Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

29/05/2020 - Reati tributari: legittimo il sequestro preventivo dei fondi di previdenza complementare.

argomento: News del mese - Diritto Tributario

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Con la sentenza n. 13660 del 6 maggio 2020 la terza sezione penale della Cassazione ha chiarito che possono essere sequestrate le somme destinate a un fondo pensione. I giudici del Palazzaccio hanno evidenziato che, sia con riferimento all’iniziale fase di accumulo della provvista di denaro, sia con riferimento alla successiva fase di erogazione della periodica prestazione sempre in denaro, gli strumenti finanziari da ricondurre alla categoria dei fondi pensione costituiscono una categoria assimilabile alle assicurazioni sulla vita «concludendo che le somme di denaro in essi confluite sono soggette alla ordinaria disciplina penalistica in materia di sequestro preventivo dei crediti finalizzato alla successiva confisca». La vicenda trae origine dal ricorso della difesa di un indagato per reati tributari contro l’ordinanza del Tribunale del riesame che aveva fatto oggetto di misura cautelare le somme, in giacenza presso un fondo pensione gestito da una nota compagnia assicuratrice, riconducibili all’indagato. Per la difesa, l’ordinanza sarebbe stata in contrasto con l’articolo 545 del Codice di procedura civile che istituisce una serie di limiti alla pignorabilità delle somme, tra l’altro, dovute a titolo di stipendio, di indennità relative al rapporto di lavoro e di trattamento previdenziale. Inoltre, l’articolo 11 del D.l. n. 252 del 2005, sulla disciplina delle forme pensionistiche complementari, le equipara quanto a disciplina della sequestrabilità e pignorabilità a quella da applicare per le pensioni a carico degli istituti di previdenza obbligatoria. Infine, l’articolo 1923 del Codice civile stabilisce che le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare. Tuttavia, i Giudici della Cassazione non sono stati dello stesso avviso. Infatti, pur riconoscendo che «si tratta di strumenti finanziari che hanno una finalità riconducibile al genus previdenziale» va sottolineato come le somme necessarie per la loro alimentazione «non sono immediatamente ricollegabili alla nozione di corrispettivo di rapporto lavorativo oggetto di accantonamento». Esse, infatti, nella lettura della Corte, possono essere versate dall’interessato a disporre di un’indennità allo scoccare dell’età pensionabile, anche se non derivano dallo svolgimento di un’attività lavorativa. Inoltre, proprio la qualificazione di strumenti per la previdenza complementare conduce la Cassazione a escludere che, pur nel rispetto della meritevolezza dell’interesse sotteso agli accordi tra privato e assicuratore, questi possano andare a integrare «quel nucleo essenziale di prestazioni che è soggetto a espressa garanzia di intangibilità sia sotto il profilo civile che sotto quello penale».