Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

29/11/2019 - Codici a specchio. Pericolosità dei rifiuti alla luce della pronuncia della Corte di Giustizia

argomento: News del mese - Diritto Penale

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La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42788 del 21 novembre 2019 (ud. 9 ottobre 2019), ha fornito, in applicazione dei principi sanciti dalla sentenza della Corte di Giustizia del 29 marzo 2019, un quadro chiaro degli obblighi del detentore del rifiuto mediante la traduzione delle specifiche indicazioni – fornite dalla succitata Corte – sulle modalità con le quali deve assolversi a tali obblighi e sulle conseguenze all’inosservanza degli stessi. In particolare la Corte rileva che, nel caso in cui non sia immediatamente nota la composizione di un rifiuto che potrebbe rientrare tra quelli classificabili con codici speculari, è obbligo del detentore, in quanto responsabile della gestione, raccogliere le informazioni idonee a consentirgli di acquisire una conoscenza sufficiente di detta composizione e, così, di attribuire a tale rifiuto il codice più appropriato. La Corte di Giustizia ricorda a tal proposito che è lo stesso legislatore comunitario, all’art. 4 della Direttiva 2008/98, che. effettuato un bilanciamento tra principio di precauzione, fattibilità tecnica e praticabilità economica prevede cheil detentore di un rifiuto non sia obbligato a verificare l’assenza di qualsiasi sostanza pericolosa nel rifiuto in esame, ma possa limitarsi a ricercare le sostanze che possono essere ragionevolmente presenti e valutare le sue caratteristiche sulla base di calcoli o prove in relazione a tali sostanze. Pertanto, se da un lato paiono contrastare in maniera netta con il dettato dei Giudici del Lussemburgo la cd. “presunzione di pericolosità”, fatta valere dal Pubblico Ministero, ed il conseguente obbligo per il detentore di provare la non pericolosità del rifiuto dovendo in alternativa classificare comunque come pericoloso il rifiuto in esame, dall’altro sarà certamente onere del detentore che si trovi di fronte ad un rifiuto la cui composizione non sia nota raccogliere le informazioni – secondo una precisa metodologia – tali da consentirgli una “sufficiente” conoscenza di tale composizione e l’attribuzione al rifiuto del codice appropriato. In altri termini, il riferimento della Corte di Giustizia all’impossibilità di imporre al detentore del rifiuto “irragionevoli obblighi sia tecnici sia economici” non potrà assolutamente essere utilizzato come pretesto per aggirare le precise indicazioni circa le modalità di qualificazione del rifiuto.