Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

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La posizione delle banche e dei clienti (di Massimiliano Elia, Avvocato)


L’intervento analizza la contrattazione dei derivati O.T.C., dal punto di vista sia delle banche, sia dei clienti. In tale contesto, l’autore fa riferimento alla giurisprudenza più recente in materia, avuto particolare riferimento alla definizione di mark to market.

The position of banks and customers

The paper analyzes the trading of O.T.C. derivatives, from the point of view of both banks and customers. Within this context, the author refers to the most recent case law on the subject, with particular reference to the definition of mark to market.

Keywords: derivatives – mark to market – case law

La contrattazione in derivati c.d. over the counter, a differenza di quella dei derivati negoziati sui mercati regolamentari, porta con sé un naturale stato di conflittualità tra intermediario e cliente, stato che discende dall’assommarsi, nel medesimo soggetto, delle caratteristiche di offerente, di consulente e di controparte. Tanto la dottrina quanto la giurisprudenza sono ormai concordi nel considerare il derivato un contratto aleatorio (art. 1469 c.c.) e atipico (art. 1322 c.c.) la cui entità della prestazione dipende da fattori variabili incerti. Il recente arresto della Suprema Corte di Cassazione a sezioni unite n. 8770/2020 ha messo in evidenza come il contenuto di uno swap non sia eteroregolamentato ma ingegnerizzato sulla base di condizioni e caratteristiche di volta in volta negoziate tra le parti, per questa ragione è stato definito un contratto bespoke. Nell’ambito di una operazione finanziaria il contratto derivato può presentarsi come autonomo o collegato (stand alone) o incorporato in un finanziamento (embedded). Nel contratto derivato l’intermediario è tenuto ad assicurarsi contro il rischio di insolvenza della controparte non qualificata (cliente), ed è nella logica commerciale che possa essere previsto un corrispettivo per le società (banche) commerciali che hanno predisposto e negoziato l’operazione finanziaria. Lo swap non è infatti uno strumento finanziario che il cliente acquista sostenendo un esborso come avviene per le azioni e le obbligazioni ma è un contratto in cui le parti si scambiano i rischi connessi in base a determinati parametri. Certamente l’intermediario che negozia il derivato si pone in una posizione di minor rischio rispetto al cliente o, addirittura, in una situazione neutrale al­l’alea del contratto e che potrebbe rendergli indifferente conoscere le probabilità di perdere o guadagnare dal singolo swap, ben potendone avere uno uguale e/o contrario sul mercato. Pertanto l’aleatorietà del contratto swap richiede la trasparenza totale sul­l’alea giuridica, ovvero, la presenza di tutti gli elementi necessari, tra cui la causa, al fine di poter riscontrare l’entità ipotetica del rischio che si corre (cfr. Cass. civ., 20 marzo 2012, n. 4371). La Corte di Appello di Brescia con la sentenza dell’11 gennaio 2018, n. 8 ha posto l’accento sul fatto che: “ogni soggetto che acquista uno swap deve essere messo al corrente, fin dal momento dell’acquisito del prodotto, di alcuni elementi essenziali che diano sostanza alla consapevolezza del rischio che questi assuma: il valore dello swap al momento della negoziazione, gli scenari di probabilità sull’andamento degli stessi tassi di interesse e le modalità di calcolo del mark to market. La banca che ha predisposto lo strumento derivato, infatti, ha il dovere di elaborare [continua..]

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