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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 18 dicembre 2019, n. 5618, depositata in data 28 febbraio 2020, ha chiarito che, per i fallimenti “vecchio rito”, aperti prima della riforma attuata con il d.lgs. n. 5/2006, qualora – in sede di riparto finale – risultassero somme non riscosse dai creditori, le stesse non possono essere riassegnate ai creditori non integralmente soddisfatti che ne hanno fatto richiesta, come invece previsto dall’ultimo periodo dell’art. 117, comma 3, l.f. introdotto con la riforma del 2006. Infatti, la vecchia normativa prevedeva “Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili la somma dovuta è depositata presso un istituto di credito. Il certificato di deposito vale quietanza”, riconoscendo quindi non solo un rapporto diretto fallito-creditore, ma soprattutto un effetto liberatorio alla procedura fallimentare per aver posto in essere la “quietanza”. Le somme, anche quelle “non riscosse” – secondo le vecchie disposizioni – uscivano dall’attivo fallimentare e dalla disponibilità della curatela e non potevano – pertanto – più essere riassegnate.