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L´insolvenza degli enti del Terzo Settore e dell´Impresa Sociale
Luciano M. Quattrocchio Professore Aggregato di Diritto dell’Economia presso l’Università degli Studi di Torino – Dottore Commercialista in Torino e Bianca M. Omegna, Dottore Commercialista in Torino.
L’intervento mira a fornire un’analisi approfondita della disciplina dell’insolvenza degli enti del terzo settore alla luce dell’evoluzione del quadro regolamentare di riferimento. Dopo un inquadramento del sistema normativo e una puntuale definizione di enti del terzo settore, gli autori affrontano la materia proponendo un’analisi dell’insolvenza sia dell’impresa sociale, sia della cooperativa sociale.
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The paper aims to provide an in-depth analysis of the insolvency regulations of third sector entities in light of the evolution of the regulatory framework. After an overview of the the regulatory system and a precise definition of third sector entities, the authors tackle the matter by proposing an analysis of the insolvency of both the social enterprise and the social cooperative.
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Sommario:
1. Premessa - 2. Gli enti del terzo settore diversi dalle imprese sociali - 3. L’insolvenza dell’impresa sociale - 4. L’insolvenza della cooperativa sociale
1. Premessa
A norma dell’art. 4, comma 1, del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, sono considerati enti del terzo settore «le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del terzo settore». Il successivo art. 5, comma 1, stabilisce che «Gli enti del terzo settore, diversi dalle imprese sociali incluse le cooperative sociali, esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale». Da tale norma discende che gli enti del terzo settore – escluse le imprese sociali, cui sono assimilate le cooperative sociali, che svolgono istituzionalmente attività d’impresa (commerciale [continua ..]
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2. Gli enti del terzo settore diversi dalle imprese sociali
Gli enti del terzo settore diversi dalle imprese sociali possono, come si è detto, svolgere anche attività commerciale in via esclusiva o principale. E, se l’attività commerciale riveste i requisiti della professionalità e dell’organizzazione previsti dall’art. 2082 c.c. e rientra tra le attività elencate nell’art. 2195 c.c., si è in presenza di una vera e propria impresa commerciale. Al proposito, la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che «le associazioni assumono la qualità di imprenditore commerciale e sono sottoposte alle relative norme solo se esercitano attività commerciale in via esclusiva e principale», precisando che la natura di ente non commerciale dei soggetti in questione prevista dalla legislazione tributaria, nonché la decommercializzazione di alcune attività, non preclude l’assoggettamento di tali enti a fallimento (Cass. 20 giugno 2000, n. 8374). Ha peraltro precisato che «L’ente associativo dedito esclusivamente all’attività di formazione professionale sulla base di progetti predisposti dalla regione, dalla quale, poi, riceva i contributi per la copertura integrale del relativo svolgimento e dei costi riguardanti la propria organizzazione, non è assoggettabile a fallimento, atteso che la gratuità di una simile attività, concretamente assicurata con l’erogazione di contributi [continua ..]
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3. L’insolvenza dell’impresa sociale
L’impresa sociale viene definita dal d.lgs. 3 luglio 2017, n. 112 come “organizzazione privata” costituita anche in forma societaria classica (e quindi non solo in società cooperativa ma anche in s.r.l. ed in s.p.a. ed in altro ente non personificato) che esercita in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alla sua attività; mentre, non possono acquisire la qualifica di impresa sociale le società costituite da un unico socio persona fisica, le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001, e successive modificazioni, e gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati. Le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla legge n. 381/1991, acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. In questo caso le disposizioni sull’impresa sociale, risultano applicabili, nel rispetto della normativa specifica delle cooperative ed in quanto compatibili, fermo restando l’ambito di attività di cui all’art. 1 della citata legge n. 381/1991, come modificato ai sensi [continua ..]
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4. L’insolvenza della cooperativa sociale