. e ora l’art. 2392 c.c. accenna a una diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. In realtà, sostanzialmente, viene richiamato il secondo comma dell’art. 1176 c.c., nell’ambito di quella che è un’obbligazione di mezzi e non di risultato. Il giudice chiamato a valutare l’esistenza o meno di una violazione degli obblighi di diligenza in capo all’amministratore non potrà comunque sindacare il merito, cioè l’opportunità e la convenienza di certe decisioni, ma dovrà limitarsi a verificare se gli amministratori hanno osservato con diligenza gli obblighi di condotta specifici, nonché quelli generali di amministrazione. In questo ambito si ravvisano quindi due criteri, uno oggettivo riguardante la natura dell’incarico e l’altro soggettivo. Quanto al criterio oggettivo, relativo alla natura dell’incarico, occorre tener conto delle funzioni in concreto ricoperte dal singolo amministratore, ovvero se sia un amministratore con delega o senza delega. Bisogna altresì verificare l’attività esercitata, tenendo cioè in considerazione i settori di operatività di quella società: un conto è essere un amministratore di una banca, un altro essere amministratore di un’impresa edile, così come occorre tener conto delle dimensioni dell’impresa. In conclusione si è in presenza di un certo relativismo del giudizio sulla diligenza dovendosi andare a vedere in concreto come si svolge quel tipo di attività e in quale contesto. Quanto al criterio soggettivo bisogna valutare le specifiche competenze dell’amministratore, quindi considerare le competenze tecnico-professionali in virtù delle quali gli amministratori sono stati scelti. In questo ambito si discute se fra questi requisiti bisogna valutare anche la perizia. In linea di massima si tende ad escludere tale requisito anche se poi in concreto la diligenza comporta un livello di competenza accettabile. L’azione ex art. 2392 c.c. deve essere deliberata dall’assemblea ordinaria, ma [continua ..]


3. Segue. Le altre responsabilità

Al di là di queste osservazioni in tema di art. 2392 c.c., poi bisogna considerare che gli amministratori ai sensi dell’art. 2381 c.c. hanno specifici obblighi. In particolare l’amministratore senza delega deve valutare sulla base della relazione degli organi delegati l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, esaminare – quando vengono elaborati – i piani strategici industriali e finanziari della società e infine deve agire in modo informato (2381, comma 6). Ogni amministratore poi può chiedere informazioni agli organi delegati ed ha un potere di ispezione e un obbligo di intervenire in caso di segnali di allarme sulla base della conoscenza di fatti pregiudizievoli. Ergo, se il comportamento dannoso è imputabile agli amministratori delegati, i deleganti risponderanno dei danni per culpa in vigilando, salvo il diritto di regresso nei confronti dei delegati. Per quanto riguarda invece gli amministratori delegati, in generale, va segnalato l’obbligo di predisposizione di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato, di informazione sul generale andamento della gestione, nonché sulle operazioni di maggior rilievo. Un altro campo dove nascono spesso controversie riguarda il caso del conflitto di interesse di cui all’art. 2391 c.c. L’amministratore, in conflitto di interesse, deve dare notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni interesse che abbia per proprio conto o per conto di terzi. Se un amministratore è delegato deve astenersi da quella specifica operazione, se è amministratore unico deve darne notizia all’assemblea alla prima occasione. In caso di un’ipotesi di conflitto di interesse in capo a un amministratore, il consiglio può ugualmente motivare in modo completo ed esauriente le ragioni per cui l’operazione è comunque conveniente per la società. Nel caso, poi, si verifichi l’ipotesi del voto determinante del consigliere interessato che abbia favorito lo svolgere di un’operazione considerata dannosa, sarà possibile impugnare quella delibera entro 90 gg, oltre che dal consiglio, dal collegio sindacale. Per quanto attiene all’obbligo di non concorrenza le questioni sono un po’ meno spinose. L’amministratore non può essere un socio illimitatamente responsabile in una società [continua ..]


4. La responsabilità verso i creditori sociali e verso i terzi

L’art. 2394 c.c. riguarda la responsabilità verso i creditori sociali, azione proponibile da ciascun creditore sociale qualora il patrimonio risulti insufficiente al soddisfacimento dei propri crediti. Se si è in presenza di una procedura fallimentare o di liquidazione coatta-amministrativa, l’azione viene proposta dal curatore o dal commissario, ex art. 146 della legge fallimentare. È un’a­zione di natura contrattuale e non extra contrattuale e quindi non si è tenuti a provare il dolo o la colpa. Va da sé poi che se gli amministratori hanno reintegrato il patrimonio in seguito all’azione ex art. 2392 c.c., l’azione non è più esperibile. La prescrizione di questa azione è quinquennale e decorre da quando i creditori potevano avere conoscenza dell’insufficienza patrimoniale e notoriamente si ritiene che la dichiarazione di fallimento può essere considerata una data certa da cui far decorrere il termine prescrizionale. Da ultimo va menzionato l’orientamento che tende a considerare tale azione diretta che peraltro, nella maggior parte dei casi, viene proposta dal curatore ex art. 146 l.f. unitamente a quella ex art. 2392 c.c. Vi è infine da dire della responsabilità verso i singoli soci o terzi ex art. 2395 c.c. In questo caso per far valere questa responsabilità occorrono due condizioni: il compimento di un atto illecito da parte di un amministratore e la produzione di un danno diretto al socio o al terzo. In questo caso la prescrizione è quinquennale e decorre dal verificarsi del danno. Da segnalare infine come le medesime responsabilità verso gli amministratori possono essere fatte valere anche verso i direttori generali ai sensi dell’art. 2396 c.c. A margine dei temi finora affrontati va segnalata anche la responsabilità per abuso di attività di direzione e coordinamento ex art. 2497 c.c. Anche in questo caso è possibile proporre un’azione di responsabilità, attraverso un’uni­ca azione che somma sia quella ex art. 2393 c.c. che ex art. 2394 c.c., ma non il 2395 c.c. che ha un fondamento diverso. Da segnalare a riguardo una recente sentenza che ha stabilito che la responsabilità ex art. 2497 è applicabile anche ai Comuni che controllano le loro società.


5. La responsabilità dei sindaci e dei revisori

La responsabilità dei sindaci è una responsabilità diretta ed esclusiva in caso di violazione dei loro doveri, mentre è una responsabilità in solido con gli amministratori se il danno non si sarebbe verificato se avessero vigilato sul­l’attività di questi ultimi e quindi si tratta in questo caso di responsabilità per culpa in vigilando. Agganciata a questo tipo di responsabilità sussiste poi la responsabilità dei revisori, responsabilità che scatta in solido anche in questo caso con gli amministratori. Il revisore ha l’obbligo di controllare la regolare tenuta della contabilità, esprimere un suo giudizio sul bilancio, verificare la corretta rilevazione nelle scritture contabili dei fatti di gestione e verificare altresì che il bilancio rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società; quindi esprime i suoi giudizi sul bilancio che possono essere senza rilievi, con rilievi, negativo, impossibilità di esprimere un giudizio. Siamo in presenza di una responsabilità professionale e quindi il revisore è responsabile della verità delle attestazioni e questa azione si prescrive in 5 anni da quando si manifesta l’evento dannoso. L’azione può essere proposta dal­l’assemblea così come avviene ugualmente per gli amministratori e i sindaci, ma ovviamente anche dal curatore nell’ambito del fallimento.


6. La responsabilità degli organi sociali nelle s.r.l., nelle società di persone e negli ETS. Cenni