<p>Il diritto della crisi e dell'insolvenza</p>
Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

15/01/2019 - Il reato di inquinamento ambientale e la contaminazione del sito

argomento: News del mese - Diritto Penale

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I giudici della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 6 novembre 2018 (c.c. 19 settembre 2018) n. 50018, hanno chiarito che il delitto di danno di cui all’art. 452-bis c.p. ha quale oggetto di tutela penale l’ambiente in quanto tale e postula l’accertamento di un concreto pregiudizio a questo arrecato. Ai fini della suddetta verifica, i limiti di rilevanza sono determinati dalla “nuova” norma incriminatrice e, sottolinea la Corte, non richiedono la prova della contaminazione del sito nei termini di cui agli artt. 240 e ss. del d.lgs. 152/06. Il costante orientamento giurisprudenziale riconosce che la “compromissione” e il “deterioramento” richiesti dal delitto di inquinamento ambientale consistono in una “alterazione significativa e misurabile della originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema, caratterizzata, nel caso della compromissione, da una condizione di squilibrio funzionale, incidente sui processi naturali correlati alla specificità della matrice o dell’ecosistema medesimi e, nel caso del deterioramento, da una condizione di squilibrio strutturale, connesso al decadimento dello stato o della qualità degli stessi”. [Si veda, a titolo di esempio, Cass. Pen. Sez. III n. 46170 del 21/09/16]. In conclusione, la Corte, con la pronuncia in esame, ritiene che non si debba necessariamente accertare che il sito sia contaminato, secondo la definizione di cui all’art. 240 lett. e) del d.lgs. 152/06, per potersi affermare la sussistenza del reato di inquinamento ambientale. I contenuti e i concetti dei citati artt. 240 e ss., in assenza di specifica previsione, non possono essere quindi richiamati per definire gli elementi costitutivi del delitto di cui all’art. 452 bis c.p.