L’intervento fornisce il quadro di riferimento in materia giuridico-fiscale nel contesto dell’impresa sociale. La trattazione prende avvio dalla riforma del terzo settore, analizzando le previsioni e le criticità contenute nel d.lgs. n. 117/2017. Nell’analisi proposta, gli autori si soffermano sugli aspetti fiscali, contabili e di rendicontazione dell’impresa sociale, nonché sulle operazioni straordinarie e sul sistema dei controlli.
The paper provides the legal-fiscal framework for social enterprises. The dissertation starts with the reform of the third sector, analyzing the topics and the critical issues contained in the Legislative Decree n. 117/2017. In the proposed analysis, the authors focus on the fiscal, accounting and reporting aspects of the social enterprise, as well as on extraordinary transactions and the control system.
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1. La revisione della disciplina dell’impresa sociale quale nuova opportunità per gli enti non lucrativi - 2. Una criticità della riforma: i non pochi soggetti esclusi dalla qualifica di impresa sociale - 3. Le attività esercitabili dall’impresa sociale e la declinazione del divieto di lucratività - 4. I vincoli normativi e gestionali per l’impresa sociale in materia di lavoro - 5. Le importanti agevolazioni fiscali per le imprese sociali. Un quadro nuovo e finalmente significativo - 6. Gli obblighi contabili, rendicontativi e devolutivi dell’impresa sociale. Il sistema dei controlli interni ed esterni. Le autorizzazioni alle operazioni straordinarie. I vincoli sul coinvolgimento degli utenti - 6.1. Obblighi contabili e di rendicontazione sociale - 6.2. Vincoli ispettivi - 6.3. Obblighi devolutivi in merito al patrimonio, in caso di scioglimento - 6.4. Vincoli alle operazioni di trasformazione, fusione, scissione e cessione d’azienda - 6.5. Vincoli relativi al coinvolgimento degli utenti e degli altri soggetti interessati alle attività dell’impresa sociale - 7. Conclusioni
Secondo l’ultimo censimento disponibile, le imprese sociali censite in Italia presso il Registro delle Imprese risultano poco più di 22.000, di cui il 97% circa in forma di cooperativa e soprattutto di cooperativa sociale ai sensi della legge 8.11.1991, n.381. L’originaria norma istitutiva dell’impresa sociale era il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 155, poi abrogato e sostituito dal d.lgs. 3 luglio 2017, n. 112, in vigore dal 20 luglio 2017, emanato nell’ambito della più ampia riforma del Terzo settore e dell’impresa sociale avviata con la legge delega 6 giugno 2016, n. 106. Uno dei principali obiettivi della riforma del Terzo settore e dell’impresa sociale riguarda proprio l’incentivazione alla costituzione e sviluppo di imprese sociali, al fine di tenere conto della costante crescita dell’imprenditorialità di tipo sociale che ha caratterizzato e sta caratterizzando il mondo degli enti non lucrativi. Con la riforma, infatti, si incentiva la costituzione di imprese sociali non solo da parte del settore cooperativistico, ma anche da parte degli altri enti privati, inclusi quelli societari. Ai sensi della normativa vigente, può infatti costituirsi come impresa sociale una società, un’associazione, una fondazione, un comitato e, secondo parte della dottrina, anche un trust. Anche gli enti religiosi civilmente riconosciuti possono acquisire la qualifica di impresa sociale limitatamente alle attività di interesse generale svolte, di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 112/2017 e con adozione di apposito regolamento, costituzione di un patrimonio destinato e tenuta di scritture contabili separate. Sono infine imprese sociali di diritto le cooperative sociali ed i loro consorzi, cui le disposizioni del d.lgs. n. 112/2017 si applicano nel rispetto della normativa speciale di cui alla legge 381/1991 ed in quanto compatibili. Da quanto esposto consegue che l’impresa sociale non costituisce un distinto ente giuridico, ma rappresenta una qualifica acquisibile da parte di tutti gli enti privati in precedenza citati, in possesso dei requisiti previsti e non rientranti tra quelli esclusi, di cui infra. Alle imprese sociali si applicano, ove compatibili con il d.lgs. n. 112/2017, anche le norme del Codice del Terzo settore di cui al d.lgs. n. 117/2017 e, per gli aspetti non disciplinati, le norme del Codice Civile. L’impresa sociale, per espressa [continua ..]
Nel quadro indubbiamente positivo che le nuove norme delineano, una criticità può essere rappresentata dall’individuazione di un numero non irrilevante di enti che non potranno acquisire la qualifica di impresa sociale. Si tratta di: – enti privati il cui controllo o la cui direzione e coordinamento venga esercitata da pubbliche amministrazioni o da enti con scopo di lucro; – enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati; – le fondazioni bancarie; – le società costituite da un unico socio persona fisica; – le pubbliche amministrazioni. Non possono inoltre assumere la presidenza di un’impresa sociale i rappresentanti di pubbliche amministrazioni e di enti con scopo di lucro. In sede di valutazione e di pianificazione per la possibile costituzione di un’impresa sociale, va dunque tenuto conto di tali vincoli ostativi.
Il d.lgs. n. 112/2017 individua 22 ambiti, peraltro decisamente ampi, di attività di interesse generale esercitabili da un’impresa sociale. A titolo meramente esemplificativo, si va dagli interventi e servizi sociali, all’educazione, istruzione e formazione professionale, all’organizzazione e gestione di attività culturali o ricreative di interesse sociale, all’alloggio sociale, al microcredito, alla riqualificazione di beni pubblici inutilizzati. Si tratta di attività d’impresa, rivolte al mercato, da esercitare in via stabile e prevalente, senza scopo di lucro, nonché per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. La condizione dell’esercizio in via principale di una o più delle attività di interesse generale previste si intende soddisfatta quando da esso si generi più del 70% dei ricavi complessivi dell’impresa sociale. L’impresa sociale, dunque, nei limiti di cui sopra, può svolgere attività diverse da quelle di interesse generale ed anche in relazione ai proventi di queste beneficiare delle agevolazioni fiscali (cfr. sul punto la Relazione illustrativa al d.lgs. n. 112/2017). Per l’impresa sociale, la declinazione dell’assenza di lucratività risiede nel divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili, avanzi di gestione, fondi e riserve, a fondatori, soci, associati, lavoratori, collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di qualsiasi altra forma di scioglimento individuale del rapporto. Una parziale contemperazione di tale principio risiede però nella possibilità, per le imprese sociali costituite in forma societaria, di destinare una quota, non superiore al 50%, degli utili o avanzi di gestione in favore dei soci, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale oppure mediante emissione di strumenti finanziari, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei BTP fruttiferi, aumentato di 2,5 punti rispetto al capitale effettivamente versato. Inoltre, nelle imprese sociali costituite in forma di società cooperativa, non viola il divieto di distribuzione di utili l’erogazione di ristorni ai soci. Si può dunque concludere affermando che, nelle imprese sociali, non tutti gli utili o avanzi di gestione debbano effettivamente essere destinati alle [continua ..]
Sulla base delle previsioni normative introdotte dal d.lgs. n. 112/2017, l’attività dell’impresa sociale deve essere esercitata adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di eventuali altri soggetti interessati all’attività. In particolare, con riferimento all’ambito del lavoro, risulta necessario prevedere adeguate forme di coinvolgimento dei lavoratori, mediante meccanismi di consultazione o di partecipazione attraverso i quali i lavoratori siano posti in grado di esercitare un’influenza sulle decisioni dell’impresa sociale, con riferimento alle questioni che incidono direttamente sulle condizioni di lavoro (cfr. art. 11 del d.lgs. n. 112/2017). In ogni caso, lo statuto deve disciplinare le modalità di partecipazione dei lavoratori all’assemblea degli associati o dei soci. Inoltre, il trattamento economico e normativo dei lavoratori non può essere inferiore a quello previsto dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro e la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non può essere superiore al rapporto da uno a otto. Sono ammesse le prestazioni di volontariato, ma il numero dei volontari non può essere superiore al numero dei lavoratori. Infine, viene previsto che si considera comunque di interesse generale, indipendentemente dal suo oggetto (che può dunque anche essere diverso da quello delle attività di interesse generale di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 112/2017) l’attività d’impresa nella quale, per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, siano occupati, in misura non inferiore al 30% dei lavoratori totali, lavoratori molto svantaggiati oppure persone svantaggiate o con disabilità, persone beneficiarie di protezione internazionale e persone senza fissa dimora iscritte nell’apposito registro anagrafico. Da ciò emerge il preciso intento del legislatore di mettere il fattore lavoro al centro del sistema dell’impresa sociale, con elementi primari di tutela e di rappresentatività in capo ai lavoratori, di cui tutti gli operatori legati all’impresa sociale debbono tenere conto con particolare attenzione. Al riguardo, è facile sin d’ora prevedere che anche in sede di controllo ispettivo annuo [continua ..]
Le misure fiscali agevolative ed incentivanti relative all’impresa sociale sono contenute nell’art. 18 del d.lgs. n. 112/2017. La loro efficacia, peraltro, è tuttora subordinata all’autorizzazione della Commissione Europea, da richiedersi a cura del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Sul punto, è auspicabile che nel corso del 2021 la richiesta ministeriale venga finalmente presentata in sede comunitaria, in quanto, in assenza del materiale ottenimento dell’autorizzazione in esame, le importanti agevolazioni introdotte continueranno a rimanere inefficaci (crf. art. 18, comma 9, d.lgs. n. 112/2017), non consentendo quel significativo sviluppo delle imprese sociali che rappresenta uno degli obiettivi più rilevanti della riforma del Terzo settore e dell’impresa sociale. Scendiamo quindi nel merito delle numerose agevolazioni fiscali introdotte. Al fine di rendere attrattivo l’investimento di capitali nelle imprese sociali, viene prevista per le persone fisiche la detraibilità dall’Irpef lorda di un importo pari al 30% della somma investita nel capitale sociale di una o più imprese sociali, purché qualificate come tali da non più di 5 anni. L’investimento massimo detraibile non può eccedere l’importo di euro 1.000.000 in ciascun periodo d’imposta e deve essere mantenuto per almeno 5 anni. Ai soggetti passivi IRES viene invece consentita la deducibilità del 30% della somma investita nel capitale, con limite fissato ad euro 1.800.000 per ciascun periodo d’imposta, alle medesime condizioni di cui sopra. L’agevolazione in esame si applica anche agli atti di dotazione ed ai contributi di qualsiasi natura in favore di fondazioni che abbiano acquisito la qualifica di imprese sociali da non più di 5 anni. Gli investimenti di capitale esterno sono anche agevolati dalla possibilità, introdotta sempre dall’art. 18 del d.lgs. n. 112/2017, di raccogliere, da parte delle imprese sociali costituite in forma di società di capitali o di società cooperative), capitali di rischio tramite portali o piattaforme telematiche (c.d. equity crowdfunding). In altri termini, l’impresa sociale può effettuare un’offerta al pubblico di quote o azioni per raccogliere capitale di rischio (anche mediante conferimenti di modesto valore unitario). Viene poi prevista la [continua ..]
A fronte di un quadro di agevolazioni così rilevante, il legislatore ha introdotto a carico dell’impresa sociale, nell’ottica di evitare possibili abusi, pregnanti obblighi e vincoli contabili e rendicontativi, ispettivi, devolutivi, autorizzatori e di coinvolgimento degli utenti. Scendendo nel dettaglio, essi risultano i seguenti.
Obbligatoria la contabilità ordinaria. Obbligatorio il deposito del bilancio presso il Registro delle Imprese. Obbligatoria la redazione del bilancio sociale secondo le linee guida del d.m. 4 luglio 2019, con relativo deposito presso il Registro delle Imprese e pubblicazione sul sito internet dell’ente. Obbligatoria la nomina di uno o più sindaci aventi i requisiti di cui agli artt. 2397, comma 2 e 2399 c.c., che debbono esercitare anche compiti di monitoraggio sull’osservanza delle finalità sociali da parte dell’impresa sociale, nonché attestare la conformità del bilancio sociale alle linee guida stabilite dal d.m. 4 luglio 2019. Il superamento di due dei limiti fissati dall’art. 2435-bis, comma 1, c.c., per due esercizi consecutivi, comporta altresì l’obbligo di sottoporre l’impresa sociale alla revisione legale.
• L’impresa sociale è soggetta al c.d. «controllo esterno» da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, attraverso l’Ispettorato nazionale del Lavoro. Replicando il modello di controlli esterni previsto per le cooperative, il Ministero può servirsi a tal fine anche di enti associativi di secondo livello costituiti da non meno di mille imprese sociali iscritte nel registro delle imprese di almeno cinque diverse regioni o province autonome. L’attività ispettiva deve essere effettuata almeno una volta all’anno.
In caso di scioglimento volontario dell’impresa sociale o di perdita volontaria della qualifica, il patrimonio residuo (dedotto nelle imprese sociali societarie il capitale versato dai soci eventualmente rivalutato o aumentato ed i dividendi deliberati e non distribuiti, nei limiti previsti) è devoluto (salvo quanto specificamente previsto in tema di società cooperative) ad altri enti del Terzo settore, non necessariamente imprese sociali, costituiti ed operanti da almeno tre anni o ai fondi per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali, secondo le disposizioni statutarie. La norma intende evitare una possibile distribuzione posticipata degli eventuali utili d’esercizio. La norma stessa, comunque, consente che, nelle imprese sociali costituite in forma societaria, all’atto dello scioglimento, ciascun socio abbia diritto a ripetere il proprio investimento iniziale, comprensivo dell’eventuale aumento o rivalutazione medio tempore intervenuti. Non è previsto il parere obbligatorio dell’Ufficio del Registro Unico Nazionale del Terzo settore, a differenza di quanto avviene per gli altri Enti del Terzo settore ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 117/2017. Ne deriva una certa discrezionalità nella scelta devolutiva.
L’efficacia di tali operazioni (anche in questo caso fatto salvo quanto previsto dal codice civile per le società cooperative) è subordinata al rilascio dell’autorizzazione da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, volta a preservare l’assenza dello scopo di lucro, i vincoli di destinazione del patrimonio ed il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale da parte dei soggetti coinvolti negli atti posti in essere. Il relativo procedimento è disciplinato dal d.m. 27 aprile 2018, n. 50. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in qualità di Autorità di Vigilanza, mantiene anche un potere di controllo successivo rispetto all’effettuazione dell’operazione straordinaria. A titolo esemplificativo, pensiamo ad un’operazione di trasformazione di un’ODV in forma associativa in impresa sociale in forma di SRL (vedasi al riguardo anche la Nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 943 del 29 gennaio 2019).
Negli statuti o nei regolamenti aziendali delle imprese sociali, è necessario prevedere adeguate forme di coinvolgimento degli utenti e degli altri soggetti direttamente interessati alle loro attività, mediante meccanismi di consultazione o di partecipazione attraverso i quali essi siano posti in grado di esercitare un’influenza sulle decisioni dell’impresa sociale, con riferimento alle questioni che incidono direttamente sulla qualità dei beni o dei servizi. Lo statuto deve disciplinare le modalità di partecipazione degli utenti all’assemblea degli associati o dei soci, anche tramite loro rappresentanti. Anche questa previsione richiede dunque attenzione in sede di redazione dello statuto o regolamento, nonché nella sua successiva declinazione operativa, confermando l’intento del legislatore di mettere l’impresa sociale all’interno di un contesto in cui la sua attività sia comunque sottoposta ad un costante monitoraggio sia interno, che esterno alla stessa.