Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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I derivati impliciti. Questioni tecnico-giuridiche (di Luciano M. Quattrocchio, Professore aggregato di Diritto dell’Economia presso l’Università degli Studi di Torino – Dottore Commercialista in Torino Bianca M. Omegna, Dottore Commercialista Valentina Bellando, Professore a Contratto di Business Law – Dottore Commercialista)


In sede di contenzioso, i derivati impliciti e le relative clausole sono – da sempre – soggette a contestazioni in ordine alla sperequazione delle posizioni delle parti del contratto, nonché alla normativa riferibile. In tale prospettiva di indagine, gli autori mirano a delineare i profili tecnici dei derivati impliciti, facendo gli opportuni riferimenti alla normativa e giurisprudenza in materia.

The implied derivatives. Technical-legal questions

Within the context of litigation, the implicit derivatives and the related clauses have always been subject to disputes regarding the inequality of the positions of the parties to the contract, as well as the applicable legislation. Against this background, the authors aim to outline the technical profiles of implicit derivatives, making appropriate references to the relevant legislation and jurisprudence.

Keywords: implicit derivatives – technical profiles – litigation

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. In merito alla natura del contratto ibrido - 2.2. Analisi tecnica delle più ricorrenti eccezioni sollevate in giudizio - 2.2.1.1. In merito al contratto primario - 2.2.1.2. In merito al contratto derivato incorporato - 2.2.2. Operazione finanziaria complessa indicizzata a due parametri - 2.2.2.1. In merito al contratto derivato incorporato - 2.3. In merito alla riqualificazione dell’operazione in termini di strumento finanziario derivato - 3. La posizione della giurisprudenza - NOTE


1. Premessa

I principi contabili internazionali codificano la categoria dei derivati impliciti o incorporati come derivati inscindibili dal contratto “ospite”, atteso che le caratteristiche economiche e i rischi di tali derivati sono strettamente correlati a quelli del contratto primario, dal quale non vanno separati (neanche sul piano contabile). Tali derivati rappresentano, infatti, una componente di uno strumento “ibrido”, quest’ultimo costituito dalla combinazione di un contratto primario – non derivato – con un contratto derivato, con l’effetto che i flussi finanziari dello strumento combinato variano in maniera similare a quelli del derivato considerato separatamente. In altri termini, un derivato incorporato determina alcuni o tutti i flussi finanziari modificando le condizioni contrattuali con riferimento, ad esempio, a un prestabilito tasso di interesse, tasso di cambio, prezzo. Per contro, un contratto derivato, ancorché associato a uno strumento finanziario, contrattualmente trasferibile indipendentemente da tale strumento, non rappresenta un derivato incorporato, ma uno strumento finanziario separato. In sede di contenzioso, i derivati impliciti e le relative clausole sono – da sempre – soggette a contestazioni in ordine alla sperequazione delle posizioni delle parti del contratto, nonché alla normativa riferibile. Nello specifico, come si dirà nel prosieguo, accogliendo la tesi della qualificazione del contratto ibrido come contratto finanziario, ne deriverebbe l’ap­plicazione delle regole imperative del TUF e del relativo regolamento di attuazione n. 11522/1998 (e successive modifiche) adottato dalla CONSOB. Quindi, una più incisiva tutela del cliente con gli adempimenti e i doveri non derogabili su informazioni e trasparenza, diligenza e buona fede, su bilateralità e capacità, su operazioni adeguate ed appropriate; nonché le considerazioni sulla natura e validità di alcune clausole normalmente inserite nei contratti bancari. La violazione delle disposizioni richiamate costituisce inadempimento di non scarsa importanza, con ripercussioni giuridiche ed economiche nel rapporto contrattuale fra le parti. In tale prospettiva di indagine, il presente elaborato è volto a delineare i profili tecnici dei derivati impliciti, facendo gli opportuni riferimenti alla normativa e giurisprudenza in materia.


2. In merito alla natura del contratto ibrido

2.1. Aspetti generali in merito all’indicizzazione Un contratto bancario si dice indicizzato o a tasso indicizzato quando i flussi finanziari generati sono legati alle variazioni di un parametro finanziario di riferimento scelto dalle parti del contratto e inserito in una specifica clausola contrattuale di indicizzazione. Tale clausola indica il parametro preso a riferimento per l’indicizzazione, nonché le modalità di calcolo dell’indicizzazione del canone in relazione alla variazione del parametro di riferimento (EURIBOR, LIBOR [1], ecc.). Il LIBOR e l’EURIBOR rappresentano i benchmark reference rates del tipo di derivato simmetrico pluriennale più negoziato sui mercati O.T.C., generalmente impiegato con finalità di hedging rispetto al rischio di oscillazione dei tassi, vale a dire l’I.R.S. Nell’ambito degli I.R.S., il derivato più trattato è il Fixed-Floating Swap, per il cui tramite due parti scambiano flussi di interessi a tasso fisso ed a tasso variabile, per un periodo di tempo determinato, con riferimento al medesimo importo nominale (capitale convenzionale), che non è scambiato né all’atto della stipula né alla sua scadenza. L’acquirente dello swap è colui che, assumendo una posizione long, effettua i pagamenti a tasso fisso, ricevendo quelli a tasso variabile; il venditore è colui il quale, assumendo una posizione short, riceve i pagamenti a tasso fisso effettuando quelli a tasso variabile. I pagamenti a tasso fisso (cosiddetta gamba fissa) sono pari al prodotto tra l’ammontare del capitale nozionale, per il tasso medesimo concordato contrattual­mente, riferito alla frazione di anno considerata. I pagamenti a tasso variabile (cosiddetta gamba variabile), sono pari al prodotto del capitale nozionale, per il tasso variabile (floating) alla data fissata (fixed date) in ragione della frazione d’anno considerata. Nel corso della durata del contratto, il suo valore è dato dalla differenza tra i valori attuali dei flussi di pagamento delle due gambe ancora dovuti. Proprio le variazioni del tasso floating, rispetto ai livelli dei tassi attesi stimati all’atto della conclusione del contratto, delineano il profilo di rischio/ rendimento di un derivato. Se la curva dei tassi (variabili) attesi tende a muoversi al rialzo o a diventare più “ripida”, per l’acquirente dello [continua ..]


2.2. Analisi tecnica delle più ricorrenti eccezioni sollevate in giudizio

2.2.1. Operazione finanziaria complessa contente clausola c.d. “floor” Nella prassi del credito a tasso variabile, è comune l’inserimento di una clausola di tasso minimo, c.d. “floor”, con l’obiettivo di porre un limite agli effetti della clausola di indicizzazione qualora il parametro di riferimento scendesse al di sotto di una certa soglia. Si riporta di seguito la scomposizione del contratto in analisi in contratto primario non derivato (i.e. operazione finanziaria complessa) e contratto derivato incorporato (i.e. opzione floor).


2.2.1.1. In merito al contratto primario

Un’operazione finanziaria consiste nello scambio di somme scadenti in epoche diverse, certe nella loro manifestazione e fisse o variabili (in funzione di parametri di natura finanziaria) nel loro importo. L’operazione finanziaria più semplice è costituita dallo scambio di una somma scadente in una certa epoca, con un’altra somma scadente in epoca diversa.   Un’operazione finanziaria più articolata – che, per semplicità, si indica con l’espressione “operazione finanziaria complessa” – è quella costituita dallo scambio di una somma scadente in una certa epoca con una serie di somme scadenti in epoche diverse, che si realizza – ad esempio – nel caso di finanziamento con rimborso rateale, ovvero nell’ipotesi di costituzione di un capitale. Il finanziamento con rimborso rateale può essere come di seguito rappresentato: Dal piano di ammortamento dell’operazione finanziaria complessa si può agevolmente desumere la verifica della condizione di chiusura c.d. “elementare”. In particolare, indicando con la lettera D il debito iniziale, la condizione di chiusura elementare richiede che la somma delle quote capitale coincida con il debito iniziale; e cioè D = C1 + C2 + … Cn Nel caso di operazione finanziaria di finanziamento con rimborso rateale a tasso variabile, la quota interessi delle rate è ancorata ad un tasso variabile costituito dal parametro di riferimento maggiorato di uno spread. In tale ipotesi, le freccette rosse di cui al grafico precedente non sono di lunghezza costante, ma variabile in funzione del tasso di interesse.


2.2.1.2. In merito al contratto derivato incorporato

Tra le interest rate options più comuni, offerte delle istituzioni finanziarie nei mercati O.T.C., figurano i caps, i floors e i collars su tassi di interesse. Gli interest rate caps offrono protezione, al contraente di un finanziamento a tasso variabile, contro la possibilità che i tassi di interesse superino un certo livello (i.e. cap rate). I floors pongono un limite inferiore agli interessi dei prestiti a tasso variabile. I collars pongono limiti inferiori e superiori agli interessi dei finanziamenti a tasso variabile. Nello specifico, il collar è la combinazione di un cap lungo e di un floor corto. Di solito, viene costruito in modo che il valore iniziale del cap sia uguale a quello del floor, garantendo – in tale caso – un costo nullo per entrare nel collar. Fatte le opportune premesse, è agevole desumere che la clausola di tasso minimo incorporata in un’operazione finanziaria complessa a tasso variabile è assimilabile ad un’opzione floor, strumento finanziario derivato che consente a chi lo acquista, a fronte di un premio da versare, di porre un limite alla variabilità in discesa di un determinato parametro, ricevendo la differenza che alla scadenza/alle scadenze contrattuali si manifestano tra il parametro di riferimento ed il limite fissato. Nei finanziamenti in analisi, l’acquirente dell’opzione (senza premio) è la banca, la quale si assicura copertura da eventuali discese del tasso del finanziamento al di sotto di un rendimento certo (i.e. tasso floor). I flussi di cassa generati dalla complessiva operazione finanziaria sono determinabili come segue: • quando il tasso variabile è inferiore al tasso floor, la banca esercita l’op­zione e riceve dal prenditore del finanziamento il differenziale fra il tasso floor e il tasso variabile, moltiplicato per il capitale di riferimento; • quanto il tasso variabile si colloca al di sopra del livello inferiore delimitato dal tasso floor, non vi sono flussi di cassa fra le parti oltre a quelli generati dal contratto primario, giacché l’opzione non viene esercitata. In sintesi: In altri termini, a seguito e per effetto dell’operazione finanziaria rappresentata dalla conclusione di un contratto di finanziamento a tasso variabile e di un’opzione floor le variazioni del saggio di interesse sono contenute – al livello inferiore – dal tasso floor [continua ..]


2.2.2. Operazione finanziaria complessa indicizzata a due parametri

Nella prassi del credito, è – altresì – comune il prodotto indicizzato contemporaneamente a due parametri, ovvero: • ad un tasso di interesse, generalmente rappresentato dal tasso LIBOR relativo ad una valuta; • ad un tasso di cambio, • con la conseguenza che il prenditore del finanziamento è esposto ad un duplice rischio finanziario: • il primo, il rischio di interesse, legato all’andamento del tasso di interesse di riferimento; • il secondo, il rischio di cambio, relativo al cambio della valuta indicata in contratto con l’euro. Relativamente al contratto primario non derivato (i.e. operazione finanziaria complessa) si è già detto ai punti precedenti; quanto al contratto derivato incorporato, si riporta di seguito l’analisi.


2.2.2.1. In merito al contratto derivato incorporato

Come si è detto, il meccanismo di doppia indicizzazione espone il prenditore del finanziamento al rischio sia di interesse, sia di cambio. In particolare, il contratto produce variazioni a debito del prenditore del finanziamento nei seguenti casi: • il tasso di interesse alla scadenza è superiore al parametro base contrattuale; • la valuta di riferimento si apprezza rispetto all’euro. Le previsioni contrattuali, alla prova dei fatti, comportano un vero e proprio scambio di flussi monetari, che si affiancano all’ordinario ammortamento dell’importo finanziato. Il flusso dei pagamenti effettuati descrive, infatti, la dinamica dei movimenti costituiti da pagamenti di rate (fisse) alternati a movimenti costituiti dall’effetto dell’indicizzazione determinata con l’applicazione combinata delle due indicizzazioni sopra riportate. La complessiva struttura del rapporto induce a ritenere che l’indicizzazione costituisce un’operazione fine a sé stessa, ancorché intimamente collegata alla funzione del finanziamento: essa, infatti, intende modificare il piano finanziario sotteso al contratto, introducendo un elemento di aleatorietà. In forza della clausola di indicizzazione, il flusso di cassa viene utilizzato come semplice base di calcolo per determinare il differenziale spettante all’uno o all’altro contraente. Pare opportuno segnalare che le caratteristiche e la natura giuridica e matematico-finanziaria del contratto sono attratti dal meccanismo di funzionamento dell’indicizzazione. Al fine di comprenderne gli effetti, occorre porre a confronto l’indicizza­zione a due parametri del contratto di finanziamento con quella di una delle più semplici e note operazioni in derivati, l’Interest Rate Swap (o Interest Currency Swap, qualora il sottostante sia costituito da valute). Nel finanziamento a rata variabile, il corrispettivo periodico è composto da un tasso base fisso (determinato nella fase negoziale). In altri termini, nel corso contrattuale, le rate del finanziamento rimangono invariate, mentre avviene separatamente uno scambio di flussi monetari determinato dagli adeguamenti periodici, positivi o negativi, calcolati moltiplicando la differenza esistente tra il tasso base stabilito alla data di sottoscrizione del contratto ed il valore rilevato tempo per tempo del parametro di riferimento (LIBOR, EURIBOR o altri), per [continua ..]


2.3. In merito alla riqualificazione dell’operazione in termini di strumento finanziario derivato

Qualora si ritesse di accogliere la tesi circa la sussistenza di derivati incorporati nelle operazioni finanziarie complesse a tasso variabile con floor e nelle operazioni finanziarie complesse con doppia indicizzazione, ne deriverebbero conseguenze rilevanti sul piano della normativa da applicare, sugli adempimenti e obblighi della banca in sede di stipulazione, sulla trasparenza e informazione in favore dei clienti, sui requisiti oggettivi e soggettivi delle operazioni, sui costi occulti e sul tasso effettivo, con effetti significativi nei rapporti di finanziamento da rideterminare e riequilibrare tra le parti. In particolare, la dicotomia fra i due rapporti contrattuali, quello originario e quello costituito dal derivato incorporato, importa le seguenti conseguenze: le somme versate dall’utilizzatore in forza della clausola di indicizzazione o di tasso minimo non costituirebbero il corrispettivo proprio del contratto di finanziamento; di conseguenza, con riferimento al finanziamento «atipico», dovrebbe attenersi alle regole di condotta imposte agli intermediari finanziari dal TUF e dalla normativa regolamentare. Inoltre, tutti i derivati hanno un “pricing” e, alla stipula, quest’ultimo deve essere astrattamente nullo per entrambe le parti. Nell’ambito delle clausole di indicizzazione dei finanziamenti, non è detto che la regola del “pricing nullo” sia rispettata, in quanto il valore del tasso base viene normalmente definito uguagliandolo a quello assunto dal LIBOR (o altro parametro) alla data di sottoscrizione. Il punto è che il LIBOR, di solito utilizzato come parametro di indicizzazione, non esprime il tasso forward riferibile alla duration del finanziamento, assumendo di solito un valore più basso. Tale condizione comporta l’esistenza di costi impliciti dovuti alla partenza “non in pari” del contratto sottoscritto. Inoltre, le “operazioni bancarie” si differenziano per adempimenti ed obblighi anche in funzione della categoria alla quale appartengono. Mentre i finanziamenti bancari sono soggetti alle norme del d.lgs. n. 385/1993 (TUB), i derivati appartengono alle operazioni disciplinate dal d.lgs. n. 58/1998 (TUF). L’operatività degli obblighi previsti dal d.lgs. n. 58/1998 dettata per gli intermediari finanziari è apparentemente circoscritta alla sola clausola di indicizzazione al rischio cambio, la quale rientra nella [continua ..]


3. La posizione della giurisprudenza

Per ragioni di completezza espositiva e di inquadramento sistematico, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, si riportano di seguito alcune posizioni assunte dalla più recente giurisprudenza. Per maggiore chiarezza, le pronunce sono illustrate in ordine cronologico, a partire da quelle più remote [5]. Il Tribunale di Udine, con sentenza del 29 febbraio 2016, n. 263, ha stabilito che il fatto che la clausola avente natura aleatoria di “rischio cambio”, inserita in un contratto di leasing, il quale, di per sé, non rientra tra i servizi e le attività di investimento, né fra gli strumenti finanziari di cui all’art. 1, commi 2 e 5 TUF, sia stata oggetto della volontà negoziale delle parti, non esclude che ad essa si applichino le norme in materia di intermediazione finanziaria. Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 3 gennaio 2017, ha dichiarato la nullità delle clausole dei mutui indicizzati al franco svizzero, giacché, oltre a non essere state redatte in maniera chiara e comprensibile, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Il Tribunale di Milano, con sentenza dell’11 maggio 2017, n. 5296, ha stabilito che le clausole di indicizzazione dei canoni al tasso Euribor non interferiscono con la causa e l’oggetto del negozio, trattandosi di mera pattuizione accessoria rispetto al fine perseguito dalle parti, riguardando la sola determinazione del tasso di interesse dell’operazione di finanziamento, indicizzato ad un parametro certo, ma variabile. Ne consegue l’inapplicabilità del contratto in questione alla disciplina prevista dal d.lgs. n. 58/1998, non essendo assimilabile ad un contratto finanziario. La Corte di Appello di Trieste, con sentenza del 28 maggio 2018, n. 254, ha affermato che la clausola di indicizzazione dei pagamenti – che fa riferimento al rapporto di cambio tra valute nei contratti di finanziamento – opera in maniera autonoma; pertanto assume causa propria rispetto al contratto. Infatti, i pagamenti reciproci trovano la loro fonte non già nelle prestazioni contrattuali, ma nelle oscillazioni del cambio tra le monete. Inoltre, la Corte d’Appello ha precisato che la clausola di indicizzazione non è meritevole di tutela giuridica nel caso in cui introduca elementi di prevaricazione di una delle parti contrastanti con il [continua ..]


NOTE